
UN PARLAMENTO DI ''DONNE FLIPPER'' – NON NEL SENSO SESSISTA DEL TERMINE, MA PERCHE’ OGNUNA CAPOLISTA SI PORTA ALTRI 4 UOMINI DENTRO - CASO LIMITE CON L'ELEZIONE DI MARIA ETRURIA BOSCHI: SE VINCERÀ IL COLLEGIO (BLINDATO) DI BOLZANO, ASSICURERÀ UN SEGGIO A CINQUE COLLEGHI MASCHI CHE LA SEGUONO IN SICILIA, A MANTOVA E A GUIDONIA DOVE È STATA CANDIDATA, RIGOROSAMENTE DA CAPOLISTA
Francesca Schianchi per la Stampa
tre grazie di gentiloni: boschi, madia, lorenzin
C' è un fenomeno che si intravede in controluce spulciando le liste appena depositate dai partiti. Nel Pd, dove ha già infiammato la chat delle responsabili regionali dei gruppi femminili, gli hanno dato anche un nome: le "donne- flipper". Titolo ad effetto per definire il metodo con cui i compilatori quasi solo maschi delle liste hanno trovato il modo di garantire l' elezione a più uomini possibile, pur rispettando formalmente l' equilibrio di genere imposto dalla legge.
Il Rosatellum prevede infatti che almeno il 40 per cento delle candidature debbano essere donne. Ma consente anche fino a cinque pluricandidature nei listini: ebbene, assegnare alla stessa donna cinque posti in posizione eleggibile, significa la certezza di far entrare una sola donna e i quattro uomini che la seguono nell' ordine. La legge è rispettata, lo spirito dell' equilibrio di genere un po' meno.
maria elena boschi e marianna madia
Quello che succederà, per esempio, con l' elezione di Maria Elena Boschi: se vincerà il collegio (blindato) di Bolzano, assicurerà un seggio a cinque colleghi maschi che la seguono in Sicilia, a Mantova e a Guidonia dove è stata candidata, rigorosamente da capolista. Proprio lei che, dopo il capitombolo sulle riforme, ha cercato di riconvertire la sua immagine in quella di paladina delle donne: qualche collega di partito gliel' ha fatto notare in modo piccato.
Stesso meccanismo per la ministra Marianna Madia: a Roma nel maggioritario, più quattro plurinominali. O per l' avvocatessa Lucia Annibali: per lei la corsa incerta a Parma, poi ben quattro paracaduti. Nomi noti a livello nazionale ma non solo: difficile da spiegarsi per le donne dem critiche col meccanismo le quattro possibilità concesse a Rosa Maria Di Giorgi o a Simona Malpezzi o le tre per Maria Chiara Gadda.
«Così, col minor numero possibile di donne che entreranno, formalmente si rispetta la legge», si cruccia Marilena Fabbri, deputata uscente e non ricandidata che lottò per introdurre il criterio nel Rosatellum. «Le pluricandidature, pensate per concedere ai piccoli partiti la possibilità di sfruttare il proprio leader come traino, sono state usate per aggirare la rappresentanza di genere». Lucia Bongarzone, che coordina la conferenza delle donne Pd in Emilia, fa un calcolo: «Nel 2013 gli eletti Pd della regione erano per il 48 per cento donne: ora le candidate sono il 36».
deputate vestite di bianco per la parita di genere ravetto giammanco
Una scarsa attenzione all' equilibrio tra sessi che non riguarda solo il Pd. Da Liberi e Uguali garantiscono che le pluricandidature sono state usate ampiamente per tutti, ma è pur vero che, ieri, una giornalista canadese ha abbandonato per protesta la sala in cui tre uomini presentavano i candidati all' estero: «Perché non c' è nemmeno una donna?».
Non ha usato questo escamotage il M5S, mentre ci sono nomi femminili che ricorrono nelle liste di Forza Italia: da Lorena Milanato a Deborah Bergamini o Licia Ronzulli. Chi spiega di aver rifiutato questa logica «accettando solo la battaglia in due listini a Napoli» è Mara Carfagna, che pure proprio ieri era nel ciclone con l' accusa di essere stata poco solidale con una collega: «Vedremo alla fine la composizione del Parlamento, ma se questa legge avrà penalizzato le donne - ammette - sarà da rivedere».