PARTE LA RIFORMA SUI FINANZIAMENTI: AI PARTITI NON RIMANE ALTRA SCELTA CHE CHIEDERE L’ELEMOSINA AI CONTRIBUENTI

Fabio Martini per "La Stampa"

Entrando nel salone del Consiglio dei ministri, Enrico Letta lo sa già: i "suoi" partiti, stavolta, stanno con lui senza riserve. Eppure, una volta spiegate le linee guida della riforma del finanziamento pubblico, il presidente del Consiglio fa un annuncio ai ministri: «Abbiamo preferito lo strumento del disegno di legge, per consentire su una materia come questa, il più ampio confronto parlamentare, ma se nell'arco di sei mesi dovessero manifestarsi resistenze che snaturano l'essenza del provvedimento, a quel punto non escludiamo di legiferare con un decreto legge».

Quella pronunciata davanti al plenum del Consiglio dei ministri non è una minaccia: quello che conta è il testo innovativo presentato e le modalità soft attraverso le quali si dovrebbe arrivare alla sua approvazione. Ma Letta ci tiene ad essere, ed anche ad apparire, determinato.

Tanto più che in materia di riforma della politica, il presidente del Consiglio è sempre stato un passo avanti ai suoi compagni di partito, con la presentazione, tre legislature fa, del primo disegno di legge sull'abolizione dei vitalizi ai parlamentari o con la proposta di autoriduzione dello stipendio da premier, di circa centomila euro. Una sensibilità su questi temi che corrisponde anche ad una scommessa: su questi temi si può riguadagnare un consenso in fasce di opinione pubblica in disarmo verso la politica.

E infatti Letta ha ripetuto in Consiglio un concetto che ha ripetuto spesso negli ultimi mesi: «Il sistema dei partiti o sa autoriformarsi o muore». I partiti lo hanno capito e perciò hanno deciso di appoggiare una riforma incisiva.

La vera novità sta proprio nel via libera arrivato a Letta dai due principali partiti della sua maggioranza, Pd e Pdl. I principi guida, approvati dal Cdm, erano stati preparati nei giorni scorsi nel corso di una istruttoria alla quale avevano contribuito il sottosegretario alla Presidenza Filippo Patroni Griffi, il sottosegretario del Pd Giovanni Legnini, il ministro del Pdl Gaetano Quagliariello, mentre l'inquadramento e alcuni suggerimenti operativi dirimenti sono venuti dal giurista Gregorio Gitti, parlamentare di Scelta civica.

La sintesi è toccata ad Enrico Letta, ben consapevole che non mancheranno increspature da qui alla approvazione da parte di un prossimo Cdm del disegno di legge definitivo.

Nel comunicato diffuso al termine del Consiglio ci sono parole-chiave e alcuni omissis. La prima espressione è contenuta nel primo punto ed è netta: «Abrogazione delle vigenti norme sul finanziamento pubblico».

Espressione netta, abrogazione, voluta da Letta ma appoggiata - e questo è il primo dato interessante - anche dal partito più strutturato, che sulla carta ha tutto da perdere: il Pd. Attraverso il suo tesoriere Misiani sono arrivati a Letta segnali inequivocabili: mai più finanziamento pubblico, neppure in forme blande. Nessun riferimento nel comunicato riguarda i tempi di attuazione.

Ma da questo punto di vista la raccomandazione venuta dal Pd, ma assolutamente condivisa dal Pdl (entrambi i partiti sono in rosso, ecco il punto) è la previsione di una gradualità nella entrata in vigore della nuova normativa: si immagina un termine di tre anni.

Ma le novità più corpose, seppur espresse in modo ellittico, stanno al punto tre e quattro del comunicato: «La semplificazione delle procedure per le erogazioni liberali dei privati in favore dei partiti» e «l'introduzione di meccanismi di natura fiscale, fondati sulla libera scelta dei contribuenti».

Si allude a detrazioni alla contribuzione privata da parte dei cittadini, ma soprattutto - ecco la novità - alla destinazione volontaria dell'uno per mille dell'Irpef. In altre parole negli allegati alla dichiarazione dei redditi, ogni contribuente, troverà altrettante caselle, equivalenti a partiti e movimenti che si sono presentati alle elezioni nazionali o regionali. È da proprio da qui che i partiti immaginano di trarre la quota più corposa degli introiti per la propria sopravvivenza.

 

enrico letta e alfano GRILLO RITWITTA GLI APPELLI A BERSANI SUL FINANZIAMENTO PUBBLICO cecile kyenge tra enrico letta e giorgio napolitano

Ultimi Dagoreport

andrea orcel gaetano caltagirone carlo messina francesco milleri philippe 
donnet nagel generali

DAGOREPORT - BUM! ECCO LA RISPOSTA DI CALTAGIRONE ALLA MOSSA DI NAGEL CHE GLI HA DISINNESCATO LA CONQUISTA DI GENERALI - L’EX PALAZZINARO STA STUDIANDO UNA CONTROMOSSA LEGALE APPELLANDOSI AL CONFLITTO DI INTERESSI: È LEGITTIMO CHE SIA IL CDA DI GENERALI, APPENA RINNOVATO CON DIECI CONSIGLIERI (SU TREDICI) IN QUOTA MEDIOBANCA, A DECIDERE SULLA CESSIONE, PROPRIO A PIAZZETTA CUCCIA, DI BANCA GENERALI? - LA PROVA CHE IL SANGUE DI CALTARICCONE SI SIA TRASFORMATO IN BILE È NELL’EDITORIALE SUL “GIORNALE” DEL SUO EX DIPENDENTE AL “MESSAGGERO”, OSVALDO DE PAOLINI – ECCO PERCHÉ ORCEL HA VOTATO A FAVORE DI CALTARICCONE: DONNET L’HA INFINOCCHIATO SU BANCA GENERALI. QUANDO I FONDI AZIONISTI DI GENERALI SI SONO SCHIERATI A FAVORE DEL FRANCESE (DETESTANDO IL DECRETO CAPITALI DI CUI CALTA È STATO GRANDE ISPIRATORE CON FAZZOLARI), NON HA AVUTO PIU' BISOGNO DEL CEO DI UNICREDIT – LA BRUCIANTE SCONFITTA DI ASSOGESTIONI: E' SCESO IL GELO TRA I GRANDI FONDI DI INVESTIMENTO E INTESA SANPAOLO? (MAGARI NON SI SENTONO PIÙ TUTELATI DALLA “BANCA DI SISTEMA” CHE NON SI SCHIERERÀ MAI CONTRO IL GOVERNO MELONI)

giorgia meloni intervista corriere della sera

DAGOREPORT - GRAN PARTE DEL GIORNALISMO ITALICO SI PUÒ RIASSUMERE BENE CON L’IMMORTALE FRASE DELL’IMMAGINIFICO GIGI MARZULLO: “SI FACCIA UNA DOMANDA E SI DIA UNA RISPOSTA” -L’INTERVISTA SUL “CORRIERE DELLA SERA” DI OGGI A GIORGIA MELONI, FIRMATA DA PAOLA DI CARO, ENTRA IMPERIOSAMENTE NELLA TOP PARADE DELLE PIU' IMMAGINIFICHE MARZULLATE - PICCATISSIMA DI ESSERE STATA IGNORATA DAI MEDIA ALL’INDOMANI DELLE ESEQUIE PAPALINE, L’EGO ESPANSO DELL’UNDERDOG DELLA GARBATELLA, DIPLOMATA ALL’ISTITUTO PROFESSIONALE ARRIGO VESPUCCI, È ESPLOSO E HA RICHIESTO AL PRIMO QUOTIDIANO ITALIANO DUE PAGINE DI ‘’RIPARAZIONE’’ DOVE SE LA SUONA E SE LA CANTA - IL SUO EGO ESPANSO NON HA PIÙ PARETI QUANDO SI AUTOINCORONA “MEDIATRICE” TRA TRUMP E L'EUROPA: “QUESTO SÌ ME LO CONCEDO: QUALCHE MERITO PENSO DI POTER DIRE CHE LO AVRÒ AVUTO COMUNQUE...” (CIAO CORE!)

alessandro giuli bruno vespa andrea carandini

DAGOREPORT – CHI MEGLIO DI ANDREA CARANDINI E BRUNO VESPA, GLI INOSSIDABILI DELL’ARCHEOLOGIA E DEL GIORNALISMO, UNA ARCHEOLOGIA LORO STESSI, POTEVANO PRESENTARE UN LIBRO SULL’ANTICO SCRITTO DAL MINISTRO GIULI? – “BRU-NEO” PORTA CON SÉ L’IDEA DI AMOVIBILITÀ DELL’ANTICO MENTRE CARANDINI L’ANTICO L’HA DAVVERO STUDIATO E CERCA ANCORA DI METTERLO A FRUTTO – CON LA SUA PROSTRAZIONE “BACIAPANTOFOLA”, VESPA NELLA PUNTATA DI IERI DI “5 MINUTI” HA INANELLATO DOMANDE FICCANTI COME: “E’ DIFFICILE PER UN UOMO DI DESTRA FARE IL MINISTRO DELLA CULTURA? GIOCA FUORI CASA?”. SIC TRANSIT GLORIA MUNDI – VIDEO

banca generali lovaglio francesco gaetano caltagirone philippe donnet alberto nagel milleri

DAGOREPORT - DA QUESTA MATTINA CALTAGIRONE HA I SUDORI FREDDI: SE L’OPERAZIONE DI ALBERTO NAGEL ANDRÀ IN PORTO (SBARAZZARSI DEL CONCUPITO “TESORETTO” DI MEDIOBANCA ACQUISENDO BANCA GENERALI DAL LEONE DI TRIESTE), L’82ENNE IMPRENDITORE ROMANO AVRÀ BUTTATO UN PACCO DI MILIARDI PER RESTARE SEMPRE FUORI DAL “FORZIERE D’ITALIA’’ - UN FALLIMENTO CHE SAREBBE PIÙ CLAMOROSO DEI PRECEDENTI PERCHÉ ESPLICITAMENTE SOSTENUTO DAL GOVERNO MELONI – A DONNET NON RESTAVA ALTRA VIA DI SALVEZZA: DARE UNA MANO A NAGEL (IL CEO DI GENERALI SBARRÒ I TENTATIVI DI MEDIOBANCA DI ACQUISIRE LA BANCA CONTROLLATA DALLA COMPAGNIA ASSICURATIVA) - PER SVUOTARE MEDIOBANCA SOTTO OPS DI MPS DEL "TESORETTO" DI GENERALI, VA BYPASSATA LA ‘’PASSIVITY RULE’’ CONVOCANDO  UN’ASSEMBLEA STRAORDINARIA CHE RICHIEDE UNA MAGGIORANZA DEL 51% DEI PRESENTI....

volodymyr zelensky donald trump vladimir putin moskva mar nero

DAGOREPORT - UCRAINA, CHE FARE? LA VIA PER ARRIVARE A UNA TREGUA È STRETTISSIMA: TRUMP DEVE TROVARE UN ACCORDO CHE PERMETTA SIA A PUTIN CHE A ZELENSKY DI NON PERDERE LA FACCIA – SI PARTE DALLA CESSIONE DELLA CRIMEA ALLA RUSSIA: SAREBBE UNO SMACCO TROPPO GRANDE PER ZELENSKY, CHE HA SEMPRE DIFESO L’INTEGRITÀ TERRITORIALE UCRAINA. TRA LE IPOTESI IN CAMPO C'E' QUELLA DI ORGANIZZARE UN NUOVO REFERENDUM POPOLARE NELLE ZONE OCCUPATE PER "LEGITTIMARE" LO SCIPPO DI SOVRANITA' - MA SAREBBE UNA VITTORIA TOTALE DI PUTIN, CHE OTTERREBBE TUTTO QUEL CHE CHIEDE SENZA CONCEDERE NIENTE…