PD, PARTITO ALLA DERIVA – BINARI O FLUIDI, DESTRA O SINISTRA, IL POTERE DÀ ALLA TESTA: ELLY SCHLEIN, DIVENTATA SEGRETARIA GRAZIE ALLE PRIMARIE CON IL VOTO DEI GAZEBO (GLI ISCRITTI AVEVANO SCELTO BONACCINI), HA DECISO CHE LE CONSULTAZIONI DAL BASSO SONO DIVENTATE UNO STRUMENTO INUTILE ALLA SUA LEADERSHIP. E SCEGLIE LEI I CANDIDATI PER LA REGIONE IN SARDEGNA, PIEMONTE, UMBRIA, ABRUZZO, BASILICATA E PER IL SINDACO DI FIRENZE – BONACCINI NON SI OPPONE PERCHÉ INDAFFARATO A FARSI RIELEGGERE PER LA TERZA VOLTA GOVERNATORE, BASE RIFORMISTA NON HA UN LEADER CARISMATICO, FRANCESCHINI HA QUATTRO MASCHERE E LE INDOSSA TUTTE INSIEME, ED ELLY FA COME LE PARE – ASPETTANDO IL PROBABILE FLOP DEL PD ALLE EUROPEE 2024 PER RISPEDIRE LA MULTIGENDER A CASA, IL PD RIUSCIRÀ A SOPRAVVIVERE?
Claudio Bozza per corriere.it
«Primarie addio», cantavi. Parafrasando il grande Ivan Graziani, si potrebbe sintetizzare così il nuovo corso del Pd. Il partito guidato da Elly Schlein, numeri alla mano, sembra infatti aver abbandonato (temporaneamente?) lo strumento per la scelta dei candidati, che fu simbolo di una rinnovata partecipazione dal basso.
Come non ricordare gli oltre 3,5 milioni di persone ai gazebo, che nel 2007 incoronarono Walter Veltroni, primo segretario del neonato partito, eletto con il 75%. Un livello di partecipazione incredibile, sulla scia della tradizione americana, che poi è lentamente scemata. Oggi le primarie, in un contesto politico completamente diverso, sembrano essere diventate uno strumento giudicato poco funzionale alla nuova leadership di Elly Schlein.
La segretaria dem, alle prese con lo strapotere di questa destra, sembra convinta che davanti a sé ci sia un’unica possibile strada per provare a contrastare Giorgia Meloni: allearsi con il M5S. Un’alleanza assai complessa, visto che Giuseppe Conte entra quasi sempre in forte competizione con Schlein sui temi cari al campo progressista.
Però i due almeno ci provano, ad andare d’accordo. E per provarci seriamente, vista la necessità di trovare candidati comuni, la prima cosa che il Pd ha scelto di fare è stato rinunciare alle primarie, per cercare singole intese con i Cinque stelle.
Quindi nessuna consultazione dal basso in Sardegna, dove per il «campo largo» correrà l’aspirante governatrice Alessandra Todde, fedelissima contiana, previo accordo romano. Una rinuncia che però rischia di costare cara, perché l’ex governatore Renato Soru ha deciso di lasciare il Pd, per candidarsi da solo e portandosi dietro un pezzo di centrosinistra: mossa che inevitabilmente azzopperà Todde.
Giuseppe Conte Lorenzo Guerini Dario Franceschini
E niente primarie per la scelta del candidato presidente della Regione in Piemonte, Umbria e Abruzzo. Idem in Basilicata, dove sotto la regia dell’ex ministro della Salute Roberto Speranza correrà Angelo Chiorazzo, candidato «bianco» ma scelto dai «rossi» lucani perché ritenuto la migliore sintesi per riconquistare la Regione.
E proprio adesso è arrivato lo stop alle primarie anche dal Pd di Firenze, che, sotto l’egida schleiniana, ha risposto con un secco «no» alla martellante campagna dell’aspirante sindaca Cecilia Del Re, che ha riunito all’ombra di Palazzo Vecchio mille persone, le quali hanno inviato altrettante cartoline al Nazareno per chiedere le primarie per il dopo Nardella. Cartoline senza ricevuta di ritorno.
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