SEZIONE TAFAZZI – PD SPACCATO: LA MINORANZA BERSANIAN-DALEMIANA TORNA SUL PIEDE DI GUERRA E SI PREPARA A SABOTARE L’ITALICUM – I FEDELISSIMI DI RENZI: ‘D’ALEMA SULLE BARRICATE? ALZA LA VOCE PERCHÉ PUNTA A UNA POLTRONA UE MA NON SI FIDA DI MATTEO’

Laura Cesaretti per "il Giornale"

Niente da fare, è più forte di loro: anche alla vigilia di una campagna elettorale cruciale, la sinistra si regala i gli immancabili titoli sul «Pd spaccato». Un pezzo a Torino con il segretario-premier che incita a combattere insieme per la vittoria accantonando le beghe interne, l'altro pezzo in un teatro della Capitale, a dire peste e corna di lui.

Il dito nella piaga lo mette un esponente della stessa minoranza, il parlamentare Enzo Amendola: «Un cittadino guarda in tv l'apertura della campagna elettorale in Piemonte. Due minuti dopo vede la minoranza Pd riunita a Roma. Cosa deve pensare?». E anche il lettiano Francesco Russo è severo verso la fronda: «Se si vuole criticare Renzi, bisogna sfidarlo su quello che non fa o non dice, non mettersi di traverso su quello che fa. Il ritorno al passato non funziona».

Vero è che Gianni Cuperlo la sua assemblea, una chiamata a raccolta di tutta l'opposizione interna anti-renziana, l'aveva convocata ben prima della kermesse torinese, e che a imporre in un certo senso la conta è stato lo stesso Renzi, quando nell'ultima riunione di Direzione ha invitato deputati, senatori e dirigenti a convergere invece su Torino. Ma c'è anche chi,tra i maligni, insinua che il premier fosse ben contento di una coincidenza che lo liberava da ingombranti presenze sul suo palco e che dava l'immagine plastica della rupture : di qua gli innovatori, di là la vecchia guardia rossa, con i Bersani e i D'Alema, gli Epifani e i Fassina, che «gufa».

Sul perché D'Alema torni sul piede di guerra, dopo mesi di fair play con Renzi, più di un dirigente Pd ha la sua opinione. «Vuole che Matteo lo nomini in Europa, ma non si fida per niente. E quindi alza la voce, per poter trattare da una posizione di forza », spiegano dalla minoranza.

L'orizzonte di tutto il partito, sia pur con diverso spirito e divergenti obiettivi, è fissato al 25 maggio. Se il Pd scavallerà gloriosamente, come per ora dicono i sondaggi, la quota 30%, «non ce ne sarà per nessuno», come chiosa un cuperliano, la leadership di Renzi diventerà inattaccabile e le elezioni politiche per darle il definitivo bagno di legittimazione potrebbero avvicinarsi molto.

Se invece il risultato elettorale si rivelasse claudicante e risicato, i malumori che ribollono tra gli ex Ds cui il fiorentino ha soffiato il partito tracimeranno. Già Bersani e D'Alema hanno fissato la griglia delle questioni su cui provare a far inciampare Renzi: la legge elettorale e la gestione della «Ditta», che secondo l'ex premier «si sta spegnendo e impoverendo». Gli replica sferzante il segretario del Pd umbro Giacomo Leonelli: «Beh, voi ce lo avete lasciato al 25%.

Dopo le Europee vedremo se con Renzi ci siamo impoveriti o no». Niente barricate invece sulla riforma del Senato, odiata dai «Professoroni» alla Zagrebelsky allegramente liquidati dal premier, perché anche la minoranza Pd si rende conto che sarebbe un boomerang sul proprio cranio: «Non dobbiamo dare l'idea che siamo contro le riforme, se mai che vogliamo farne di più e meglio», avverte D'Alema. Anche l'iter sarà meno spedito di quanto vorrebbe il premier: domani inizia la discussione generale in Commissione; la presidente Finocchiaro, su richiesta anche di senatori Pd, intende mettere in calendario diverse audizioni; i grillini sono intenzionati a fare ostruzionismo iscrivendosi tutti a parlare.

«Credo che entro le Europee si farà a malapena la prima lettura in Commissione, non in aula», prevede Russo. Quanto all'Italicum, la minoranza Pd spera di smontarlo pezzo a pezzo, confidando anche su un risultato negativo per Forza Italia, che toglierebbe a Renzi l'interlocutore principale della legge elettorale e riaprirebbe i giochi.

 

PIERLUIGI BERSANI MINISTRO DELLINDUSTRIA NEL GOVERNO DALEMA MASSIMO DALEMA PIERLUIGI BERSANI CUPERLO RENZI CIVATI Anna Finocchiaro CONFRONTO SKYTG RENZI CUPERLO CIVATI

Ultimi Dagoreport

andrea orcel gaetano caltagirone carlo messina francesco milleri philippe 
donnet nagel generali

DAGOREPORT - BUM! ECCO LA RISPOSTA DI CALTAGIRONE ALLA MOSSA DI NAGEL CHE GLI HA DISINNESCATO LA CONQUISTA DI GENERALI - L’EX PALAZZINARO STA STUDIANDO UNA CONTROMOSSA LEGALE APPELLANDOSI AL CONFLITTO DI INTERESSI: È LEGITTIMO CHE SIA IL CDA DI GENERALI, APPENA RINNOVATO CON DIECI CONSIGLIERI (SU TREDICI) IN QUOTA MEDIOBANCA, A DECIDERE SULLA CESSIONE, PROPRIO A PIAZZETTA CUCCIA, DI BANCA GENERALI? - LA PROVA CHE IL SANGUE DI CALTARICCONE SI SIA TRASFORMATO IN BILE È NELL’EDITORIALE SUL “GIORNALE” DEL SUO EX DIPENDENTE AL “MESSAGGERO”, OSVALDO DE PAOLINI – ECCO PERCHÉ ORCEL HA VOTATO A FAVORE DI CALTARICCONE: DONNET L’HA INFINOCCHIATO SU BANCA GENERALI. QUANDO I FONDI AZIONISTI DI GENERALI SI SONO SCHIERATI A FAVORE DEL FRANCESE (DETESTANDO IL DECRETO CAPITALI DI CUI CALTA È STATO GRANDE ISPIRATORE CON FAZZOLARI), NON HA AVUTO PIU' BISOGNO DEL CEO DI UNICREDIT – LA BRUCIANTE SCONFITTA DI ASSOGESTIONI: E' SCESO IL GELO TRA I GRANDI FONDI DI INVESTIMENTO E INTESA SANPAOLO? (MAGARI NON SI SENTONO PIÙ TUTELATI DALLA “BANCA DI SISTEMA” CHE NON SI SCHIERERÀ MAI CONTRO IL GOVERNO MELONI)

giorgia meloni intervista corriere della sera

DAGOREPORT - GRAN PARTE DEL GIORNALISMO ITALICO SI PUÒ RIASSUMERE BENE CON L’IMMORTALE FRASE DELL’IMMAGINIFICO GIGI MARZULLO: “SI FACCIA UNA DOMANDA E SI DIA UNA RISPOSTA” -L’INTERVISTA SUL “CORRIERE DELLA SERA” DI OGGI A GIORGIA MELONI, FIRMATA DA PAOLA DI CARO, ENTRA IMPERIOSAMENTE NELLA TOP PARADE DELLE PIU' IMMAGINIFICHE MARZULLATE - PICCATISSIMA DI ESSERE STATA IGNORATA DAI MEDIA ALL’INDOMANI DELLE ESEQUIE PAPALINE, L’EGO ESPANSO DELL’UNDERDOG DELLA GARBATELLA, DIPLOMATA ALL’ISTITUTO PROFESSIONALE ARRIGO VESPUCCI, È ESPLOSO E HA RICHIESTO AL PRIMO QUOTIDIANO ITALIANO DUE PAGINE DI ‘’RIPARAZIONE’’ DOVE SE LA SUONA E SE LA CANTA - IL SUO EGO ESPANSO NON HA PIÙ PARETI QUANDO SI AUTOINCORONA “MEDIATRICE” TRA TRUMP E L'EUROPA: “QUESTO SÌ ME LO CONCEDO: QUALCHE MERITO PENSO DI POTER DIRE CHE LO AVRÒ AVUTO COMUNQUE...” (CIAO CORE!)

alessandro giuli bruno vespa andrea carandini

DAGOREPORT – CHI MEGLIO DI ANDREA CARANDINI E BRUNO VESPA, GLI INOSSIDABILI DELL’ARCHEOLOGIA E DEL GIORNALISMO, UNA ARCHEOLOGIA LORO STESSI, POTEVANO PRESENTARE UN LIBRO SULL’ANTICO SCRITTO DAL MINISTRO GIULI? – “BRU-NEO” PORTA CON SÉ L’IDEA DI AMOVIBILITÀ DELL’ANTICO MENTRE CARANDINI L’ANTICO L’HA DAVVERO STUDIATO E CERCA ANCORA DI METTERLO A FRUTTO – CON LA SUA PROSTRAZIONE “BACIAPANTOFOLA”, VESPA NELLA PUNTATA DI IERI DI “5 MINUTI” HA INANELLATO DOMANDE FICCANTI COME: “E’ DIFFICILE PER UN UOMO DI DESTRA FARE IL MINISTRO DELLA CULTURA? GIOCA FUORI CASA?”. SIC TRANSIT GLORIA MUNDI – VIDEO

banca generali lovaglio francesco gaetano caltagirone philippe donnet alberto nagel milleri

DAGOREPORT - DA QUESTA MATTINA CALTAGIRONE HA I SUDORI FREDDI: SE L’OPERAZIONE DI ALBERTO NAGEL ANDRÀ IN PORTO (SBARAZZARSI DEL CONCUPITO “TESORETTO” DI MEDIOBANCA ACQUISENDO BANCA GENERALI DAL LEONE DI TRIESTE), L’82ENNE IMPRENDITORE ROMANO AVRÀ BUTTATO UN PACCO DI MILIARDI PER RESTARE SEMPRE FUORI DAL “FORZIERE D’ITALIA’’ - UN FALLIMENTO CHE SAREBBE PIÙ CLAMOROSO DEI PRECEDENTI PERCHÉ ESPLICITAMENTE SOSTENUTO DAL GOVERNO MELONI – A DONNET NON RESTAVA ALTRA VIA DI SALVEZZA: DARE UNA MANO A NAGEL (IL CEO DI GENERALI SBARRÒ I TENTATIVI DI MEDIOBANCA DI ACQUISIRE LA BANCA CONTROLLATA DALLA COMPAGNIA ASSICURATIVA) - PER SVUOTARE MEDIOBANCA SOTTO OPS DI MPS DEL "TESORETTO" DI GENERALI, VA BYPASSATA LA ‘’PASSIVITY RULE’’ CONVOCANDO  UN’ASSEMBLEA STRAORDINARIA CHE RICHIEDE UNA MAGGIORANZA DEL 51% DEI PRESENTI....

volodymyr zelensky donald trump vladimir putin moskva mar nero

DAGOREPORT - UCRAINA, CHE FARE? LA VIA PER ARRIVARE A UNA TREGUA È STRETTISSIMA: TRUMP DEVE TROVARE UN ACCORDO CHE PERMETTA SIA A PUTIN CHE A ZELENSKY DI NON PERDERE LA FACCIA – SI PARTE DALLA CESSIONE DELLA CRIMEA ALLA RUSSIA: SAREBBE UNO SMACCO TROPPO GRANDE PER ZELENSKY, CHE HA SEMPRE DIFESO L’INTEGRITÀ TERRITORIALE UCRAINA. TRA LE IPOTESI IN CAMPO C'E' QUELLA DI ORGANIZZARE UN NUOVO REFERENDUM POPOLARE NELLE ZONE OCCUPATE PER "LEGITTIMARE" LO SCIPPO DI SOVRANITA' - MA SAREBBE UNA VITTORIA TOTALE DI PUTIN, CHE OTTERREBBE TUTTO QUEL CHE CHIEDE SENZA CONCEDERE NIENTE…