GRILLO “TIFA” GRASSO PER TOGLIERSI DAI GUAI

Jacopo Iacoboni per "La Stampa"

Nel momento in cui leggete questo giornale, la delegazione del movimento cinque stelle sta illustrando al presidente della Repubblica - o l'ha appena fatto - la sua posizione nel giro di consultazioni per formare un nuovo governo: il movimento non darà nessuna fiducia a nessun governo formato dai partiti, «neanche a foglie di fico che cerchino di renderli presentabili». L'unico governo pensabile, dal loro punto di vista, è quello che chiamano un «governo dei cittadini», un «governo a cinque stelle».

Al Colle salgono i capigruppo Crimi e Lombardi, assieme a Beppe Grillo, che dovrebbe incontrare anche l'ambasciatore americano David Thorne, non certo ostile. È una giornata che in cuor suo deve vivere come trionfale. Lui, l'estromesso dalla Rai, il grande bannato, che torna a Roma e stavolta per lo show degli show, nientemeno che il faccia a faccia con Napolitano. Già in questo, capite, c'è un che di rivincita, dal punto di vista psicologico. Non c'è invece Roberto Casaleggio, che se n'è rimasto a Milano, con dispiacere dei fotografi ma forse con suo gusto, alimentando una sensazione di inafferrabilità.

Poiché spesso in questi giorni è stato rimproverato da tanti a questi alieni un atteggiamento di diniego totale, rimproveri sempre accompagnati da inviti alla responsabilità, ecco come rispondono in quello che è il vero cervello del sistema connettivo del movimento: «A Napolitano diremo l'esatto contrario, vogliamo a tal punto prenderci le nostre responsabilità che chiediamo di governare noi, senza nasconderci dietro nessun altro. Dia l'incarico di formare un governo a cinque stelle, non ci tiriamo indietro».

Altro che posizione di comodo, «è il massimo dell'assunzione di responsabilità». «Noi siamo il primo partito», dicono, «e politicamente abbiamo vinto le elezioni». Nello staff di Grillo e Casaleggio già ieri avevano pronto anche un nome, se proprio il Colle si fosse spinto a sondarli su chi potrebbe eventualmente assumere questa responsabilità. Il capo politico, cioè Beppe Grillo, era incandidabile al Parlamento per lo statuto del movimento, ma nulla - nelle regole cinque stelle - gli impedisce di essere lui il possibile premier. Una delle idee fondative, sue e di Casaleggio, è tenere separati il lavoro di parlamentare con quello di governo. Come che sia, l'eventuale premier indicato dai cinque stelle non sarà un eletto.

Naturalmente sanno che questa strada non verrà seguita. Non puntano neanche molto che dal Pd esca fuori un'opzione di un premier a spariglio - magari una donna - anzi, scommettono che alla fine il nome sarà qualcuno che realizzerà, in un modo o nell'altro, un governissimo: «Verrà fuori, abbiamo pochi dubbi». Non pare ne siano granché dispiaciuti, certi che «durerà poco». E a loro toccherà la meno scomoda posizione di controllori.

In questo quadro, ieri Grillo ha sfidato i due neopresidenti delle camere, ok ridurre le vostre indennità, ma non basta il trenta per cento, tagliatevene metà: «Boldrini e Grasso possono rinunciare all'indennità di carica e dimezzarsi l'indennità da parlamentare, come dei veri cittadini a 5 stelle, ed essere d'esempio a tutti i parlamentari». Secondo un vecchio motto in questo lo staff fa suo un classico della sinistra italiana - dell'esser sempre un filo più radicale del tuo interlocutore.

Per ora, è la cifra distintiva del gruppetto di Milano; la sua visione del mondo, un po' Occupy ma anche scaltra, e un ottimo modo per ricompattare un gruppo parlamentare friabile, a occhio. Sanno che Grasso li ha fregati la prima volta; ma la seconda volta proprio Grasso - che i due fondatori considerano non così lontano dal gusto Pdl - potrebbe realizzare lo schema che a loro sta meglio.

 

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