PER HAROLD BLOOM HA VINTO IL MENO PEGGIO - IL CRITICO LETTERARIO PIU’ FAMOSO DEGLI USA VEDE OBAMA COME “UN AMLETO SENZA COSCIENZA” - “SI ERA PRESENTATO COME AGENTE DEL CAMBIAMENTO, MA NON LO È STATO. È UN POLITICO CENTRISTA, UN PRESIDENTE DECENTE, NON ECCEZIONALE” - “IL SUO VANTAGGIO È CHE DALL’ALTRA PARTE ORMAI C’È UN PARTITO IN MANO AI FASCISTI” - “IL VERO CAMBIAMENTO LO PORTERÀ LA GENERAZIONE DEGLI STUDENTI…”

Paolo Mastrolilli per "la Stampa"

Una versione minore di Amleto. Con gli stessi dubbi esistenziali, ma senza lo stesso potere mentale e la stessa coscienza». Non è proprio un complimento, questo che Harold Bloom fa a Barack Obama, ragionando su come il presidente ha cambiato la comunicazione politica negli Stati Uniti. Però il più famoso critico letterario americano, autore del classico «Western Canon», riconosce una dote al capo della Casa Bianca: «Ha capito che gli Usa non sono più un Paese anglosassone, e ha interpretato questa svolta prima degli altri».

Lei è un noto studioso di Shakespeare: perché, dovendo scegliere un personaggio a cui paragonare Obama, punta proprio su Amleto?
«Perché Obama è una persona dubbiosa, nel senso positivo del dubbio, che tende a riflettere sulla vita in maniera approfondita. Però gli manca la forza mentale di Amleto, e anche la sua coscienza».

È deluso dal presidente?
«Si era presentato come agente del cambiamento, ma non lo è stato. È un politico centrista, radicato nella tradizione pragmatica di Chicago. Un presidente decente, non eccezionale. Il suo vantaggio è che dall'altra parte ormai c'è un partito in mano ai fascisti».

Sul piano della comunicazione politica, come giudica Obama?
«Ha carisma, discrete doti di attore che ha dimostrato con la lacrima nell'ultimo comizio, una storia personale affascinante, e una buona padronanza dell'inglese. Sul piano della comunicazione politica, però, il suo grande merito è stato un altro».

Cioé?
«Gli Stati Uniti non sono più un Paese anglosassone. Lo vede facilmente chiunque stia a contatto con i giovani, come fa un professore. Le mie classi ormai sono frequentate da persone provenienti da tutto il mondo, e da cittadini americani con le radici più disparate. Queste sono le ultime elezioni in cui gli uomini bianchi avranno ancora tanto peso: l'America è cambiata, e non tornerà più indietro. Obama lo ha capito prima degli altri, anche grazie alla sua storia personale, e ha interpretato bene il mutamento sul piano retorico. Ha parlato alla nuova America, entrando in contatto attraverso il linguaggio, i temi, e gli stessi atteggiamenti personali».

Dunque ha avuto successo sul piano retorico, ma meno su quello politico.
«Il vero cambiamento non è lui: lo ha solo descritto e interpretato. Il vero cambiamento lo porterà la generazione degli studenti che ho adesso in classe, affascinati dalla retorica di Obama, e abbastanza liberi da trasformarla in realtà. Il problema centrale della politica americana è la scomparsa della verità: i candidati possono evitarla senza conseguenze, grazie all'ignoranza del pubblico. Ma la prossima generazione cambierà tutto».

Dunque nel lungo termine la comunicazione dei repubblicani è destinata a fallire?
«Sono fascisti, nel senso tradizionale della parole che gli italiani conoscono bene. Lo metta pure fra virgolette. In teoria erano il partito del liberismo e della non ingerenza del governo, ma sono stati conquistati dalla destra religiosa e dal Tea Party, che invece pretendono di entrare anche nelle camere da letto dei cittadini. Ho studiato molto il mormonismo, per il mio libro "The American Religion": è una setta teocratica. Romney è stato bravo a nascondere la verità, ma il futuro non sarà questo».

 

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