ECCO PERCHÉ I NOSTRI TRIBUNALI SONO INTASATI COME UN LAVANDINO, E PERCHÉ PER UNA CAUSA CI VOGLIONO ANNI: SONO TROPPO IMPEGNATI NEL CLASSIFICARE GLI INSULTI - “PUTTANA”, DETTO ANCHE A CHI LO FA DI MESTIERE, È VIETATO - DIRE “BUFFONE” AL BANANA VA BENE, MA NON SI PUÒ DEFINIRE UN SINDACO COME “AZZECCAGARBUGLI” - GRIDARE “PAZZO” AL PROPRIO SUPERIORE NON SOLO NON È REATO, MA È ANZI “COSTRUTTIVO”, MENTRE LUI NON PUÒ DIRE “STRONZO” A UN SOTTOPOSTO…
Marco Zucchetti per "il Giornale"
Se prendiamo per buona la massima di Benjamin Disraeli «quando gli uomini sono puri, le leggi sono superflue», l'unica conclusione possibile è che gli italiani sono sozzi, luridi e turpi fino al midollo. Perché per metterli in riga le leggi non bastano. Servono sentenze, giurisprudenze e una Cassazione sempre più spesso chiamata ad occuparsi di inciviltà , turpiloquio e vaniloquio. Lo Stato etico è finito, un esodato del Novecento.
Il Terzo millennio sarà nelle mani (e nelle sentenze) del Tribunale della Maleducazione. L'ultimo caso si è aperto in zona pubica. Dire «non hai le palle» a chiunque - flipper guasti esclusi - costituisce reato: ingiuria lesiva delle virtù del genere maschile. Ma la scala di gravità degli insulti è lunga, ripida e soprattutto a chiocciola. Le involuzioni tra gradi di giudizio e ricorsi sono infinite, i casi talvolta esilaranti. E la macchina della giustizia, sempre più simile a una vecchia zia fissata con le buone maniere, si accartoccia su inutili procedimenti lunghi anni che ne paralizzano l'attività .
AMORE LITIGARELLO
Accade così che «puttana» valga un reato, anche se rivolto a una professionista («c'è modo e modo», direbbe Abatantuono rivolto alla bella Vassilissa in Mediterraneo); mentre «criminale assassino» urlato al marito violento è lecito pure in assenza di omicidio.
RAGION POLITICA
«Buffone» gridato a Berlusconi vale al massimo una menzione d'onore, invece «cretino» detto tra consiglieri comunali è reato perché «sottende una concezione degradante del potere pubblico» E ancora: «Azzeccagarbugli» riferito al sindaco è un'ingiuria che nemmeno due capponi in dono possono emendare, mentre «razzista» detto a un militante di Forza Nuova è sacrosanto, ché «il razzismo è connaturato all'ideologia di estrema destra». Al contrario, l'accusa di essere «ladro e imbroglione» mossa da un professore a un preside non è reato «se detto nell'esercizio delle funzioni sindacali». Siamo alla Rsu degli insulti.
PARI OPPORTUNITÃ
«Frocio» per il Tar non è reato, per la Cassazione sì, perché comunica «derisione e scherno». Ma è reato pure rivelare l'omosessualità altrui senza deriderlo né schernirlo, quindi per sicurezza è meglio non toccare proprio l'argomento. «Sporco negro» è reato, anche se forse per arrivarci non serviva una Corte, mentre a sorpresa è «discriminatorio» affermare che «sarebbe preferibile una gestione maschile» di un ente.
MINACCE VAGANTI
Capitolo divertente quello sulle minacce vere o presunte. «Lei non sa chi sono io» è reato, perché «intimidisce e limita la libertà psichica». Proprio come il «ti boccio» detto dal professore allo studente, in cui si ingenera «forte timore che lede la libertà morale».
SIAMO UOMINI O CAPI?
Sul lavoro, poi, le differenze sono profonde. Dire «pazzo» al superiore non è reato, anzi è «critica costruttiva»; così come per un «vaffanculo» non si è passibili di licenziamento, dato che «non compromette il rapporto fiduciario con l'azienda»; al contrario, apostrofare con «rompiscatole», «stronzo» o «non capisci un cazzo» un sottoposto è reato, in virtù della «continenza espressiva» a cui sono tenute le gerarchie più alte.
GALATEO DI STATO
Spesso, però, anche la cafonaggine diventa materia di legulei e magistrati. Scrollare le briciole della tovaglia dal terrazzo non è reato, mentre un condizionatore rumoroso diventa oggetto di reato solo se disturba tutti i condomini. Se qualcuno non si lamenta, non è più reato. Fare pipì in pubblico è reato «anche se i genitali non sono visibili o se la minzione avviene in ombra», così come grattarsi i suddetti davanti a terzi, azione «contraria alla decenza». Intasare i tribunali di queste cause, invece, è contrario al buonsenso. Ma una sentenza che lo dica, purtroppo, ancora non c'è.
LITIGI LITIGI TALEBANI INSULTI LITIGI INSULTARE DISCUTERE SUL LAVORO