A QUESTO PUNTO PERCHE’ NON FACCIAMO IL TELEVOTO? IL DEPUTATO DEM STEFANO CECCANTI SULL’ELEZIONE DEL CAPO DELLO STATO: “RISCHIO FOCOLAIO ALLA CAMERA, INTRODUCIAMO IL VOTO DA REMOTO" – LE MISURE ANTICOVID ALLO STUDIO: DAL VOTO SCAGLIONATO ALLA RIMOZIONE DEI CATAFALCHI - IN CASO DI BOOM DI CONTAGI TRA I GRANDI ELETTORI, I PARTITI POTREBBERO ESSERE INDOTTI A RIVOLGERSI A MATTARELLA PER UN BIS: DAGOREPORT
LA VARIANTE MATTARELLA
CECCANTI
Antonio Bravetti per La Stampa
Con il diffondersi della variante Omicron e l’aumento dei contagi, Stefano Ceccanti, deputato del Pd e professore di Diritto pubblico comparato, torna a proporre il voto a distanza per i grandi elettori che tra meno di un mese dovranno votare il nuovo presidente della Repubblica. Quali sono i rischi?
«I problemi principali sono due: il primo è che qualche decina di grandi elettori possano risultare positivi o comunque in quarantena. Questo renderebbe proibitivo o comunque ben più difficile il superamento dei quorum per l’elezione. Il secondo è che la Camera diventerebbe un focolaio di nuovi contagi».
Lei parla di voto a distanza per i grandi elettori: come si potrebbe svolgere?
«I contagiati potrebbero votare da casa. Tutti gli altri da dentro la Camera, il Senato e se si vuole anche dai Consigli regionali. Evitando comunque di affollare tutti l’Aula di Montecitorio».
Non è la prima volta che lei propone il voto a distanza durante la pandemia: l’altra volta non se ne fece nulla, questa volta potrebbe andare diversamente?
«Francamente non ci sono state ragioni serie per aver impedito quella che è stata la norma in pressoché tutti i Parlamenti democratici a partire da quello europeo. Non mi aspetto un esito diverso perché il conservatorismo mentale è duro da battere se non c’è una forte decisione politica. Sono pessimista».
A chi spetta decidere, ci sono schieramenti politici sul voto a distanza?
«Il problema non è fare un referendum su chi è d’accordo e chi no. Ci sono state posizioni trasversali in questo dibattito. Il punto è che decidere spetta al presidente della Camera, che non farà votare da remoto neanche stavolta. Sarebbe però interessante chiedergli cosa pensa di fare se i positivi oi quarantenati superassero varie decine. Temo che si farà finta di niente anche per loro.
Ma almeno questo andrebbe previsto e normato. Il presidente e l’Ufficio di presidenza possono prendere tutte le decisioni che vogliono perché spetta a loro, in particolare al primo, l’interpretazione sovrana del regolamento della Camera, che è quello che si applica. L’unico limite è quello costituzionale: non possono sterilizzare i non votanti, magari positivi o in quarantena, ai fini del quorum. I quorum di due terzi e di maggioranza assoluta Si applicano comunque sul denominatore di tutti gli aventi diritto al voto».
Se si decidesse di non usare il voto a distanza e poi, ipoteticamente, cento grandi elettori fossero positivi nei giorni dell’elezione del capo dello Stato cosa succederebbe?
«L’unica cosa sarebbe spostare avanti la data, aggiornando la convocazione, nella speranza di un miglioramento, ma scavallare il 3 febbraio significherebbe entrare nella prorogatio di Mattarella o in una supplenza Casellati».
OMICRON RISCRIVE LE REGOLE PER ELEGGERE IL CAPO DELLO STATO
Barbara Fiammeri per il Sole 24 Ore
Sarà il numero dei contagi a decidere le regole per l'elezione del prossimo Capo dello Stato. Al momento nessuna decisione è stata presa ma tutti danno per scontato l'arrivo imminente di contromisure. Di qui al 24 gennaio - giorno in cui probabilmente si aprirà la corsa al Colle - i contagi potrebbero aumentare ulteriormente e così anche il numero dei parlamentari risultati positivi al Covid o obbligati alla quarantena.
Un'incognita di non poco conto, che ha spinto nuovamente il deputato del Pd, il costituzionalista Stefano Ceccanti, a rilanciare (lo aveva già fatto in occasione del lockdown) la possibilità di introdurre il voto a distanza. Una proposta fatta propria anche da Clemente Mastella «per evitare che l'elezione del Capo dello Stato subisca un'alterazione sostanziale», ha insistito il segretario di Noi di centro. Ipotesi remota (lo stesso Ceccanti si dice «pessimista) e non presa in considerazione dalla presidenza della Camera (almeno per ora) dove invece si dà per scontato lo scaglionamento per lettera degli accessi a Montecitorio durante le votazioni, intervallate anche da sanificazioni, per evitare pericolosi assembramenti, come avviene già in occasione della fiducia.
SERGIO MATTARELLA ROBERTO FICO
Proprio per questo, però, è assai improbabile che si possa procedere - come solitamente avviene - al ritmo di due votazioni al giorno. Ma fin qui siamo nella quasi normalità. La situazione «viene monitorata giorno per giorno» spiegano dalla presidenza della Camera. Roberto Fico farà un nuovo punto prima della Befana, presumibilmente martedì 4. Non manca molto ma in termini di contagi la situazione in una sola settimana potrebbe essere assai diversa dall'attuale. «Ogni misura andrà valutata in base alla situazione generale», è il refrain di queste ore ribadito anche dal questore Gregorio Fontana, che ricorda però che anche nel pieno dell'emergenza, con l'Italia in rosso, Montecitorio non ha mai chiuso i battenti. Accessibile resterebbe anche il Transatlantico non solo per i parlamentari ma anche per la stampa.
Tra le nuove misure ci potrebbe essere anche la rimozione dei catafalchi, le cabine elettorali introdotte da Oscar Luigi Scalfaro quando presiedeva la Camera. In questo caso però a suggerirlo non sarebbero probabilmente solo ragioni sanitarie quali la permanenza, sia pure con la mascherina, in uno spazio ristretto, ma anche per evitare eventuali "interferenze" via cellulare che violerebbero il principio della segretezza del voto. Spetta a Fico decidere.
Il tema principale però resta l'incidenza del Covid. Se la tendenza di questi giorni si confermerà, il rischio di veder estromessi loro malgrado un numero non irrilevante di grandi elettori è tutt' altro che infondato. A meno che proprio l'emergenza non spinga le forze politiche a ritrovarsi su una proposta forte e largamente condivisa già al primo scrutinio (supponendo che le eventuali assenze non incidano sul quorum).
Al momento l'unico nome che potrebbe interpretare questo ruolo è quello del premier Mario Draghi. Che però è anche il solo che viene ritenuto in grado di guidare il Governo mantenendo la fiducia di una maggioranza che va dalla Lega a Leu. In ogni caso, chiunque sarà, è invece certo che - per la prima volta nella storia della Repubblica - il neo Capo dello Stato non potrà giurare e tenere il suo discorso di insediamento di fronte a tutti i 1.009 grandi elettori: decisamente troppi in tempi del Covid.