SOSTIENE PEREIRA – IL FUTURO SOVRINTENDENTE DELLA SCALA SI DIFENDE DALLA ACCUSA DI CONFLITTO DI INTERESSI: ‘HO COMPRATO DA SALISBURGO NON 7 MA 4 OPERE. COSTO TOTALE: 660 MILA EURO. ALTRO CHE SCANDALO, IO LA CHIAMO OPPORTUNITÀ’

Alberto Mattioli per "La Stampa"

O Alexander Pereira è tranquillo o è molto bravo a sembrarlo. Eppure è il protagonista assoluto dell'«affaire» che sta agitando il mondo dell'opera in Italia. In sintesi: come sovrintendente entrante della Scala, avrebbe comprato da se stesso, come sovrintendente uscente di Salisburgo, sette produzioni d'opera. E i danée dei milanesi sarebbero serviti a rimpinguare le esauste casse del Festival austriaco...
Da qui il putiferio. Articoloni sui giornali, la Lega e il centrodestra che chiedono le dimissioni del sovrintendente austriaco per rimpiazzarlo qualcuno di più autarchico, un Consiglio d'amministrazione difficile. Si è svegliato perfino il Ministero, che di solito dorme sonni profondissimi sulle innumerevoli schifezze che si sono fatte e si fanno nei teatri italiani. E ha chiesto spiegazioni a Pereira a mezzo Pisapia.

Signor Pereira, le dia anche a noi.
«Intanto, le opere per le quali ho firmato una lettera d'intenti sono quattro e non sette».

Dettagli, prego.
«La prima è I maestri cantori di Norimberga di Wagner, regia di Stephan Herheim, coproduzione fra Salisburgo, Parigi, New York e la Scala. Costo per Milano: 250 mila euro».

Seconda opera?
«Lucio Silla di Mozart, regia di Marshall Pynkowski, coproduzione fra il Festival di Salisburgo e le Mozartwoche sempre di Salisburgo. Ne ho comprato il 10% ma lo spettacolo resta a Milano, cui costa 60 mila euro».

Terza?
«Falstaff di Verdi, regia di Damiano Michieletto, coproduzione a cinque fra New York, Londra, Toronto, Amsterdam e Milano. Costo per la Scala: 130 mila euro».

Alt. La Scala un nuovo Falstaff l'ha appena fatto, e griffato Carsen.
«E infatti lo riprenderò nell'autunno del '15. Però credo che la Scala debba avere in casa un Falstaff tutto suo, e questo mi sembra perfetto anche perché è ambientato dentro la Casa di riposo per musicisti, insomma Casa Verdi. Più milanese di così!».

Va bene. Quarta opera?
«Don Carlo, sempre Verdi, regia di Peter Stein, in cui entro come coproduttore al 25%. Altri 250 mila euro, ma noti che a Salisburgo non sarà ripreso, quindi lo spettacolo resterà a Milano. Ed è dal '77 che alla Scala non si fa il Don Carlo in cinque atti».

Costo totale?
«In tutto 660 mila euro, di cui 630 mila al Festival di Salisburgo e 30 mila alle Mozartwoche. Al Festival i quattro allestimenti sono costati 4 milioni e 100 mila euro, e lo so perché li ho pagati io. Per la Scala, è un affare. Gli spettacoli sono "spalmati" su quattro anni. Il mio predecessore, Stéphan Lissner, in quattro anni ha importato da Salisburgo quattro spettacoli, tanti quanto ne ho presi io: Romeo e Giulietta, Il cavaliere della rosa, Così fan tutte e Die Soldaten. Nessuno ha gridato allo scandalo».

Ma allora perché la presidentessa del Festival di Salisburgo, Helga Rabl-Stadler, ha parlato di un milione e 600 mila euro in arrivo da Milano?
«Perché si è sbagliata. Quello è l'ammontare di tutte le coproduzioni, di prosa e d'opera, di tutti i teatri che fanno uno spettacolo con il Festival».

E perché si parla di sette allestimenti?
«Perché ce ne sono altri tre che vorrei portare a Milano. Sono Finale di partita di Kurtag, forse la prima assoluta più prestigiosa dell'ultimo decennio, per chiudere l'Expo, poi Cavaliere della rosa e Trovatore. Attenzione, però: per questi tre, non ho firmato alcuna lettera d'intenti».

Il problema è appunto che non si capisce come lei possa firmare a nome della Scala se diventerà sovrintendente solo il 1° ottobre.
«Ma allora io alla Scala che ci sto a fare? Io ho il dovere di preparare le prossime stagioni, specie quella, cruciale, dell'Expo. Poi fino al 1° ottobre chi firma i contratti è Lissner. Ma io devo avere la possibilità di dare garanzie ai miei interlocutori, altrimenti perdiamo tutti tempo e occasioni: loro e la Scala».

Nell'affare con Salisburgo lei è contemporaneamente acquirente e venditore: in italiano, si chiama conflitto d'interessi.
«Si chiama opportunità. Salisburgo ha delle belle produzioni che non metterà più in scena. La Scala le compra a prezzo stracciato. Dov'è lo scandalo?».

Intanto il CdA e il ministero gliene chiedono conto.
«Ho spiegato tutto a voce e sto scrivendo la relazione sulla vicenda. La consegnerò al sindaco, poi vedremo cosa succederà al prossimo CdA. Nel frattempo, vado in vacanza».

Crede che qualcuno voglia farla fuori dalla Scala?
«Credo che magari qualcuno che voleva il mio posto si sia svegliato».

E crede anche che il posto resterà suo?
«Questo non lo decido io. Per quel che mi riguarda, io amo già molto la Scala e può essere sicuro che mi batterò per restarci. Ne vale la pena».

 

 

 

alexander pereiraALEXANDER PEREIRA E MOGLIE DANIELA ALEXANDER PEREIRA loggione del teatro alla scala Stephane Lissner Sovrintendente Scala TEATRO LA SCALA ALEXANDER PEREIRA

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