luigi di maio giuseppe conte

LA COSA PIÙ PARADOSSALE DAVANTI AL DECRETONE DA 500 PAGINE? CHE CONTE NEI PIANI DEI 5 STELLE AVREBBE DOVUTO GUIDARE IL MINISTERO PER LA SEMPLIFICAZIONE BUROCRATICA. INVECE CI RITROVIAMO UN MALLOPPO CHE NON SOLO NON RISOLVE NESSUNO DEI CANCRI DELLA NOSTRA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE, MA LI ACUISCE. CON UNA SERIE DI TOPPE PER TUTTI, MA NESSUNA CHE ABBIA UN ITER SEMPLICE COME NEGLI USA, REGNO UNITO O FRANCIA

1. LA COSA PIÙ PARADOSSALE DAVANTI AL DECRETONE DA 500 PAGINE? CHE CONTE AVREBBE DOVUTO GUIDARE IL MINISTERO PER LA SEMPLIFICAZIONE BUROCRATICA

luigi di maio con papabili ministri a sinistra giuseppe conte

DAGONOTA - Dopo l'attesa, il decretone: un malloppo da centinaia di pagine che è più articolato di una manovra economica, e lo ha detto lo stesso Conte. Il problema è che il sogno della semplificazione burocratica resta tale, un sogno. Un pasticcio di soldi a pioggia che non risolve nessuna delle storiche piaghe amministrative italiane. Neanche l'emergenza quindi c'è riuscita.

 

Negli Stati Uniti sono partiti bonifici e assegni a firma Trump, nel Regno Unito è la pubblica amministrazione a inseguire i freelance per dire loro quanti soldi vogliono. Persino nella patria della burocrazia, la Francia, hanno messo in campo misure più incisive e immediate pur avendo ''chiuso'' dopo di noi, mettendo uno stop ai pagamenti di mutui, bollette, tasse.

 

giuseppe conte luigi di maio foto lapresse

La cosa più paradossale? Che quando Di Maio presentò la squadra dei papabili ministri a 5 Stelle, prima delle elezioni del 2018, lo sconosciuto prof. avv. Giuseppe Conte avrebbe dovuto guidare il ''ministero della Pubblica amministrazione, della deburocratizzazione e della meritocrazia''. Poi invece fu promosso a Palazzo Chigi (meritocrazia?) e la deburocratizzazione è tornata a essere solo un sogno e uno scioglilingua.

 

 

2. IL DECRETO D’EMERGENZA FA PROMESSE A TUTTI, MA MANTENERLE È DIFFICILE

giuseppe conte luigi di maio foto lapresse

Sergio Rizzo per “la Repubblica”

 

Il giorno del parto, alle perplessità già espresse su questo giornale se ne aggiunge un’altra. Anziché un decreto lungo come I Buddenbrook di Thomas Mann, nato dopo un paio di mesi di gestazione e che si bloccava ogni giorno perché certi grillini erano contro la sanatoria dei migranti che non c’entra nulla con il blocco dell’Irap o le bici elettriche, non si potevano fare più provvedimenti, coerenti per materia, snelli e mirati? Magari certi problemi non sarebbero stati risolti, però di sicuro affrontati.

 

giuseppe conte salvini e di maio discorso prima della fiducia 1

Ma invece di seguire il buonsenso a capitoli, si è preferito il modello della legge Finanziaria. Una super-super-Finanziaria. Scritta peraltro in ostrogoto. Un immenso calderone dal lessico a tratti incomprensibile con i ministeri che hanno fatto a gara per infilarci di tutto. E che ha la strada già segnata. Un Vietnam alla Camera, bombardato da emendamenti, e un Vietnam bis al Senato. Due mesi di guerriglia parlamentare e finale con voto di fiducia: si accettano scommesse.

 

Ed è ancora niente, in confronto al problema più grosso. Il fatto è che qui di “rilancio” c’è soltanto la parola. Non si intravede una strategia di sviluppo, non ci sono investimenti degni di tal nome, non si prefigura un cambio di passo nelle pastoie burocratiche. La verità è che questa maxi-maxi-Finanziaria dell’emergenza contiene soltanto una sterminata serie di toppe: 256, quanti sono gli articoli. E alcune pure fatte male. Come la revisione della cassa integrazione in deroga. Pensavano di colmare odiosi ritardi dovuti alle inerzie e a certi passaggi burocratici trasferendo le competenze delle Regioni all’Inps; ne è venuto fuori un obbrobrio, con l’Inps che anticipa poco meno della metà dei soldi e le Regioni che conservano comunque una parte dei poteri.

 

giuseppe conte meme

Le toppe, dunque. Ce n’è una per i costruttori che da anni, inascoltati, implorano: “Fate qualcosa, qui si muore!” Dalle parti dei 5 stelle qualcuno ha ascoltato il grido di dolore: Riccardo Fraccaro e Stefano Patuanelli, rispettivamente sottosegretario alla Presidenza e ministro dello Sviluppo, il super ecobonus per le ristrutturazioni l’hanno spinto come dannati.

 

Convinti che funzioni: sempre se si riuscirà a mettere ordine nella giungla dei vari ecobonus, di cui questo è nientemeno che il sesto. Copyright di Ermete Realacci, (lasciato a casa dal Pd per ringraziamento alle ultime elezioni), in pochi anni gli ecobonus hanno fatto girare più di trenta miliardi. Una toppa anche per l’Inps, con l’entrata in partita dell’Agenzia delle Entrate, che si trasforma per la bisogna in Agenzia delle Uscite: pagherà i contributi ai lavoratori autonomi, professionisti esclusi. Bisognava pensarci fin dall’inizio. Non era difficile capire che l’Inps, sovraccaricato, sarebbe andato in sofferenza e il gioco di squadra fra amministrazioni pubbliche avrebbe magari evitato polemiche, figuracce e dolori.

giuseppe conte meme leghista

 

Toppe a volontà pure per le imprese. I contributi a fondo perduto per il calo di fatturato, la sospensione dei pagamenti delle imposte, il blocco dell’Irap, la revisione degli ex studi di settore per evitare accertamenti insensati ad aziende messe in ginocchio dall’epidemia. Per non dire della possibilità per la Cassa depositi e prestiti di intervenire nel capitale delle aziende in crisi. Su tutto questo la sospensione del giudizio è d’obbligo.

 

Pure la garanzia pubblica sui prestiti bancari era sulla carta una misura sacrosanta: poi però sono saltate fuori le mille magagne della burocrazia, e il sogno in certi casi è diventato un incubo. Le lamentele degli industriali sono ancora lì, senza che qualcuno le abbia ascoltate. Se ne parlerà, a quanto pare, in un prossimo decreto “semplificazione”. Ma solo a sentire quella parola vengono i brividi.

 

Invece la toppa pensata per il disastro dei canoni degli affitti commerciali fa acqua da tutte le parti. Come può funzionare un credito d’imposta del 60% concesso a un affittuario che non ha lavorato e quindi non ha tasse da pagare?

 

Quindi toppe per i benzinai sulle autostrade, toppe per le edicole, i giornali, le tv locali. E toppe senza risparmio per il turismo. Il ministro dei Beni culturali Dario Franceschini l’ha ripreso dall’Agricoltura, dov’era finito per le pressioni leghiste, e meno male per il turismo. Lui ascolta tutti, e alla fine tutti portano a casa qualcosa.

giuseppe conte

 

Gli stabilimenti balneari, qualche beneficio sull’Imu: allevieranno l’arrabbiatura per le distanze imposte fra gli ombrelloni e certe assurdità previste dalle circolari Inail, secondo cui i bagnini non potranno praticare la respirazione bocca a bocca ai bagnanti salvati dal rischio di annegamento. Gli operatori turistici, il ristoro delle perdite e il bonus vacanze. Mentre gli alberghi potranno contare addirittura su interventi finanziari pubblici nel capitale: che giurano temporanei e senza interferenze nella gestione, come quelli della Cassa depositi e prestiti nelle imprese in crisi.

 

Anche se l’esperienza insegna che fidarsi è bene, ma stare sul chi vive è assai meglio. Nell’alluvionale elenco di misure proposte dai ministeri Franceschini non teme davvero confronti. Dopo il turismo, ecco le toppe (soldi) al cinema e al teatro e un fondo per la cultura con i finanziamenti privati. Nonché una doverosa toppa per i paria, ossia i lavoratori dello spettacolo che sono esclusi dalla cassa integrazione. Per loro, 600 euro anche se hanno lavorato solo una settimana nel 2019. Non granché, ma sempre meglio di niente. Anche se i 600 euro per sopravvivere, diciamo la verità, stridono forse un po’ con i 500 euro di contributo a fondo perduto per l’acquisto della bicicletta. Anche a pedalata assistita.

giuseppe conte meme 1giuseppe conte meme 2

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