POLIZZA SANITARIA FAR WEST - SULLE ASSICURAZIONI OBBLIGATORIE PER I MEDICI REGNA IL CAOS: COSTANO FINO A 20 MILA EURO E IL MERCATO È IN MANO A SOCIETÀ FARLOCCHE CON SEDE ALL’ESTERO CHE SPESSO FANNO CRAC E PAGANO DIFFICILMENTE: CHI CI RIMETTE SONO I PAZIENTI
Carlo Di Foggia per “il Fatto Quotidiano”
“I soldi non sono mai arrivati”. Nove anni e neanche un euro: Paola (il nome è di fantasia), nata disabile a causa di un errore durante il parto, aspetta ancora il risarcimento (1,5 milioni di euro) deciso dal tribunale di Treviso e mai saldato.
Nel far west delle assicurazioni sanitarie, succede infatti che i Lloyd's di Londra, assicuratori dell'ospedale, si oppongano a una sentenza italiana, proponendo una cifra inferiore: o accetti o avviamo il contenzioso. Risultato? “A distanza di quasi dieci anni non è arrivato neanche un euro”, spiegano gli avvocati.
Non è il caso peggiore. Nella sanità c'è un bubbone che rischia di esplodere. A più di due mesi dall'obbligo di polizza per gli oltre 200 mila medici professionisti, regna il caos: le Regioni - scottate da raggiri milionari si assicurano più, mentre i medici subiscono prezzi e contenziosi in crescita esponenziale.
In mezzo, i pazienti, che si trovano a dover trattare con assicuratori stranieri, spesso misteriosi, che in caso d’insolvenza scaricano gli oneri sulle strutture sanitarie. “E il futuro rischia di essere peggiore”, spiega Luigi Conte, segretario della Federazione degli ordini dei medici.
Cosa è successo? Ad agosto scorso è scattato l'obbligo per i medici (previsto dal decreto Balduzzi del 2012) di sottoscrivere un'assicurazione sanitaria per tutelarsi dalle cause di risarcimento, a eccezione dei 115 mila del Servizio sanitario nazionale (dove, grazie al decreto Pa, vale solo per le strutture).
Con più di 30 mila denunce l'anno (ma la cifra potrebbe essere tre volte superiore considerando le compagnie straniere), polizze e indennizzi lievitati fino al 600 per cento, la novità rischia però di far implodere il sistema. Per ora, chi non si adegua non rischia nulla: la Federazione ha infatti deciso di sospendere le sanzioni disciplinari previste dal decreto. Il motivo è semplice: a oggi i costi sono proibitivi, e per ortopedici, chirurghi e ginecologi privati sfiorano i 20 mila euro l’anno.
In teoria, per questi ultimi il decreto avrebbe dovuto istituire un fondo di solidarietà, ma il decreto attuativo non è ancora arrivato. Nel frattempo le denunce sono aumentate esponenzialmente, così come gli importi dei risarcimenti, passati in media da 10 mila a 34 mila euro, con punte di svariati milioni nei casi molto gravi. A conti fatti, la malasanità costa alle casse pubbliche due miliardi di euro l’anno, a cui vanno aggiunti i 13 miliardi che lo Stato spende per la “medicina difensiva”, cioè quelli esami clinici inutili prescritti per evitare le cause.
I medici registrano aumenti di infenzioni sessuali
Fuggiti gli italiani, il settore è in mano straniera: decine di sigle dai nomi più disparati e dai patrimoni fragili, spuntate come funghi grazie all'assenza di regole comunitarie. L’Ivass, l’Autorità che vigila sulle assicurazioni, ha le mani bloccate e può solo interdirne l'operatività in Italia.
La maggior parte delle compagnie, ha però sede all'estero, soprattutto Romania, e opera in “Libera prestazione di servizi” (Lps). Tradotto: il controllo sulla “solvibilità” spetta alle autorità rumene, che però chiudono più di un occhio. Una volta sanzionate, denunciano i controllori italiani, le compagnie si clonano, continuando a operare sotto altro nome.
A fine 2013 l'Ivass ha interdetto due agenzie rumene, la Onix Asigurari e la Forte Asigurari Reasigurari per irregolarità e, stando alle indiscrezioni, è pronta a sanzionare due grossi operatori del settore: un italiana e una compagnia estera.
Gli esempi non mancano. Il caso più eclatante è quello di City Insurance (fermata nel 2012), una compagnia formalmente rumena, ma in realtà controllata da un groviglio di società italiane (e gravata da sospetti di infiltrazioni camorristiche): con un patrimonio di soli 3,7 milioni di euro, riscuoteva premi per centinaia di milioni, e si era accaparrata appalti in tutto il Veneto.
Tra le Asl coinvolte, anche quella di Cesena, costretta ad aprire un nuovo bando dopo la triste vicenda Faro, la compagnia dell'ex presidente del Consiglio di Stato Pasquale Melito (già capo di gabinetto di ministeri come Bilancio, Sanità e Finanze) finita in un crac da 600 milioni di euro e decine di truffati (dei 1500 sinistri, meno della metà verrà risarcita). “Le compagnie straniere vincono le gare grazie ai prezzi stracciati - spiega (sotto anonimato) uno dei più grossi Broker assicurativi al Fatto - Spesso si accordano col broker scelto dall'Ente garantendogli una percentuale più alta”.
Negli ultimi mesi, la Lig Insurance di Bucarest, con un capitale di poco più di sei milioni di euro si è aggiudicata decine di appalti (anche di grossa entità). Oltre il 60 per cento del mercato è ormai in mano alla Amtrust (200 contratti e 65 mila medici coperti): un gruppo americano con una sussidiaria inglese guidata in Italia dal broker napoletano Antonio Somma attraverso un sistema di società a cascata.
A fine 2013 la Regione Sicilia ha disdetto il contratto triennale siglato con la compagnia per assicurare 18 aziende sanitarie dell'isola (costo: 45 milioni di euro). Sotto accusa, i 150 mila euro fissati come tetto per la franchigia, una cifra che coprirebbe solo il 20 per cento dei sinistri.
Annunciando la decisione, il presidente Rosario Crocetta ha parlato di presunte irregolarità nello svolgimento della gara e indagini in corso negli Usa sulla società (che però ha subito smentito). Nei mesi scorsi, la compagnia è finita al centro di alcuni report finanziari negativi sulla strana contabilità adottata dal gruppo: questi trasferisce i premi a diverse controllate, che a sua volta si riassicurano. Una struttura arzigogolata che passa attraverso le Bermuda (dove finisce il 40% dei ricavi italiani) e arriva fino in Lussemburgo.
Visto il panorama, quasi tutte le Regioni sono andate in “autoassicurazione”. Funziona così: si accantonano soldi, assicurando solo i grossi importi e si incrociano le dita. Anche così però, il meccanismo rischia di aumentare i deficit. Nel 2012, le 9 Asl del Veneto hanno speso quasi 77 milioni, contro i 69 stimati con l’assicuratore. E se le strutture non pagano, tocca ai medici.
I contenziosi hanno tempi lunghissimi e la prescrizione scatta dopo 10 anni. Molte compagnie, però, impongono clausole capestro (le claims made) che limitano la copertura alla durata del contratto. “Se qualcuno ti fa causa cinque anni dopo - spiega Conte - l'assicurazione non paga e ti lascia solo”.