POLVERE DI 5 STELLE – I GRILLINI VOGLIONO BLOCCARE LA TAV: A TORINO IL CONSIGLIO COMUNALE A MAGGIORANZA M5s VOTA CONTRO L’ALTA VELOCITA’ – LA BASE PENTASTELLATA NON HA DIGERITO IL CONDONO E IL MANCATO STOP A TAP E ILVA, COSI’ DI MAIO HA DECISO DI AFFOSSARE LA TORINO-LIONE. MA ORA DOVRA’ VEDERSELA CON SALVINI E CON GLI ORTODOSSI DI FICO…
FAUSTO CARIOTI per Libero Quotidiano
La Torino grillina è contraria alla Tav, l' Italia gialloverde non si sa. Per ricostruirsi la verginità perduta sul gasdotto Tap, sull' Ilva e sui condoni, Luigi Di Maio ha deciso di affossare la linea ad alta velocità tra Torino e Lione. Dovrà vedersela da un lato con Matteo Salvini, che su questo, come sui salvataggi delle banche, la pensa all' opposto da lui. E dall' altro con gli ortodossi vicini a Roberto Fico, i quali non intendono perdonargli altre deviazioni dal programma del M5S e gli fanno sapere di non ritenersi responsabili per la tenuta dell' esecutivo: Giggino avvisato...
«La rinegoziazione del progetto è dentro al contratto di governo», dice il vicepremier per giustificare la mozione No-Tav approvata ieri nel consiglio comunale del capoluogo piemontese retto dai Cinque Stelle. Un voto che si è concluso con 23 favorevoli e 2 contrari e si è svolto in mezzo alla bagarre senza la sindaca Chiara Appendino, la quale ha preferito recarsi in viaggio a Dubai.
In realtà la formulazione del documento sottoscritto a maggio con la Lega è ambigua su questo argomento, come su ogni altro in cui i due partiti parlano lingue diverse. «Con riguardo alla linea ad Alta Velocità Torino-Lione», vi si legge, «ci impegniamo a ridiscuterne integralmente il progetto nell' applicazione dell' accordo tra Italia e Francia».
Secondo i grillini ciò significa l' addio all' infrastruttura.
Infatti, con l' ordine del giorno presentato a Torino, impegnano il sindaco a chiedere al governo di destinare alla «mobilità collettiva e sostenibile» tutti i fondi stanziati per la Torino-Lione. Nessuna «rinegoziazione» o «sospensione», insomma: i Cinque Stelle pretendono l' azzeramento del budget per l' alta velocità, cioè la morte del programma.
LETTURE DIVERSE Gli uomini di Salvini leggono quel passaggio del contratto in modo molto diverso. Fabrizio Ricca, che guida la pattuglia leghista nel consiglio comunale di Torino, spiega agli alleati nazionali che «nel contratto di governo si dice che occorre attendere l' analisi costi-benefici» e definisce l' ordine del giorno approvato ieri «una sceneggiata ideologica e inutile». E Giancarlo Giorgetti, sottosegretario alla presidenza del Consiglio, avverte che «tutta l' Italia deve avere il coraggio di fare tutte le opere che servono a rendere il Paese più moderno». Visioni opposte. Così, tanto per cambiare, i due partner di governo litigano.
Il problema è che Di Maio sa di non potere sbragare pure su questo, perché, se lo fa, i suoi se lo mangiano. Che l' aria si sia fatta pesante lo confermano le parole da lui pubblicate ieri mattina sul sito del movimento: un appello a tutti i Cinque Stelle a condividere le sue decisioni, con minaccia finale niente affatto velata: «Chi si sfila si prende questa responsabilità dinanzi ai cittadini e di questo dovrà renderne conto». Così si rivende il voto di ieri come un grande successo personale. «Bene la votazione del Consiglio comunale di Torino sul Tav!», scrive su Twitter.
«Presto io e Danilo Toninelli incontreremo il sindaco Chiara Appendino per continuare a dare attuazione al contratto di Governo».
RESA DEI CONTI Non sarà però un ordine del giorno approvato a Torino a decidere le sorti dell' opera più contestata d' Italia. Servirà una decisione a livello nazionale, per la quale Di Maio dovrà vedersela con Salvini.
E se per il grillino gli elettori di riferimento sono i No-Tav, gli interlocutori del segretario leghista sono le imprese, che in favore dell' opera stanno attuando una mobilitazione senza precedenti. Gli industriali di Unioncamere Piemonte accusano il M5S di «puntare su provvedimenti dalla concezione medioevale». Assieme ai sindacati, i presidenti delle associazioni d' impresa torinesi annunciano «iniziative di lotta» e il capo dell' Unione Industriale locale, Dario Gallina, prevede una nuova marcia «non dei quarantamila, ma dei centomila».
Il presidente di Confcommercio, Paolo Uggè, denuncia che «un' infrastruttura strategica è stata sacrificata, come irrazionale merce di scambio, per le beghe interne di un movimento politico». Un po' tardi, tutti costoro hanno capito che con i grillini non è possibile alcun dialogo. Con Salvini e i suoi, però, la questione è diversa. È sulla Lega che ora si concentrano le pressioni e le speranze degli imprenditori.
Le grandi opere e la modernizzazione del Paese da un lato, il salvataggio di un inguaiatissimo e disperato Di Maio, e dunque del governo, dall' altro: cosa sceglierà il ministro dell' Interno? Per un po' si andrà avanti con la foglia di fico dell'«analisi costi-benefici», utile solo a perdere tempo; terminata la manfrina, però, una decisione dovrà essere presa.