POTERI FORTI CONTRO POTERI FORTISSIMI! - IL PRESIDENTE DI TELECOM BERNABE’ SI SCAGLIA CONTRO LE “BIG FOUR” DEL WEB - “A AMAZON, GOOGLE, FACEBOOK E APPLE SONO PERMESSE ATTIVITÀ IMPENSABILI PER GLI OPERATORI DI TELEFONIA EUROPEI” - “LE SOCIETÀ INTERNET FATTURANO IN ITALIA DIVERSE CENTINAIA DI MILIONI DI EURO MA PAGANO LE TASSE IN UN ALTRO PAESE SENZA CREARE OCCUPAZIONE QUI DA NOI”…

Roberto Sommella per MF

La guerra fredda al Grande Fratello di internet è cominciata quando qualcuno in Europa ha aperto gli occhi sui numeri delle big four dello sfruttamento della rete: «In questi anni di crisi i quattro monopolisti che operano in rete, ossia Amazon, Google, Facebook e Apple, sono arrivati a capitalizzare mille miliardi di dollari contro i circa 200 miliardi di dollari di capitalizzazione delle società telefoniche europee, che occupano però 1,2 milioni di dipendenti».

A parlare è Franco Bernabè, uno dei primi in Italia ad aver fatto suonare il campanello d'allarme sull'uso sfrenato che gli operatori over-the-top (espressione che sintetizza le multinazionali «sopra tutto») fanno del web e dei suoi segreti.
Il presidente della Telecom da tempo va in giro dicendo che occorre trovare una soluzione allo strapotere di chi sfrutta a piacimento miliardi di informazioni, profilando i gusti di almeno mezzo miliardo di consumatori soltanto in Europa.

Ma trova, almeno in Italia, orecchie molto poco attente. Eppure a Palazzo Chigi c'è super-Mario Monti, quello che fece tremare Microsoft quando era commissario europeo. Bernabè fa un cenno di assenso stupito all'interlocutore di MF-Milano Finanza che gli chiede se pensa che almeno nel premier potrebbe trovare un interlocutore: «Sì, effettivamente Monti è una persona che conosce bene queste tematiche».

Altro non dice l'uomo che, assediato da temi cruciali come la separazione della rete dal colosso telefonico (qualcosa accadrà, ma a gennaio, ndr) o la vendita de La7, oggi sembra preoccupato solo dello strapotere di Google. Tanto che lo ha messo anche nero su bianco. A breve uscirà un bel pamphlet in cui il manager di Vipiteno delinea al meglio tutti i nodi sulla sicurezza, sulla privacy e sul mercato della rete.

Ma attenzione: sarebbe da ingenui pensare che Bernabè abbia scelto di abbracciare una campagna per la tutela dei dati personali per motivi filantropici, ben sapendo che solo Facebook, Twitter e Linkedin vantano e profilano (termine tecnico che si potrebbe decrittare in «scrutano», se non peggio) 1 miliardo di utenti.

È invece un dannatissimo problema di business. «Sottolineo due cose su cui riflettere: le società internet fatturano in Italia diverse centinaia di milioni di euro ma pagano le tasse in un altro Paese senza creare occupazione qui da noi. Secondo, le società che lavorano in rete possono profilare gli utenti internet e sono soggette a regole sensibilmente più flessibili di quelle vigenti in Europa. È giusto tutto ciò?».

La domanda è retorica, Bernabè un fiume in piena. «Francia e Germania stanno decidendo di far pagare le notizie a Google», aggiunge con in mano le bozze del suo saggio che tratta senza ipocrisie anche l'affaire Tavaroli (ora la sicurezza in Telecom è più garantita, non si può dire lo stesso per il web), «ma il dibattito sugli over-the-top e sul loro utilizzo della rete e dei dati è aperto in tutto il mondo, glielo posso assicurare come presidente dell'organizzazione internazionale degli operatori di telefonia mobile (Gsma).

L'utilizzo gratuito della rete e delle informazioni che veicola ha travolto il mercato della musica, messo in crisi quello dei film e degli eventi, sta mettendo in serio pericolo l'editoria e rappresenta un tema cruciale con cui fare i conti anche per noi operatori di telecomunicazione». In effetti, le società di tlc perdono ogni anno tra 5 e 10 miliardi di fatturato, a tutto vantaggio degli over-the-top, che si muovono indisturbati grazie anche a una legislazione molto benigna negli Stati Uniti e del tutto inefficace in Europa; qualcuno pensa anche che il laissez faire dell'amministrazione Obama sia da collegarsi all'atteggiamento compiacente dei servizi segreti americani, che dalla schedatura del popolo della Rete hanno evidentemente tutto da guadagnare.

Bernabè sorvola su questa tesi ma rincara la dose. «Agli over-the-top sono permesse, per questa asimmetria regolamentare tra Vecchio continente e Usa, attività impensabili per gli operatori di telefonia europei. I principali over-the-top statunitensi così verticalmente integrati non avrebbero potuto nascere in Europa e l'esistenza stessa di queste imprese deriva dalla normativa statunitense accondiscendente, alla quale nella maggioranza dei casi fanno riferimento anche quando offrono servizi ai cittadini europei».

La legge d'Oltreoceano aiuta invece di imbrigliare i suoi giovani colossi? «Google & C hanno modelli di business che si reggono e fanno profitti proprio grazie alla simbiosi della crescita con la normativa statunitense sulla privacy», è la risposta del presidente Telecom. Tanto per capirsi, il gigante di Mountain View nella primavera di quest'anno, con la scusa dell'innovazione, ha ridotto da 60 a uno i format riservati alla privacy, bypassando gli ultimatum e gli strali di Bruxelles.

A che cosa e a chi servono tutte queste informazioni? Bernabè sorride, sulla monetarizzazione dei dati liberi ha appunto scritto un libro, dove si legge che occorre anche tenere conto che esistono ragioni, per così dire, «strategiche», legate alla supremazia statunitense e alla deregulation del settore più vitale degli Usa. C'è infatti da chiedersi se esista un Grande Progetto a stelle e strisce di controllo del mercato Europa perché tutto sembra girare a favore di Google, Apple & C e contro i mezzi tradizionali di comunicazione. «Una canzone scaricata da i-Tunes costa come un giornale», chiosa amaro Bernabè. Qualcuno però ormai si oppone a questo gioco: è il momento di «rifondare Internet» rendendolo libero e più sicuro allo stesso tempo. Ora o mai più.

 

Franco Bernabègoogle-logoamazon logoZUCKERBERG NELLA PIAZZA ROSSA Tim Cooklogo apple

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