TIRA ARIA DI SCISSIONE: BERLUSCONI E’ RIUSCITO A SPACCARE IL PD

Goffredo De Marchis per "la Repubblica"

Tira aria di scissione. Dario Franceschini racconta che per aver detto che «l'avversario non si può scegliere» e che Berlusconi va riconosciuto «come il leader di 8 milioni di italiani» non ha ricevuto solo critiche «normali, legittime». Ha sentito invece «un rigurgito identitario dentro il Partito democratico, un posizionamento pericoloso che ci ha riporta indietro di 6 anni.

I diessini con i diessini, gli ex popolari con gli ex popolari spinti nel loro antico recinto. Sul mio blog ho visto ripetuta più volte, come un'offesa pesante, la parola "democristiano". Ora siamo attesi da prove difficili: l'elezione del Quirinale, la nascita di un governo. Tutto può precipitare».

L'ex capogruppo ha messo in piazza la sua preoccupazione durante una riunione della corrente Areadem, «una componente che tiene dentro me e Fassino, tutte le anime che hanno dato vita al Pd. Ma non è così per altre correnti». Per questo il «rischio scissione», spiega di fronte ai suoi interlocutori sorpresi, «esiste, è concreto. La tentazione di tornare ognuno nella propria casa, io la sento». A quel punto si alzano alcuni dirigenti locali e parlamentari, dicono che anche sul loro territorio vivono lo stesso problema. Il partito fatica a rimanere unito e le riunioni si svolgono in ordine sparso.

O, più precisamente, nell'ordine che esisteva prima del Pd. Che è anche peggio. Quello che è successo con la bocciatura di Renzi come grande elettore conferma le divisioni e la tensione. Il sindaco accusa in particolare «Bersani, D'Alema e Franceschini. Sono loro ad aver manovrato contro di me».

Tanto che l'incontro con l'ex presidente del Copasir, a lungo cercato dai due, adesso è in forse. D'Alema sarà a Firenze oggi pomeriggio, ma il sindaco gli ha fatto sapere che lui ha tempi stretti. In serata parte per Roma dove lo aspettano due nuovi momenti di battaglia: un'intervista al TgLa7 e Porta a porta. E anche lì non farà sconti, non userà la diplomazia.

I suoi parlamentari, ieri in Transatlantico, rilanciavano l'idea di una separazione col resto della truppa democratica, il progetto di una Cosa che nasce intorno a Renzi. Troppo forte lo smacco sul grande elettore. Non è la linea del sindaco, per ora. «Rimango a sinistra, rimango nel Pd».

Ma racconta che lo ha ferito una telefonata di Vasco Errani. «Non è giusto che tu vada a Roma», gli ha detto il governatore nella versione del sindaco. Renzi accusa Miro Fiammenghi di aver tramato alle sue spalle telefonando ai consiglieri regionali. Il fedelissimo di Bersani però lo sfida.

«Dice falsità, sono pronto a mostrargli i tabulati telefonici dei miei tre cellulari. Quando vuole facciamo un confronto all'americana». Ma la bufera non si placa nel mondo renziano. Nelle Marche oggi hanno scelto i grandi elettori silurando Vittoriano Sollazzi, presidente del consiglio regionale, candidato naturale alla platea della seduta parlamentare comune. È un renziano doc, ma il Pd gli ha preferito il capogruppo regionale. Un nuovo schiaffo.

A sinistra di Renzi sono guardate con sospetto le mosse di Stefano Fassina e Matteo Orfini, la loro marcia di avvicinamento o di fusione con Vendola. Persino la candidatura di Fabrizio Barca a entrare nel «gruppo dirigente» del Pd viene letta come una mossa che punta a spostare l'asse del partito verso Sel cioè verso la sinistra. Con un effetto che secondo alcuni rischia di spaccare il Pd.

E il rischio scissione non è certo un timore fantapolitico di Franceschini. Walter Veltroni ne ha parlato nella sua lettera a Repubblica. Il punto è che si avvicina il voto sul Quirinale. E Bersani, con tutta evidenza, dovrà pescare un nome o una rosa di nomi che vada bene a Berlusconi, ma che non provochi scossoni nel suo partito. Che sulla leadership del futuro ha già cominciato la resa dei conti.

 

DARIO FRANCESCHINI PIERLUIGI BERSANI BERSANI E DALEMA SBIRCIATINA ALLUNITA matteo renzi VASCO ERRANIWalter Veltroni

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