PRIMARIE FATTE A MAGLIE - TRUMP È IMBATTIBILE. L'UNICA SPERANZA DEI REPUBBLICANI È TENERE TUTTI I RIVALI IN GIOCO E FREGARLO ALLA CONVENTION. LO FECERO ANCHE CON REAGAN. NATURALMENTE PERSERO, E ALLE ELEZIONI SUCCESSIVE REAGAN DIVENNE IL PRESIDENTE PIÙ AMATO DAI CONSERVATORI - SE LO FANNO FUORI, PERDONO IL CONGRESSO
Maria Giovanna Maglie per Dagospia
DONALD TRUMP MOSTRA LE MANI E GARANTISCE SUL SUO PISELLO
Alla fine, altro che la battaglia durissima che la Fox, in procinto di mollare Rubio per passare a Trump come annunciato dal padrone Murdoch, voleva nel dibattito stra- annunciato del giovedì sera. Quel che rimane è Donald Trump che mostra le mani e dice: ” Sono piccole? Ok, ma vi assicuro che per il resto nessun problema”; quel che rimane è Marco Rubio, responsabile della battutaccia, che biascica, appare stanchissimo, e alla frase dell’avversario diventa rosso in faccia. La Cnn titola “Trump difende le misure del suo pene”.
DONALD TRUMP MOSTRA LE MANI E GARANTISCE SUL SUO PISELLO
Sono i risultati della guerra civile in atto nel Partito Repubblicano, e visti dall’ultimo dibattito in Michigan fanno solo ridere. C’era John Kasich, in lizza solo virtualmente, finché non vedrà come gli va nell’Ohio di cui è governatore, occhio a chi appoggerà dopo il 15 marzo, c’era il pupillo del partito, Marco Rubio, che non tira fuori un’idea che sia una neanche foraggiato a centinaia di milioni, c’era il terribile Ted Cruz, un autentico reazionario del primato religioso, altro che conservatore, e c’era lui, l’ineffabile clown che resta sempre in piedi, e più attacca le auree regole del sistema più elettrizza gli elettori.
L’ultima cavolata utilizzata dagli avversari interni e che circola nel mondo lo vuole colpevole di aver finanziato i democratici tutti, da Ted Kennedy alla Clinton fino al 2013, pensa che notiziona che un imprenditore finanzia tutti per tenerseli buoni, insieme all’altro pseudo scandalo che lo vuole simpatizzante democratico fino a qualche tempo fa, iscritto al partito repubblicano “solo” dal 2009, quindi unfit alla nomination.
Peccato che la colpa valga anche per il mitico Ronald Reagan, figlio di un rooseveltiano fervente, e lui pure, alla moda di Hollywood, attivista democratico e fanatico del New Deal, fino al 1962, cioè a 51 anni. Di questi attacchi Trump se ne frega, anzi li utilizza per le sue smargiassate, come dargli torto.
A confronto con i candidati avversari, l’unico che lo ha attaccato con una certa efficacia è Mitt Romney, che si propone come grande saggio del partito, e ha messo tutti sull’avviso dall’affidare la nazione più importante del mondo a uno che non ha alcuna esperienza di governo. Ma se Donald Trump risponde che Romney è uno sfigato, un perdente nato, di nuovo come dargli torto, visto che ha perso le primarie nel 2008 e le elezioni nel 2012?
I sussurri lo vogliono pronto a candidarsi. Ancora una volta. Trump giustamente ride. Sono furibondi invece i fratelli Koch, che hanno stanziato più o meno un miliardo di dollari dal quartier generale delle loro mega industrie di Wichita in Kansas con la Freedom Partners.
Marco Rubio è il loro prescelto, nonostante le loro idee di repubblicani libertari su fisco, immigrazione, welfare e controlli ambientali assomiglino molto a quelle di Trump, che però gli ha appena fatto il dispetto di annunciare che da presidente farebbe delle modifiche alla riforma della sanità di Obama, ma non la cancellerebbe.
sostenitori di trump con il cartello hillary joker
Il punto è un altro: più e prima ancor anche il presidente, ai grandi finanziatori interessa il controllo di Camera e Senato, una maggioranza che il Gop ha fatto fatica a riconquistare, e che il ciclone Trump potrebbe danneggiare. Ma anche qui si naviga più fra timori di eventi sconosciuti che tra certezze, perché l’esercito di Trump potrebbe al contrario rafforzare il partito anche al Campidoglio, o al contrario disertare se il loro candidato verrà fatto fuori dal sistema. Si naviga a vista, in attesa di una valanga di negative campaign sul bugiardo, razzista, imbroglione, e soprattutto in attesa delle primarie del 15 marzo.
chris christie sostiene donald trump
L’unica minaccia vera che per il momento il Gop ostile al miliardario newyorchese sembra riuscire a mettere in atto è quella di incoraggiare i contendenti a restare tutti in lizza, dopo averli inutilmente pregati di ritirarsi e convergere su Rubio, per riuscire almeno a diminuire i numeri con i quali Trump arriverà alla convention, e organizzare con meno difficoltà una convention farlocca, la brokered convention.
Per capirci, senza un candidato con la maggioranza dei delegati, e quindi incapace di vincere alla prima chiamata al voto, la nomination è assegnata dopo contrattazioni e votazioni che possono durare diverse ore, con i delegati popolari non più tenuti a votare per un determinato candidato, secondo le regole delle primarie dello Stato in cui sono stati eletti. Se Trump dovesse arrivare alla convention di Cleveland con un numero significativo di delegati, ma senza una maggioranza, l'establishment del partito potrebbe tramare per fregarlo.
Quasi il 20 per cento dei delegati è composto dai cosiddetti superdelegati, ovvero membri del Congresso, governatori, ex presidenti e alti esponenti del partito che partecipano alla convention e sono liberi di votare per chi vogliono. Non si fa praticamente mai, l 'ultima volta che il partito repubblicano arrivò alla convention senza un candidato con la maggioranza risale al 1976, il presidente Gerald Ford contro Ronald Reagan. Finì con la vittoria di Jimmy Carter, ovvero col suicidio riuscito delle elezioni.
Oggi è peggio, la divisione interna del partito, iniziata con le organizzazioni populiste di base del Tea party e con gli integralisti religiosi nemici della separazione dei poteri, è esplosa con il richiamo dell’uomo che offre il petto al vecchio sistema. Eppure il punto di crisi maggiore del Gop coincide con il boom di elettori repubblicani alle primarie, accompagnato dal calo dei democratici. Solo al super Tuesday hanno votato il 66 per cento in più di repubblicani, il 31 per cento in meno di democratici. La puoi girare come ti pare la frittata del politically correct, è #effettoTrump.