SEMBRAVA UN ALLOCCO, E INVECE IL PRINCIPE CARLO È STATO AUTORE DI 27 LETTERE INVIATE AI MINISTRI DI BLAIR PER INDIRIZZARE LA POLITICA SECONDO I SUOI ILLUSTRI PARERI - ORA CHE IL “GUARDIAN” ERA RIUSCITO A OTTENERE L’AUTORIZZAZIONE A PUBBLICARLE, IL MAGISTRATO DELLA CORONA BLOCCA TUTTO: “I CONTENUTI FRANCHI DELLE MISSIVE SONO UNA MINACCIA AL SUO FUTURO RUOLO DI RE”...
Fabio Cavalera per il "Corriere della Sera"
Il «ragno nero» ha colpito 27 volte. L'arma che ha usato è una lettera dai toni un po' troppo invadenti, ultimativi in certi casi: o è così o è così. Come dire: impossibile non tenere conto di ciò che dico io, l'ultima parola spetta a me. E le sue «vittime» sono state i poveri ministri del governo laburista di Tony Blair, qualche anno fa. Sembravano così «rivoluzionari», questi ministri. Eppure, il più delle volte davanti al «ragno nero» non avevano altro che da piegare la testa.
Già . Il «ragno nero»: Sua altezza reale il principe di Galles, Carlo il futuro monarca. Gli avevano appiccicato addosso questo nomignolo per via della sua scrittura scarabocchiata che a Downing Street e dintorni avevano imparato a conoscere. Quando sul tavolo del premier o di qualche dipartimento arrivava una questione che al primo erede Windsor stava particolarmente a cuore lui non esitava a intervenire e a indirizzare, per quanto possibile, le decisioni. Un comportamento poco rispettoso delle norme costituzionali che impongono alle regine (Elisabetta è molto ligia) e ai re di stare a Buckingham Palace, di farsi informare su come funzionano le questioni della politica e dell'amministrazione ma qui fermarsi.
La storia delle invasioni di campo del «ragno nero» è lunghissima, solo che adesso si è venuti al dunque. E il guaio è che sul più bello, nel momento in cui si era pensato di pubblicare e dimostrare i ripetuti interventi di Carlo a supporto dei suoi pensieri sui svariati temi che all'epoca erano all'ordine del giorno (ambiente, architettura, business, arte, servizio sanitario e via discorrendo) è arrivato l'alt.
La motivazione è imbarazzante: l'Attorney General, il magistrato della Corona più alto in grado (lo nomina la maggioranza di governo) ha posto il veto in quanto quelle lettere, che sono la prova della attività di lobbying esercitata con eccessiva disinvoltura dal principe, rappresentano una «minaccia» al suo futuro «ruolo di re». Insomma, se i contenuti «particolarmente franchi» (per usare il linguaggio persino umoristico dell'Attorney General) fossero divulgati ciò colpirebbe al cuore l'immagine delle consolidate tradizioni istituzionali.
à storia del Regno Unito: i sovrani, compresi i familiari stretti e lontani, devono starsene alla larga dalla politica, avranno pure le loro simpatie e le loro preferenze in materia, andranno più d'accordo con uno o con l'altro dei primi ministri, ma ufficialmente sono «neutrali». E «neutrali» significa anche non occuparsi degli affari correnti, per miseri o grandi che siano. Carlo, sicuramente in buona fede, ha finto di dimenticare che cosa impongono le vecchie leggi britanniche.
Era stato il Guardian, la bellezza di sette anni fa, a sollevare la questione. Un tira e molla estenuante. Con i Windsor in difesa a cercare di evitare che il carteggio riservato del «ragno nero» (le 27 lettere che sono rimaste protocollate negli archivi) venisse consegnato alla stampa.
Al Guardian non sono abituati ad abbassare la guardia, quindi hanno tenuto alta la pressione invocando il diritto di conoscere e di informare il pubblico sulle missive recapitate fra l'1 settembre 2004 e l'1 aprile 2005 ai ministeri delle Attività produttive, della Sanità , dell'Educazione, dell'Ambiente, della Cultura, dell'Irlanda del Nord e all'ufficio di gabinetto di Downing Street. Carlo scriveva, eccome: 7 dipartimenti aveva nel «mirino».
Finalmente, un mese fa, tre giudici avevano sentenziato che c'è un «fortissimo pubblico interesse» a conoscere per filo e per segno gli «scarabocchi» del «ragno nero». Tutto era pronto. Ma l'Attorney General si è messo di traverso. Lì, in quelle missive, «ci sono le convinzioni più profonde di Carlo», meglio evitare di diffonderle. «Contengono commenti su affari pubblici». Per cui è scattato il veto. Carlo non rischiava la faccia, rischiava il suo futuro di re. Un re impiccione non è ammesso.
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