IL SONNO DELLA NORVEGIA GENERA MOSTRI? - IL PROCESSO A BREIVIK HA MESSO IN CRISI IL “MODELLO SCANDINAVO” BASATO SU TOLLERANZA, SENSO CIVICO E RISPETTO - SONO IN MOLTI A CHIEDERSI SE IL NAZI-KILLER SIA UN’ANOMALIA, UN PAZZO ISOLATO, O IL SEGNALE CHE L’OTTIMO SISTEMA SOCIALE NORDICO STIA SCRICCHIOLANDO SOTTO I COLPI DELLA CRISI ECONOMICA, DEL MULTICULTURALISMO E DI QUELLE IDEOLOGIE ESTREME CHE HANNO SPINTO IL MOSTRO DI UTOYA AD ISPIRARSI AD AL QAEDA E A CERCARE IL MARTIRIO…

Andrea Malaguti per "la Stampa"

Ha una voce nasale, sottile, l'assassino di Oslo e di Utoya.Il fiato corto di chi non ha energie neppure per schiacciare una formica. Il faccione largo incorniciato da una barbetta un po' ridicola, la giacca che cade male sulle spalle. È goffo, impacciato, apparentemente incapace di tutto, ma oggi, nell'aula 205, è chiamato a spiegare perché ha sterminato 77 persone.

Otto con una bomba nella capitale,69,una dopo l'altra, premendo il grilletto del suo fucile automatico sull'isola dei giovani laburisti. Chi è davvero Anders Behring Breivik? Un'anomalia del sistema, un pazzo isolato, o la spia di un'organizzazione sociale che comincia a non reggere più, trascinata nel pozzo nero dello scontro di civiltà da ideologie sempre più estreme? E se crolla il modello scandinavo come si salva l'Occidente?

Sono troppi i fantasmi che si agitano su questo processo nel giorno in cui il Mostro prende la parola. È un uomo scivoloso, viscido, che fa paura. I parenti delle vittime lo fissano con disgusto. Lui li ignora come se fossero solo stupidi pesci dentro un acquario.«Sono un rivoluzionario, il mio è stato il più sofisticato e spettacolare attacco portato da un nazionalista dalla fine della seconda guerra mondiale. Rifarei tutto», dice leggendo un documento di tredici pagine preparato nella sua cella extralusso.

Il giudice Elizabeth Arntzen fa spegnere le telecamere. È impossibile non ascoltarlo, sarebbe assurdo consentirgli di impancarsi e di fare propaganda omicida. «Non mi muovono forze del male, ma del bene. Un giorno lo capirà chiunque». Ha ripreso colore. Forza. Non soffia più parole incomprensibili da una bocca impastata. Ha un'aria da gangster di Chicago che volteggia freddo sulle sedie da barbiere riempite con il sangue del boss della banda rivale. «C'erano ragazze fidanzate con giovani musulmani, ho agito per difendere l'etnia norvegese».

Un padre si alza di scatto. La moglie lo prende per un braccio. Lo stringe. Lui piange. La Arntzen interrompe l'udienza, nel pomeriggio tocca all'accusa interrogare il Mostro. «Sono come la bomba atomica americana su Hiroshima. Ha fatto 300mila morti. Ma ha fermato la guerra. Mi sono ispirato ad Al Qaeda. Combatto come loro. Il mio è un richiamo alle armi, al martirio». Paragona i ragazzi di Utoya alla gioventù hitleriana, irride gli psichiatri che gli hanno dato del pazzo. «Hanno scritto che sono un narcisista. Fesserie. Non ho mai pensato a me. Solo alla Norvegia. Era un attacco suicida. Non pensavo di uscirne vivo. Altro che narcisismo». Dov'è infilata l'anima in questo grassoccio serpente dal volto umano?

 

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