marta cartabia magistrati toghe giudici

LA PROVA CHE LA RIFORMA CARTABIA VA NELLA GIUSTA DIREZIONE? NON PIACE ALLE TOGHE! – IL CSM VA ALLO SCONTRO LA GUARDASIGILLI E VARA A TEMPO DI RECORD UN PARERE IN CUI STRONCA LA RIFORMA: “IMPATTO NEGATIVO, A RISCHIO TROPPI PROCESSI” – L’INCOSTITUZIONALITÀ NON È ESPRESSAMENTE CONTESTATA, MA VIENE EVOCATA DALLE TOGHE, CHE NON PARLANO DI AMNISTIA SOLO PER “FAIR PLAY” (MA LA SOSTANZA È QUELLA)

Giuseppe Salvaggiulo per "la Stampa"

 

MARTA CARTABIA

Era dai tempi di Berlusconi che al Consiglio superiore della magistratura non si registravano rapporti così tesi con un ministro della Giustizia. Sebbene non richiesto (il che, già di per sé, viene considerato uno «sgarbo istituzionale»), il parere del Csm sulla riforma Cartabia è pronto. A tempo record la sesta commissione l'ha elaborato e depositato, per poter votarlo in plenum la prossima settimana.

Consiglio Superiore della Magistratura

 

L'esito è scontato: la contrarietà alla riforma è quasi unanime, sia tra i membri togati che tra i laici. Al di là dei tecnicismi, nel Csm si pensa l'impatto politico del parere, considerato «una netta stroncatura». In una trentina di pagine, il testo si concentra sulla prescrizione, evidenziando «una serie di criticità» sia sul piano giuridico che su quello operativo. L'incostituzionalità non è espressamente contestata, ma evocata con riferimento a due parametri.

 

david ermini

Il principio di obbligatorietà dell'azione penale, vanificato dall'impossibilità di portare a termine tutti i processi per la tagliola dell'improcedibilità in appello. E quello di ragionevole durata del processo. Presentato come obiettivo del governo, ma malinteso: la riforma dispone in modo imperativo una «ragionevole durata» per gradi di giudizio (due anni in appello, uno in Cassazione), con l'effetto paradossale e irragionevole di consentire una durata anche molto differente dei processi di primo grado a parità di reato.

alfredo mantovano

 

Sul piano tecnico, le critiche sono diverse. Non piace che la dilatazione dei tempi processuali in appello (fino a tre anni) e Cassazione (fino a 18 mesi) sia consentito per tipologie di reato. Un criterio rigido e inadeguato; piuttosto, dovrebbe essere tarata sulle caratteristiche di ciascun processo: numero di imputati, carichi di lavoro concreti, complessità probatoria.

 

mario draghi marta cartabia

«Una perizia su una bancarotta può richiedere almeno un anno», ha spiegato nell'audizione parlamentare il giudice, ed ex politico, Alfredo Mantovano. Non convince inoltre la disciplina del regime transitorio nell'entrata in vigore delle nuove regole, così come la «scarsa aderenza alla realtà» dei tempi medi di trattazione dei processi nelle diverse Corti d'appello.

 

fulvio gigliotti

L'ufficio studi ha consegnato alla commissione i dati drammatici della «geografia territoriale»: nove distretti su 26 superano la media di due anni in appello; Bari, Reggio Calabria, Venezia, Roma e Napoli (che rappresentano circa metà del carico giudiziario complessivo) superano i mille giorni. Dunque, sostiene la commissione, la riforma Cartabia «condanna all'estinzione» un gran numero di processi.

mario draghi marta cartabia 1

 

La parola amnistia, evocata da molti magistrati nei giorni scorsi, non viene usata per fair play, ma la sostanza è quella. «Riteniamo negativo l'impatto della norma», dice il presidente della commissione Fulvio Gigliotti, docente di diritto privato a Catanzaro (dove è stimato, tra l'altro, dal procuratore Gratteri), eletto dal Parlamento su indicazione del M5S. Il parere è stato votato in commissione da 4 membri su 6.

 

Astenuti il docente e avvocato penalista milanese Alessio Lanzi (quota Forza Italia) e la giudice Loredana Micciché della corrente conservatrice Magistratura Indipendente. Lanzi considera la riforma «non entusiasmante ma il male minore per superare il processo eterno introdotto da Bonafede».

 

Loredana Micciche

La Micciché non gradisce «alcuni passaggi stilistici del parere, ma condivido l'approccio critico». Distinguo lessicali a parte, il plenum si annuncia un fuoco di fila. La riforma è riuscita a compattare una magistratura per il resto dilaniata. Anche i settori più disponibili l'hanno scaricata, come dimostra un editoriale di Questione Giustizia, rivista di Magistratura Democratica.

 

Perplessità trapelano anche dalla commissione Lattanzi, istituita dalla Cartabia ma largamente sconfessata. Oltre che da chat e mailing list, il clima arroventato è testimoniato dal dibattito ieri al Csm su un tema minore: la commissione sui tribunali del Sud. Voluta dalla ministra ignorando il Csm, salvo chiedere l'autorizzazione a coinvolgere alcuni magistrati. A nulla è valso il tentativo di ricucire del vicepresidente David Ermini: è passata, evitando un ceffone istituzionale, solo grazie a massicce e provvidenziali astensioni.

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