IL FRANCHISING DEL TERRORE - AL QAEDA, DOPO LA MORTE DI BIN LADEN, È ORMAI PIÙ UN’IDEOLOGIA CHE UNA VERA E PROPRIA ORGANIZZAZIONE - DALLA PRIMA ALLA QUARTA FASE DELLA SUA STORIA IL NUCLEO CHE ORA FA CAPO AD AL ZAWAHIRI HA PERSO IL RUOLO-GUIDA - GRUPPI AUTONOMI DI JIHADISTI E SINGOLI “CANI SCIOLTI” UTILIZZANO IL “BRAND” MA, COME A BENGASI, AGISCONO AUTONOMAMENTE - IL CONSENSO TRA LE POPOLAZIONI È IN CALO…

Articolo di Jason Burke pubblicato da "la Repubblica" (Traduzione di Anna Bissanti)

Se c'è stata una costante nelle lunghe, sanguinarie e confuse guerre alle quali abbiamo assistito dagli attentati dell'11 settembre 2001 in poi, è una semplice domanda: che cos'è Al Qaeda? All'indomani della morte dell'ambasciatore americano in Libia nel corso di un attentato perpetrato a quanto sembra da militanti ben organizzati che hanno preso a pretesto una manifestazione contro un film anti-islamico, torniamo a porci la stessa domanda. Ma la risposta, come sempre, è complessa.

Non esiste un'unica Al Qaeda e i numerosi e disparati elementi che la compongono si trasformano anch'essi con eccezionale rapidità. Qualsiasi descrizione del fenomeno rischia pertanto di diventare subito obsoleta. L'unica cosa che possiamo sperare è che un'istantanea della sua natura in un momento preciso ci aiuti a spiegare eventi come quelli accaduti a Bengasi.

Attualmente è in corso la quarta fase dell'esistenza di Al Qaeda. La prima fu quella nella quale nel 1988 Osama bin Laden e un gruppo di attivisti militanti fondarono il gruppo in Pakistan. Scopo del gruppo era indurre le varie fazioni dei militanti arabi impegnati a livello locale a combattere contro i sovietici e le loro milizie ausiliarie in Afghanistan a unire le loro forze per nuove campagne da combattere altrove. In quel periodo, il gruppo era poco noto sia agli altri militanti coinvolti nel più ampio movimento dell'estremismo violento sunnita sia ai servizi occidentali.

La seconda fase è durata, quasi certamente, dal 1998 al 2005. In quel periodo Al Qaeda, come organizzazione terroristica, ha raggiunto l'apice della sua forza. Bin Laden è stato in grado di dare il via a una serie di attentati spettacolari da un nascondiglio sicuro in Afghanistan e poi, anche quando quel nascondiglio è andato perduto, di continuare a portare distruzione in luoghi come Madrid e Londra per mezzo della pura ispirazione ideologica. Scopo principale di questi attentati era dare vita a un sostegno di massa. Gli attentati, propaganda con i fatti, puntavano a mobilitare le masse musulmane.

La terza fase è durata dal 2005 fino a tempi relativamente recenti. In questo periodo qualsiasi supporto popolare nei confronti di Al Qaeda è venuto meno man mano che sempre più comunità - nell'Iraq occidentale, in Giordania, in Arabia Saudita, in Turchia, in Indonesia e altrove - sono andate riconoscendo ciò che l'ideologia e i metodi del gruppo comportavano. Ovunque ci fossero episodi di violenza o i militanti cercassero di instaurare un loro regime, la gente normale se ne allontanava. Ciò, sommato al perfezionamento delle strategie antiterrore, ha iniziato a minarne fatalmente il potere.

La quarta fase nella quale ci troviamo oggi potrebbe essere definita la fase post-Al-Qaeda. Bin Laden è morto, la maggior parte dei suoi seguaci più intimi è scomparsa o è in carcere. Il "nucleo" del gruppo è a stento capace di difendersi. La corrispondenza scoperta nel nascondiglio in Pakistan di Bin Laden ci rivela un'organizzazione a corto di soldi, svigorita da problemi di disciplina e di divergenze ideologiche. Le autorità britanniche descrivono la leadership di Al Qaeda come "svuotata" dagli attacchi portati a segno dai droni, senza che al comando sia rimasta nessuna personalità significativa, a eccezione di Ayman al Zawahiri, l'abile leader egiziano per altro del tutto privo di carisma.

Quando il nucleo si è indebolito, la precaria unione creata da uomini come Bin Laden si è sgretolata. Adesso, benché vi siano ancora numerosi "gruppi affiliati" - come
Al Qaeda nello Yemen, in Iraq o nel Maghreb - tutti agiscono in buona parte in modo indipendente. Ci sono poi i "cani sciolti", singoli individui che possono rivelarsi imprevedibili, ma rappresentano una minaccia di gran lunga inferiore.

Il fenomeno Al Qaeda è stato efficacemente ripartito in tre componenti: la leadership intransigente, i network e l'ideologia. Con una leadership così sfibrata, i network e l'ideologia fluttuano liberamente, attratti là dove una particolare situazione si presta alla violenza. Di conseguenza, negli ultimi mesi ci sono stati episodi cruenti nella Nigeria settentrionale, nel Sinai, nel Sahel, in Iraq, nello Yemen e naturalmente in Siria, dove le atrocità tuttora in corso hanno offerto ad Al Qaeda un'occasione, e a coloro che condividono l'ampia agenda e l'ideologia del gruppo una nuova opportunità per lanciare una testa di ponte nel cuore del Medio Oriente.

Ma poco di tutto ciò coinvolge direttamente Al Zawahiri e i suoi più stretti collaboratori. In verità, a Londra e a Washington gli analisti delle intelligence al momento si stanno concentrando sulla minaccia rappresentata dai gruppi regionali e sul rischio che si alleino tra loro, senza passare tramite alcun intermediario. Alla Casa Bianca o nelle capitali europee sono in pochi a dirsi ancora favorevoli a soluzioni universali e globali, o a criteri che erano tanto popolari una decina di anni fa. Oggi, al contrario, assumono rilevanza i fattori locali. E altrettanto vale per i militanti.

E ciò ci riporta a Bengasi. Subito dopo la morte dell'ambasciatore, molti commentatori negli Stati Uniti e altrove hanno puntato il dito contro "Al Qaeda", senza per altro definire con precisione di chi stessero parlando. Al Qaeda è presente in Libia orientale. Sappiamo che Al Zawahiri l'anno scorso ha inviato nel Nord dell'Africa alcuni militanti veterani perché si unissero ai militanti locali.

Ma quasi tutti gli eventi più recenti sono opera di gruppi locali. Bengasi e la città di Derna in particolare avevano costituito un fertile terreno per reclutare buona parte delle molte leve dell'ormai scomparso Gruppo libico islamico combattente e in seguito dei volontari che hanno combattuto in Iraq. L'anno scorso si è costituita una sfilza di nuovi network. Benché queste reti non siano direttamente collegate ad al-Qaeda, secondo Noman Benotman - ex militante, oggi analista - può anche darsi che in futuro aspirino a entrare a farne parte.

Lo scenario più probabile per l'assassinio dell'ambasciatore americano, pertanto, non vede coinvolta Al Qaeda direttamente, bensì gruppi sciolti che si ispirano a un'ideologia simile, forse privi dell'ambizione di dimostrare quanto valgano, pronti però a sfruttare il caos delle dimostrazioni in corso per lanciare un attacco per altro già pianificato.

Quanto è accaduto a Bengasi ci offre dunque un esempio perfetto di quello che potremmo aspettarci in futuro: gruppi locali che sfruttano situazioni contingenti per colpire, senza preavviso e con effetti letali. Più che dal comando supremo di Al Qaeda, ormai molto indebolito, dipenderà dai policymaker in Occidente decidere se questi incidenti avranno o meno ripercussioni globali.

 

OSAMA BIN LADENNoman Benotman9 binladen tvosama binladen x002Osama BinladenAL ZAWAHIRI E BIN LADEN Ayman al Zawahiri I CAPI DI AL QAEDA AL QAEDAABU AL LIBI NUMERO DUE DI AL QAEDA

Ultimi Dagoreport

woody allen ian bremmer la terrazza

FLASH! – A CHE PUNTO E' LA NOTTE DELL’INTELLIGHENZIA VICINA AL PARTITO DEMOCRATICO USA - A CASA DELL'EX MOGLIE DI UN BANCHIERE, SI È TENUTA UNA CENA CON 50 OSPITI, TRA CUI WOODY ALLEN, IMPEGNATI A DIBATTERE SUL TEMA: QUAL È IL MOMENTO GIUSTO E IL PAESE PIÙ ADATTO PER SCAPPARE DALL’AMERICA TRUMPIANA? MEGLIO IL CHIANTISHIRE DELLA TOSCANA O L’ALGARVE PORTOGHESE? FINCHE' IL POLITOLOGO IAN BREMMER HA TUONATO: “TUTTI VOI AVETE CASE ALL’ESTERO, E POTETE FUGGIRE QUANDO VOLETE. MA SE QUI, OGGI, CI FOSSE UN OPERAIO DEMOCRATICO, VI FAREBBE A PEZZI…”

meloni musk trump

DAGOREPORT – TEMPI DURI PER GIORGIA - RIDOTTA ALL'IRRILEVANZA IN EUROPA  DALL'ENTRATA IN SCENA DI MACRON E STARMER (SUBITO RICEVUTI ALLA CASA BIANCA), PER FAR VEDERE AL MONDO CHE CONTA ANCORA QUALCOSA LA STATISTA DELLA GARBATELLA STA FACENDO IL DIAVOLO A QUATTRO PER OTTENERE UN INCONTRO CON TRUMP ENTRO MARZO (IL 2 APRILE ENTRERANNO IN VIGORE I FOLLI DAZI AMERICANI SUI PRODOTTI EUROPEI) - MA IL CALIGOLA A STELLE E STRISCE LA STA IGNORANDO (SE NE FOTTE ANCHE DEL VOTO FAVOREVOLE DI FDI AL PIANO “REARM EUROPE” DI URSULA). E I RAPPORTI DI MELONI CON MUSK NON SONO PIÙ BUONI COME QUELLI DI UNA VOLTA (VEDI IL CASO STARLINK), CHE LE SPALANCARONO LE PORTE TRUMPIANE DI MAR-A-LAGO. PER RACCATTARE UN FACCIA A FACCIA CON "KING DONALD", L'ORFANELLA DI MUSK (E STROPPA) E' STATA COSTRETTA AD ATTIVARE LE VIE DIPLOMATICHE DELL'AMBASCIATORE ITALIANO A WASHINGTON, MARIANGELA ZAPPIA (AD OGGI TUTTO TACE) - NELLA TREPIDANTE ATTESA DI TRASVOLARE L'ATLANTICO, OGGI MELONI SI E' ACCONTENTATA DI UN VIAGGETTO A TORINO (I SATELLITI ARGOTEC), DANDO BUCA ALL’INCONTRO CON L'INDUSTRIA DELLA MODA MILANESE (PRIMA GLI ARMAMENTI, POI LE GONNE)... 

davide lacerenza giuseppe cruciani selvaggia lucarelli

TE LO DÒ IO IL “MOSTRO”! – SELVAGGIA LUCARELLI, CHE SBATTE AL MURO GIUSEPPE CRUCIANI, REO DI ESSERE NIENT’ALTRO CHE IL “MEGAFONO” DI LACERENZA, DIMENTICA CHE L’AUTORE DEL PRIMO ARTICOLO CHE HA PORTATO ALLA RIBALTA LE NEFANDEZZE DELLO SCIROCCATO DELLA GINTONERIA E’ PROPRIO LEI, CON UNA BOMBASTICA INTERVISTA NEL 2020 SULLE PAGINE DI T.P.I. (“LA ZANZARA” ARRIVA SOLO NEL 2023) – POI TUTTI I MEDIA HANNO INZUPPATO IL BISCOTTO SULLA MILANO DA PIPPARE DI LACERENZA. IVI COMPRESO IL PALUDATO “CORRIERE DELLA SERA" CHE HA DEDICATO UNA PAGINATA DI INTERVISTA AL "MOSTRO", CON VIRGOLETTATI STRACULT (“LA SCOMMESSA DELLE SCOMMESSE ERA ROMPERE LE NOCI CON L’UCCELLO, VINCEVO SEMPRE!”) - ORA, A SCANDALO SCOPPIATO, I TRASH-PROTAGONISTI DELLE BALORDE SERATE MILANESI SPUNTANO COME FUNGHI TRA TV E GIORNALI. SE FILIPPO CHAMPAGNE È OSPITE DI VESPA A “PORTA A PORTA”, GILETTI RADDOPPIA: FILIPPO CHAMPAGNE E (DIETRO ESBORSO DI UN COMPENSO) LA ESCORT DAYANA Q DETTA “LA FABULOSA”… - VIDEO

andrea scanzi

DAGOREPORT - ANDREA SCANZI, OSPITE DI CATTELAN, FA INCAZZARE L’INTERA REDAZIONE DEL “FATTO QUOTIDIANO” QUANDO SPIEGA PERCHÉ LE SUE “BELLE INTERVISTE” VENGONO ROVINATE DAI TITOLISTI A LAVORO AL DESK: “QUELLO CHE VIENE CHIAMATO IN GERGO ‘CULO DI PIETRA’ È COLUI CHE NON HA SPESSO UNA GRANDE VITA SOCIALE, PERCHÉ STA DENTRO LA REDAZIONE, NON SCRIVE, NON FIRMA E DEVE TITOLARE GLI ALTRI CHE MAGARI NON STANNO IN REDAZIONE E FANNO I FIGHI E MANDANO L'ARTICOLO, QUINDI SECONDO ME C'È ANCHE UNA CERTA FRUSTRAZIONE” - “LO FANNO UN PO’ PER PUNIRMI” - I COLLEGHI DEL “FATTO”, SIA A ROMA CHE A MILANO, HANNO CHIESTO AL CDR DI PRENDERE INIZIATIVE CONTRO SCANZI - CHE FARA’ TRAVAGLIO? - LE SCUSE E LA PRECISAZIONE DI SCANZI - VIDEO!

roberto tomasi – andrea valeri blackstone – gianluca ricci macquarie – scannapieco – salvini autostrade

DAGOREPORT - DUE VISIONI CONTRAPPOSTE SUL FUTURO DI AUTOSTRADE PER L’ITALIA (ASPI) SI SONO CONFRONTATE AL CDA DI QUESTA MATTINA. DA UNA PARTE CDP (51%), DALL’ALTRA I FONDI BLACKSTONE (24,5%) E MACQUARIE (24,5%). IN BALLO, UN PIANO CHE HA COME PRIORITÀ LA MESSA IN SICUREZZA DELLA RETE AUTOSTRADALE. ALLA RICHIESTA DEI DUE FONDI DI VARARE UN SOSTANZIOSO AUMENTO DELLE TARIFFE, CHE PORTEREBBERO A UNA IMPENNATA DEI PREZZI SU OGNI GENERE DI MERCI E UN TRACOLLO DI CONSENSO PER IL GOVERNO MELONI, OGGI IN CDA CDP HA RISPOSTO CON UN CALCIONE DECIDENDO CHE NON SARANNO PIÙ DISTRIBUITI DIVIDENDI PARI AL 100% DELL’UTILE: PER L'ESERCIO 2024 SI LIMITERANNO AL 60% - CHE FINE FARA' IL CEO ROBERTO TOMASI?