QUIRINAL PARTY – GENTE CHE S’OFFRE E GENTE CHE TACE – DA CHIAMPARINO CHE AL QUIRINALE “CI ANDREBBE DI CORSA”, ALLA BOLDRINOVA CHE “IL PAESE È PRONTO PER UNA DONNA” – GRASSO E VELTRONI SI CUCIONO LA BOCCA E PRODI SMENTISCE SEMPRE MA INTANTO IL SUO NOME CIRCOLA ECCOME

Luca De Carolis per il "Fatto Quotidiano"

 

laura boldrinilaura boldrini

Mi si nota di più se parlo e poi me ne sto in disparte, o se non parlo per niente? Parafrasando un Nanni Moretti d’annata, è questo il dubbio dei dubbi per la folla di candidati veri e presunti al Quirinale. Incerti se inseguire copertine e telecamere, oppure se stare sott’acqua in attesa degli eventi, fedeli all’antico adagio: “Chi entra papa esce cardinale”. Ma la scaramanzia non è roba per Laura Boldrini.

 

La presidente della Camera è stata netta: “Il Paese è pronto per avere un presidente della Repubblica donna. In Italia ci sono donne autorevoli, con storie significative, ed è giusto che possano essere candidate”. A voler essere birichini, pare che manchi solo la postilla: si consiglia giornalista di 53 anni, con lungo curriculum internazionale (Onu), per ora terza carica dello Stato. Ma i bookmaker di Betpassion, già operativi con le quote per il Colle, la danno bassina: 50 volte la posta.

ROBERTA PINOTTI ROBERTA PINOTTI

 

Altra storia con Roberta Pinotti, ministro della Difesa, dem convertita al renzismo. La quotano a 5, prima delle donne in teorica lizza. E si capisce. Il suo nome rimbomba dalla scorsa primavera: e lei, genovese, 53 anni, non si è certo adontata. Il primo agosto, intervistata da Gente, rifletteva così: “Una donna al Quirinale non sarebbe male, ma non ci si sente mai pronti per cose come questa: se poi succedono, uno prova a gestirle”.

 

Anna Finocchiaro Anna Finocchiaro

SE QUESTA è una smentita, Renzi è un bolscevico. Nelle ultime settimane però Pinot-ti ha cominciato a negare, come vuole il galateo dei Palazzi (P maiuscola). “Io al Colle? Chiacchiere giornalistiche, non ci ho mai pensato” assicurava a Libero meno di un mese fa. A seguire, noticina: “Tempi maturi per una donna al Quirinale”.

 

Nella ridda di nomi femminili c’è anche Anna Finocchiaro, già in corsa l’anno scorso. Pochi giorni prima del Napolitano bis, l’allora sindaco di Firenze Renzi la bocciò come candidata, citando le foto che la ritraevano all’Ikea assieme alla scorta. E la dalemiana si risentì: “L’attacco di Renzi è davvero miserabile”. Era l’aprile 2013, e pare un secolo fa. Tra il rottamatore e Finocchiaro è scoppiata da tempo la pace. Lei comunque schiva l’argomento Colle (la quotano a 35).

 

Sergio Chiamparino Sergio Chiamparino

Si è invece proposto senza se e senza ma Sergio Chiamparino, sul Fatto: “Se per la presidenza della Repubblica mi vogliono anche i Cinque Stelle io sono già li, ci vado di corsa”. Quasi spericolato, certo sincero: “Forse è già troppo fare il presidente del Piemonte. E poi per un’operazione Pd-M5S sarebbe più naturale Prodi”. Proprio lui, la vittima dei proverbiali 101 traditori che nel segreto dell’urna impallinarono la sua ascesa verso la suprema carica. Una vicenda che è diventata quasi un genere letterario. Ora Romano Prodi dice che è acqua passata.

romano prodi (2)romano prodi (2)

 

“Mai avuto lo sguardo rivolto al Colle, neppure per un momento” giurava ieri al Corriere della Sera. Esagerando: “Non c’era nessuna ferita da chiudere dopo i 101”. Ecumenico il professore, quasi presidenziale. Lo hanno fiutato anche gli scommettitori, che lo danno a 7. Più sotto, a quota 10, c’è Dario Franceschini. Tre giorni fa il ministro era da Fazio a Che tempo che fa. Apparentemente felice di dover smentire certe voci: “È solo un gioco dei giornali, come si fa a far nomi visti i presidenti di oggi e ieri, Napolitano, Ciampi? Occorre essere all’altezza di questi nomi e avere senso della misura”. Umile e diretto, Franceschini. Pure di bella presenza, che mica guasta.

 

dario franceschinidario franceschini

Da chi smentisce a chi non parla proprio, il salto ha un suo senso tattico. Da siciliano che conosce il peso delle sillabe, il presidente del Senato Pietro Grasso osserva a bocca chiusa. Anche se, o proprio perché, è nel toto nomi da un anno. Inutile (per ora) anche sperare in fonemi da Giuliano Amato: secondo nelle quote dei bookmaker. Il primo in classifica è Massimo D’Alema, ieri a Otto e Mezzo. A domanda sul Colle ha risposto secco: “Non mi sento candidato a nulla, mi interessa quasi zero”.

 

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Sullo sfondo, il candidato di cui tutti sanno (o dicono di sapere) ma che non ne parla. Piuttosto presenta, il suo film: Quando c’era Berlinguer. Il sospetto maligno di tanti politici è che Walter Veltroni abbia girato il suo film sul segretario del Pci anche come carta per il Colle. Un lungometraggio che racconta uno dei pochissimi intoccabili del dopoguerra è mossa molto bipartisan. Il buonista Walter, che non ha mai demonizzato nessuno, neppure B. (“L’esponente dello schieramento a me avverso”) tace. E ritace. Dovesse farcela, previste visite guidate per assistere alla reazione di D’Alema.

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