
“QUELLO CHE MI PREOCCUPA È CHE TRUMP È AFFASCINATO DALLA FIGURA DI PUTIN” – GIANFRANCO FINI, ALL’INCONTRO CON D’ALEMA ALL’ISTITUTO AFFARI INTERNAZIONALI, CRITICA LA SVOLTA AUTORITARIA DEL PRESIDENTE USA: “FORSE CI DIMENTICHIAMO CHE, COME PRIMA AZIONE ALLA CASA BIANCA, TRUMP HA GRAZIATO I GOLPISTI DEL 6 GENNAIO CHE HANNO DATO L’ASSALTO AL PARLAMENTO. GLI STATI UNITI TRUMPIANI SONO UNA DEMOCRATURA DOVE, COME IN RUSSIA, CHI VINCE LE ELEZIONI NON GOVERNA MA COMANDA" – "A TRUMP NON INTERESSA NULLA O QUASI DELL’UNITÀ TRANS-ATLANTICA” (GLIELO DICESSE A GIORGIA MELONI)
Francesco Bei per repubblica.it - Estratti
Il tentativo (fallito) di D’Alema non è l’unica chicca della conferenza su “la politica estera italiana al tempo di Trump” organizzato a Roma dall’Istituto Affari Internazionali.- una serata a porte chiuse davanti a una platea di esperti diplomatici, introdotta dal neo presidente IAI Michele Valensise - perché anche quando prende la parola Gianfranco Fini, incalzato dalle domande di Alessandra Sardoni, le risposte non sono affatto scontate.
Come quando l’ex leader della destra italiana critica la svolta autoritaria di Donald Trump con accenti che in Italia nemmeno a sinistra si sono sentiti. “Quello che mi preoccupa è che Trump è chiaramente affascinato dalla figura di Putin. E badate che anche in Russia si vota, formalmente ci sono candidati diversi per la Duma. Chi vince non si limita a governare ma comanda su tutti, dispone dell’esercito, dei servizi segreti, del sistema dei media, della magistratura. Formalmente è una democrazia, ma in realtà è una democratura”.
DONALD TRUMP GIOCA A HOCKEY CON PUTIN - IMMAGINE GENERATA DALL IA
Gli Usa si stanno avviando su quella strada? “Trump – osserva Fini - sta dimostrando con i fatti la sua concezione della democrazia, forse ci dimentichiamo che come prima azione alla Casa Bianca ha graziato i golpisti del 6 gennaio che hanno dato l’assalto al Parlamento. Gli Stati Uniti trumpiani sono un’autocrazia? Mi convince più l’espressione democratura dove, come in Russia, chi vince le elezioni non governa ma comanda”. E quindi il messaggio del fondatore di Alleanza nazionale “ai miei amici di destra è di non accontentarsi e gioire del fatto che il Partito repubblicano americano contesti, come ha fatto Vance a Monaco, il politically correct e la cultura woke. Perché l’aspetto più rilevante di questa fase e che dovrebbe preoccupare tutti è che a Trump non interessa nulla o quasi dell’unità trans-atlantica”.
GIANFRANCO FINI E LA SVOLTA DI FIUGGI
In disaccordo su diverse cose, a partire dal giudizio su come deve finire la guerra in Ucraina, i due leader italiani si sono tuttavia ritrovati a condividere l’esigenza di una maggiore unità europea. A partire dalla difesa. Per D’Alema infatti il piano Readiness 2030, come è stato ribattezzato il progetto Rearm di Ursula von der Leyen, è del tutto sbagliato. “Lo chiamassero piuttosto piano per il riarmo tedesco, perché consente solo agli Stati membri che possono indebitarsi di farlo per la difesa.
A me non fa paura una Germania che si riarma, ma non è quella la difesa europea, i consorzi europei per il caccia di sesta generazione, le produzioni in comune, i comandi unificati, questo è quello che servirebbe”. Secondo Fini la risposta è una soltanto: “È inevitabile per l’Europa essere…più Europa. Mai come in questo momento si deve credere e lavorare davvero per dar vita a un’unione europea che non si occupi solo dei tappi delle bottiglie, ma dei valori di libertà per i quali è stata fondata”.
C’è un punto, sempre a proposito di difesa Ue, che vede tuttavia i due leader disallineati. Secondo D’Alema è tempo di rafforzare il pilastro europeo della Nato, dando ormai per scontato un disimpegno permanente degli Stati Uniti. “Come diceva De Gaulle – cita l’ex premier – penso a una difesa europea non separata, ma separabile dagli Stati Uniti”. Per Fini, al contrario, “spingere perché ci sia un distacco tra Ue e Usa è autolesionistico. Anche perché tra due anni ci sono le elezioni di mid-term e non è detto che non si producano dei cambiamenti politici”.
Ultimo scambio, vista anche la riunione odierna della coalizione dei “volenterosi”, riguarda una missione europea sul suolo ucraino e le garanzie da dare a Kiev in caso di tregua. D’Alema spiega che “un’eventuale forza di interposizione potrebbe essere dispiegata soltanto sotto l’egida dell’Onu”, inoltre “si potrebbe estendere all’Ucraina la copertura dell’articolo 5 con un accordo Nato-Kiev. Questo è qualcosa che potrebbero proporre gli europei”. Fini accenna un sorriso sornione: “Sono proprio le uniche due proposte concrete che ha fatto il governo italiano”. A dimostrazione che, quando si parla di politica estera, le linee di confine fra gli schieramenti italiani sono come le dune sulla sabbia. Sempre più mobili.
la telefonata tra donald trump e vladimir putin
GIANFRANCO FINI