QUIRINALOTTO - GRILLO BOCCIA TUTTI I CANDIDATI PD AL COLLE: ‘’PRODI? COLPA SUA IL DISASTRO DELL’EURO - GRASSO? È IL BASTONE DEL GOVERNO’’ - SARANNO BEPPE-MAO E CASALEGGIO A STILARE LA LISTA DEI “PAPABILI” DEL M5S (IN ASCESA IL NOME DEL PM DI PALERMO DI MATTEO)
Francesco Maesano per “la Stampa”
GRILLO E CASALEGGIO AL CIRCO MASSIMO 2
Non dura neanche ventiquattr’ore l’ipotesi di Prodi candidato del M5S per il Quirinale. A spazzarla via ci ha pensato Beppe Grillo, che in un post di quelli che fanno giurisprudenza, tutto rivolto all’interno del Movimento, ha stilato una lista di nomi sui quali non ha intenzione di ragionare. Ci finiscono dentro Veltroni, Fassino, Amato, Grasso, Finocchiaro, Pinotti, Mattarella, Delrio. Persino Raffaele Fitto, che ha 45 anni e non è eleggibile, ma soprattutto Romano Prodi e Pietro Grasso.
BEPPE GRILLO ANTONIO DI PIETRO - Copyright Pizzi
Lo stop
Agli ultimi due nomi Grillo dedica più righe che agli altri, tanto perché sul punto non ci siano fraintendimenti: un messaggio a chi nel gruppo aveva pensato di provare a mettere in difficoltà Renzi avanzando la candidatura del professore di Bologna e anche a quei Senatori dissidenti tentati di proporre il nome di Grasso. Sul presidente del Senato, che ora ha assunto le funzioni di capo provvisorio dello Stato, il blog è durissimo: «Si adopera da tempo come bastone del governo contro le opposizioni ignorando in modo plateale il suo ruolo di presidente super partes del Senato facendo votare leggi senza contenuto, cambiali in bianco, alle 4 di notte».
Più felpato il riferimento a Prodi: «Ora che l’euro va in pezzi e ne subiamo il disastro, è lui che ci ha portato non sembra proprio il candidato più adatto». Una chiusura che invita a ragionare quanti, tra i Cinque stelle, lo invocano come l’arma letale contro il governo mentre Grillo punta forte sia a livello politico che nel preparare il suo prossimo tour sulla lotta per abbandonare la moneta unica.
Di Maio è tornato dall’incontro di Milano alla Casaleggio Associati con la consegna del silenzio. L’idea di utilizzare Prodi come un grimaldello per scardinare il patto del Nazareno è stata sonoramente bocciata dai vertici. D’ora in avanti il M5S giocherà soltanto di rimessa, aspettando le mosse del Pd, in attesa di valutare un eventuale nome proposto dal premier.
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D’altra parte tempi e modalità per le Quirinarie sono esclusivo appannaggio dei diarchi. Lo spiegava ieri in Transatlantico il capogruppo alla Camera Alessio Cecconi: «Quelle sono cose che non possono decidere né il gruppo parlamentare né il direttorio. Spetta ai garanti, a Grillo e Casaleggio, decidere».
La rosa dei candidati
L’ipotesi più probabile è che si arrivi a una griglia di nomi, forse una decina, decisi dai vertici e votati dalla rete. Ma non è escluso che questa votazione avvenga a ridosso del voto se non a votazioni già iniziate. Un attendismo che infastidisce molti nel gruppo. Non nella pattuglia dissidente, che ormai gioca una partita tutta sua, ma nella «maggioranza» M5S, dove in molti vorrebbero iniziare almeno in via informale le trattative per non restare tagliati fuori. Nel frattempo una diplomazia parallela sta lavorando per convincere il pm di Palermo Nino Di Matteo ad accettare una candidatura per il Movimento.
Sull’ipotesi di votare Grasso, rimbalzata ieri da palazzo Madama a Montecitorio, ci sono almeno una ventina di senatori. Alcuni ex, altri pronti a partire, uniti nel tentativo di far imboccare al presidente del Senato la via del Colle, per poi giocarsi la partita sul presidente dell’assemblea che gli succederebbe. Una strategia un po’ elaborata che assomiglia più alla ricerca di un casus belli per strappare con Grillo che a una vera tattica di gioco per il Quirinale.
«Ispirati dal Pd», argomentano i dissidenti della Camera, che per ora assecondano la trovata. Ieri Walter Rizzetto si è lasciato andare a un poco convincente «per me Grasso ce la può fare», prima di aggiungere: «Al Senato è un anno che hanno il pane e non hanno i denti». Ormai da quelle parti la scissione dal M5S è questione di giorni e Federico Pizzarotti, ieri a Roma per un incontro dell’Anci, ha chiesto «regole chiare nella scelta». Proprio quelle che Grillo e Casaleggio non sembrano intenzionati a concedere.