IL POSTINO NON SUONA PIÙ NEANCHE UNA VOLTA! - POSTE ITALIANE PRIVATIZZA PER RISPARMIARE, MA POI REGALA 300MILA EURO ALLO STUDIO AMBROSETTI

Daniele Martini per "Il Fatto Quotidiano"

La consegna delle raccomandate in vari quartieri di Roma, dai Parioli a Termini, dall'Esquilino al Pigneto è stata passata dalle Poste ai privati. Non è chiaro se lo hanno fatto per risparmiare o per non assumere altra gente. Molto chiara, invece, è la conseguenza.

Gli addetti delle società private di recapito, forse perché sono pochi o forse perché a ognuno è stato affidato un giro troppo ampio, per risparmiare tempo ormai non provano neanche più a suonare ai destinatari per vedere se sono in casa e per consegnare loro direttamente la missiva. Arrivano con il cartoncino già compilato di mancata consegna o di avviso di giacenza, lo infilano svelti nella cassetta delle lettere e spariscono.

Ogni giorno, centinaia e centinaia di persone devono attraversare mezza Roma per andare a ritirare ciò che avrebbero avuto il diritto di ricevere a casa, recarsi in un'apposita sede delle Poste a Portonaccio e lì, in un ufficetto di pochi metri quadrati e con appena una decina di sedili disponibili, mettersi in fila e aspettare a lungo, a volte un'ora a volte anche il doppio.

Nonostante le proteste e le lamentele, le Poste guidate ormai da 11 anni da Massimo Sarmi fanno orecchie da mercante. E mentre con una mano si ostinano a riservare ad alcune decine e decine di migliaia di romani un trattamento così premurosamente rude (per non parlare dell'altra miriade di disservizi su tutto il territorio nazionale che riguarda milioni di clienti), con l'altra mano le stesse Poste non esitano a mettere mano al portafoglio per pagare con la bellezza di oltre 300 mila euro una ricerca sulla "rivoluzione digitale".

Uno studio che di certo non migliorerà di una virgola la regolarità della consegna delle raccomandate per i romani o la qualità del recapito postale per tutti gli italiani spesso maltrattati da un servizio sempre meno accurato. Ma probabilmente non lascerà molte tracce neanche nella storia postale nazionale.

La costosa ricerca è stata commissionata dalle Poste al centro European House Ambrosetti che alcuni giorni fa l'ha presentata al rituale convegno che a Cernobbio segna ogni anno la fine delle vacanze estive e l'inizio della ripresa.

Lo studio si pone l'obiettivo di analizzare in profondità le ragioni che finora hanno impedito all'Italia di agganciare la "corrente della rivoluzione digitale" indicando le "terapie per superare il gap di arretratezza". Lasciando intendere tra le righe che proprio le Poste potrebbero svolgere un ruolo decisivo per risolvere tutto per il meglio e in fretta.

Con questa iniziativa l'azienda di Sarmi si inserisce in quel filone di pensiero assai ben coltivato dai manager delle aziende pubbliche italiane, in particolare quelle erogatrici di servizi, che potrebbe essere definito la "corrente del parlar d'altro". Bersagliati dalle critiche e dalle proteste di cittadini-clienti esasperati e insoddisfatti, i capi delle società pubbliche, invece di prendere il toro per le corna cercando di migliorare il migliorabile del servizio che dovrebbe essere in cima ai loro pensieri, spesso la buttano sul futuribile.

Nel caso specifico, Sarmi e i suoi manager, invece di provare a migliorare l'assai concreto e quotidiano servizio di consegna della raccomandate ai romani e delle lettere agli italiani, preferiscono parlare della sfuggente "agenda digitale". Settore dove le colpe per la preoccupante arretratezza storica italiana sono gravi, ma di tutti e di nessuno, senza dubbio non delle Poste in particolare.

Le accurate ricerche dello studio Ambrosetti spesso servono proprio per alimentare questa corrente del parlar d'altro. E non a caso sono di solito commissionate da aziende pubbliche che hanno problemi di immagine o con la clientela. Le Ferrovie di Mauro Moretti, per esempio, hanno pagato uno studio Ambrosetti ben due volte in quattro anni, l'Enel nel 2007 e 2010, la Finmeccanica nel 2012 e altre volte in precedenza.

 

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