obama phillips renzi

IL RAPPORTO DELL’AMBASCIATORE USA: ‘L’ITALIA È UNA DEMOCRAZIA DISFUNZIONALE. È DAL 2008 CHE NON HANNO AL GOVERNO QUALCUNO CHE ABBIA VINTO LE ELEZIONI. RENZI È INDEBOLITO, PER FORTUNA C’È MATTARELLA’ - CERTO, NEL FRATTEMPO L’APPARATO AMERICANO HA DICHIARATO GUERRA AL SUO PRESIDENTE ELETTO, QUINDI LA LEZIONE DI DEMOCRAZIA DEL SIGNOROTTO DI BORGO FINOCCHIETO HA MENO PRESA…

 

Paolo Mastrolilli per la Stampa

 

L' Italia, vista da Washington, è una democrazia disfunzionale.

RENZI PHILLIPS JOHN KERRYRENZI PHILLIPS JOHN KERRY

Un giudizio negativo che appare chiaro, leggendo il rapporto che l' ambasciata americana di Roma invia al segretario di Stato Kerry il 31 gennaio del 2015, per commentare l' elezione al Quirinale di Sergio Mattarella. Il documento, che La Stampa ha ottenuto nel rispetto delle leggi, si conclude con un commento molto diretto: «Crediamo che l' Italia abbia bisogno di un presidente potente e indipendente, che possa dare ai politici lo spazio per cominciare a ristabilire una democrazia rappresentativa più funzionale. Mattarella ha la potenzialità di esserlo».

 

L' analisi dei diplomatici americani non è improvvisata. Già il 25 novembre del 2014 l' ambasciatore Phillips invia un altro rapporto «sensitive» a Washington intitolato «Electoral Law Complicates Renzi' s Decision on Elections», che dà un contesto all' imminente scelta del nuovo leader del Quirinale.

 

Il documento riconosce al capo del governo l' abilità con cui ha cercato di «spingere la sua agenda di riforme politiche ed economiche in Parlamento, contro le forti obiezioni della "vecchia guardia" del suo partito. Ma i progressi sono stati lenti, e molti analisti credono che affrontando aggressivamente i sindacati e i suoi critici a sinistra, si stia preparando per le elezioni già nella primavera del 2015».

PHILLIPS RENZIPHILLIPS RENZI

 

Il problema è chiaro: «Renzi potrà migliorare le sue condizioni politiche solo con una riforma elettorale che assicuri al partito o alla coalizione vincente una maggioranza funzionale».

 

Il rapporto ricorda le elezioni del 2013, quando «Bersani in lacrime» era stato costretto a passare la mano a Enrico Letta, a sua volta abbattuto dalla «congiura di palazzo» di Renzi. Il governo si regge al Senato sull' appoggio dell' Ncd di Alfano, ma la sfida per il premier sta nel fatto che «i suoi stessi parlamentari sono stati eletti sotto la direzione dell' ex comunista Bersani, in liste bloccate controllate da lui. Nonostante la maggior parte degli eletti abbia abbracciato Renzi, una importante fazione di sinistra è irritata per il suo stile populista e resiste apertamente alla direzione centrista che cerca di imprimere al partito».

 

renzi mattarella gentilonirenzi mattarella gentiloni

Usando la minaccia delle elezioni anticipate, con cui potrebbe «rimpiazzare l' intera rappresentanza parlamentare e sgominare l' opposizione interna», il premier è riuscito a tenere la maggioranza intatta, ma appena la sua popolarità dovesse incrinarsi andrebbe in crisi: «L' unica strada percorribile, perciò, è riformare la costituzione e la legge elettorale».

 

Ai suoi interlocutori del dipartimento di Stato, a questo punto già confusi, Phillips ricorda che nel dicembre 2013 la Corte Costituzionale aveva bocciato il "Porcellum", riesumando il "Consultellum": «Questo sistema proporzionale funzionerebbe in altre democrazie, ma in Italia è una ricetta per la disfunzionalità», tema ricorrente di tutte queste riflessioni. «Per allargare il consenso nazionale sulle riforme politiche, Renzi ha cercato un accordo con Berlusconi, noto come il "Patto del Nazareno"».

 

Da qui è nato l' Italicum, «arguto compromesso» che serve al premier per ottenere la maggioranza, e all' ex premier per conservare il controllo del centro-destra.

RENZI MATTARELLARENZI MATTARELLA

A questo punto del rapporto compare Napolitano, che nel 2013 aveva accettato per disperazione un prolungamento del mandato, solo per mettere insieme un governo e favorire la riforma. «Ciò non è avvenuto, ma aumentano le speculazioni che Napolitano annuncerà le dimissioni all' inizio del nuovo anno».

 

Renzi «favorirà l' elezione di un candidato istituzionalmente debole che non ostacoli la sua agenda», e poi dovrà decidere se andare al voto, o aspettare la fine naturale della legislatura nel 2018. Phillips ricorda che «gli italiani non eleggono il loro leader dal 2008, ma non sembrano particolarmente ansiosi di rettificare questo deficit di democrazia». Renzi perciò deve stabilire se «lui e l' Italia sarebbero serviti meglio da un ulteriore scontro politico, oppure, come la maggior parte dei cittadini sembra desiderare, mettere giù la testa, ottenere risultati, e poi candidarsi sulla base degli obiettivi concreti raggiunti».

 

john kerry barack obama john phillipsjohn kerry barack obama john phillips

Il 22 dicembre 2014 Via Veneto invia a Washington un rapporto «Confidential», per avvertire che le dimissioni di Napolitano arriveranno probabilmente il 13 gennaio, con la scadenza del semestre di presidenza italiana della UE. I diplomatici notano che forse Renzi sarà costretto a trovare «un terreno comune con Berlusconi, o persino Grillo. Fallire infatti potrebbe provocare nuove elezioni». Ricordano però quanto era stato difficile trovare l' intesa nel 2013, quando «Prodi poteva ottenere la maggioranza semplice, ma la sua vecchia nemesi nel partito, Massimo D' Alema, aveva ordinato alla propria fazione di votare contro di lui».

 

L' accordo viene trovato su Mattarella, e il 31 gennaio 2015 l' ambasciata invia a Foggy Bottom il rapporto con cui commenta la sua elezione: «Renzi è riuscito a tenere insieme il suo partito. Il grande sconfitto politico è Berlusconi e il "Patto del Nazareno"». Il documento elogia il nuovo capo del Quirinale: «L' ambasciata ha lavorato molto bene con lui per decenni, e nel 1984 lo aveva scelto come International Visitor. Da ministro della Difesa aveva sostenuto fortemente l' impegno dell' Italia in Kosovo, e aveva spinto affinché nel 2000 prendesse il comando di Kfor».

IL VIDEO DELL AMBASCIATORE JOHN PHILLIPS CON OBAMA IL VIDEO DELL AMBASCIATORE JOHN PHILLIPS CON OBAMA

 

Il rapporto ricorda anche quando si era dimesso dal governo in protesta contro la legge Mammì, incrinando il rapporto con Berlusconi. In teoria, non volendo un altro ex comunista, Forza Italia avrebbe dovuto apprezzare una figura come Mattarella, «ma gli interessi personali di Berlusconi sono stati più importanti per lui delle considerazioni politiche o ideologiche. Nel proprio cuore, sperava in un presidente che fosse più comprensivo verso possibili appelli e perdoni, riguardo i vari casi legali in cui è coinvolto. Mattarella, al contrario, è stato pronto in passato ad agire contro gli interessi di Berlusconi, quando necessario».

 

BERLUSCONI MATTARELLABERLUSCONI MATTARELLA

Renzi «a mala pena conosceva» il nuovo presidente, ma lo ha promosso per dimostrare la sua indipendenza dal capo di Forza Italia. Infatti «la sinistra del Pd è stata deliziata dalla scelta, perché mette un cuneo tra il premier e Berlusconi». Il problema, e così torniamo al giudizio iniziale sulla democrazia disfunzionale italiana, bipartisan e quindi invariato con l' amministrazione Trump, è che «Renzi ora ha perso l' abilità di ottenere il supporto di Berlusconi. Dovrà conciliare i diversi interessi dell' ala sinistra del Pd, che resta contraria a molte sue riforme, con i punti di vista dei partner di centro destra della coalizione. Un' impresa difficile. A Renzi serviranno capacità politiche formidabili, per tenere a galla e produttiva la sua rancorosa coalizione».

 

trump e obamatrump e obama

 

 

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