SFIDA SUL TEMPO: RENZI È ORMAI LANCIATO PER LA SEGRETERIA DEL PD, MA CULATELLO VUOLE SPINGE IL CONGRESSO DA NOVEMBRE A GENNAIO

Maria Teresa Meli per "Corriere della Sera"

Matteo Renzi lo ha ripetuto anche ieri agli amici, anche se ha evitato di dirlo così esplicitamente dal palco della festa di Genova: «La mia candidatura alla segreteria ormai è scontata». E ancora, per precisare ulteriormente: «Potrebbe saltare solo in caso di elezioni anticipate, allora ci sarebbero le primarie per la premiership del centrosinistra, ma a me sembra fin troppo evidente che Berlusconi, checché dica e minacci, non abbia nessuna intenzione di andare al voto».

E i sondaggi che assegnano un congruo vantaggio al centrosinistra sul centrodestra nel caso in cui a guidare il primo schieramento sia il sindaco di Firenze, sembrano dare ragione a Renzi. Li possiede anche il leader del Pdl, il quale sa bene che nelle ultime rilevazioni il sindaco in popolarità lo doppia.

Tra l'altro Napolitano su questo punto è stato assai esplicito con tutti i suoi interlocutori: lui non scioglierà la legislatura adesso. Lo ha ribadito di recente sia a Gianni Letta che a Massimo D'Alema.

Del resto, anche se per un incidente di percorso, alla fine, si dovesse scivolare verso le elezioni, Renzi è convinto che il giochetto bersaniano di far scendere in campo Enrico Letta senza primarie sia destinato all'insuccesso. Una parte del centrosinistra, infatti, non lo indicherebbe come candidato premier, a cominciare da Sel, in cui qualcuno vagheggia addirittura la possibilità di andare alle elezioni con un ticket Renzi-Pisapia.

Non sono dunque questi i giochi che il primo cittadino di Firenze teme: «Se vado alle primarie vinco, anche se cercheranno sicuramente di mettermi dei paletti e delle difficoltà». È un altro, piuttosto, il timore del sindaco. È la morta gora, è lo stagno, è la palude in cui i suoi avversari interni cercano di farlo impantanare, sperando che il tempo sia il suo nemico.

Mentre lui pensa alla nuova squadra, mentre lui punta a «un Partito democratico che possa aspirare al 40 per cento», tornando così all'originaria vocazione maggioritaria di Veltroni, i bersaniani tentano di allungare i tempi del Congresso. Come ha avuto modo di ammettere lo stesso Matteo Orfini: «Mi duole dirlo perché ho lavorato in segreteria con Pier Luigi, ma sono gli esponenti che fanno capo a lui che stanno cercando di rallentare tutto».

Già, e se la data manca, manca tutto, a partire dalla candidatura di Renzi e dalla corsa del sindaco alla segreteria. È per questo motivo che il primo cittadino di Firenze non si stanca mai di ripetere ai suoi sostenitori che «chiedere il Congresso non significa aprire uno sterile dibattito sulle regole, perché le assise nazionali sono il momento fondamentale in cui si definiscono l'identità di un partito e la sua proposta politica, non solo la leadership».

Ma il problema vero è che la questione dei tempi è già sfuggita di mano al sindaco. Per convocare le assise secondo il timing di Epifani, cioè cominciando dal basso con i congressi territoriali per arrivare solo alla fine di tutto il processo a quello nazionale, ci vorranno più o meno quattro mesi.

Il che significa che le assise non si terranno prima del gennaio del 2014. Altro che 24 novembre di quest'anno. E siccome Renzi pare aver abbandonato l'idea di ricorrere al giudice per garantire il rispetto dello statuto del partito, è probabile che il sindaco dovrà fare buon viso a cattivo gioco e accettare lo slittamento.

Un rinvio che farebbe respirare il duo Letta-Franceschini. Infatti, appena si arriverà alla conta interna, il presidente del Consiglio e il ministro dei rapporti con il Parlamento si vedranno costretti a scegliere quale candidato alla segreteria appoggiare. Certo, il premier potrebbe ancora evitare di esplicitare la sua scelta, visto il ruolo che ricopre, ma i lettiani dovrebbero necessariamente schierarsi.

E lo stesso dovrebbero fare Franceschini e i suoi, scegliendo, inevitabilmente, il candidato vincente, perché i rappresentanti di un governo già in difficoltà non potrebbero permettersi il lusso di parteggiare per il perdente: sarebbe un colpo ulteriore all'esecutivo. E il candidato vincente, al momento, è uno solo, ossia Renzi, come sa bene un politico di lungo corso qual è D'Alema. L'ex premier ha fatto sapere ai renziani: «Se Matteo si candida, noi voteremo Cuperlo e poi faremo la minoranza».

Ma D'Alema può consentirsi un lusso, quello di stare in minoranza, che è precluso sia a Letta che a Franceschini.

 

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