BALLA SU LUPI – RENZI NON RIESCE A OTTENERE LE DIMISSIONI DEL SUO MINISTRO – IL PREMIER ASPETTA I GIUDICI E QUASI SI AUGURA CHE ARRIVI UN AVVISO DI GARANZIA – LA PRUDENZA NEI CONFRONTI DELLA PROCURA DELLA SUA CITTÀ

Elisa Calessi per “Libero Quotidiano

 

Arrabbiato è dire poco. Matteo Renzi è furioso. Per il danno di immagine che questa vicenda sta procurando al suo governo. E perché Maurizio Lupi resiste, inaspettatamente, a ogni tentativo, suo e di altri, di fargli fare un passo indietro. Nello stesso tempo, ed è una considerazione che gli aumenta l’arrabbiatura, si rende conto di non poter fare niente di più per ora. Ncd è compatta nel difendere Lupi. Se strappa, rischia di far cadere il governo. Ed è l’ultima cosa che vuole. Non resta, quindi, che aspettare.

MAURIZIO LUPIMAURIZIO LUPI

 

Vedere come evolve l’inchiesta. Perché la convinzione è che non sia ancora uscito tutto. Se i magistrati iscrivessero Lupi tra gli indagati, si ragiona tra i suoi, è chiaro che la situazione cambierebbe. Per questo la linea è aspettare. Rinviare il chiarimento per capire cosa salterà fuori dalla procura di Firenze. Venerdì ci sarà l’informativa di Lupi al Senato.

 

Ma le mozioni di sfiducia presentate da Sel e M5S non dovrebbero essere discusse prima della prossima settimana. Renzi si augura di non arrivarci nemmeno. In caso contrario, infatti, il Pd si troverebbe costretto a bocciarle. Ma tra malumori e con possibili spaccature. Per questo, meglio tirare in lungo. Non se ne parla prima di martedì o mercoledì.

 

«Lunedì», faceva notare Ettore Rosato, vicecapogruppo del Pd alla Camera, «è in calendario la prescrizione, sarebbe assurdo rinviarla». E da qui ad allora la posizione di Lupi - si spera - può cambiare. E a quel punto potrebbe essere lui stesso a lasciare. Finora, però, il pressing sul ministro non ha portato risultati.

 

MOGLIE LUPI 2MOGLIE LUPI 2

L’altra notte Renzi lo ha incontrato insieme ad Alfano. Ed è stato un confronto durissimo. La situazione, gli ha spiegato Renzi, si è messa in modo tale che la tua presenza «è un problema per l’intero governo». Quindi gli ha posto davanti due scelte: «O ti dimetti o resisti, ma sappi che in questo caso avrete addosso per non so quanto tempo, tu e la tua famiglia, i giornalisti che ti inseguiranno da Roma a Milano e le urla del Parlamento».

 

 La risposta di Lupi, però, è stata netta: «Grazie, ma resto. Se lasciassi, sarebbe ammettere la mia colpevolezza. E io so di non aver commesso nulla di male». Ieri alla Camera dei deputati, dove Renzi è arrivato per la relazione sul Consiglio europeo, subito dopo il question time a cui ha partecipato Lupi, non si sono volutamente incontrati. Il premier ha mandato in avanscoperta il ministro Boschi. Tentativo, anche questo, andato a vuoto. La situazione non è facile.

 

RENZI E LUPI RENZI E LUPI

Peraltro tra il premier e il ministro delle Infrastrutture il rapporto è difficile da tempo. Renzi, però, sa di non poter andare allo scontro finale. «Matteo la pensa come la pensano tutti gli italiani. Ma Lupi non è indagato. Non può pretendere le dimissioni, mentre abbiamo tre sottosegretari rinviati a giudizio», si fa notare tra i suoi. C’è poi un’altra ragione di prudenza: «Se va alla guerra, può far cadere il governo. Vale la pena per uno che non è neanche indagato?». Questa cautela, però, provoca nervosismo nel Pd.

 

Ieri diversi esponenti della minoranza hanno chiesto un passo indietro di Lupi. C’è anche chi lo difende. «Bisogna essere garantisti fino a prova contraria, giusto inasprire le pene, ma non mettiamo sulla graticola Lupi», dice Giacomo Portas dei Moderati, eletto nel Pd, che pure ha chiesto alla moglie di rinunciare al bonus di 80 euro. Ma la maggior parte non la pensa così.

 

LUPI RENZILUPI RENZI

A microfoni spenti molti puntano il dito: «Ha fatto dimettere Josefa Idem per molto meno. Come mai con Lupi non riesce?». C’è chi insinua c’entri il fatto che titolare è la procura di Firenze. «Forse se la vuole tenere buona...». Nel timore che ci sia in serbo qualcosa per lui. Anche la minoranza, però, ha i suoi problemi. Tra gli indagati ci sono due uomini vicinissimi a Pier Luigi Bersani: l’ex consigliere regionale Miro Fiammenghi e Alfredo Peri, assessore con Vasco Errani.

 

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