O L’ITALICUM O MORTE - QUELLO CHE PREOCCUPA MATTEUCCIO È LA PALUDE DEGLI EMENDAMENTI (PREFERENZE E CONFLITTO D’INTERESSI) - E POI C’È IL VOTO SULLA PREGIUDIZIALE DI COSTITUZIONALITÀ

Goffredo De Marchis per "la Repubblica"

Preferenze e conflitto d'interessi. Sono questi i due scogli su cui può infrangersi l'accordo sulla legge elettorale nei prossimi giorni quando comincerà l'esame degli emendamenti. Matteo Renzi però ha già alzato le antenne. «Sono preoccupato anche per il voto di oggi sulle pregiudiziali di costituzionalità. Questo è un patto che nasce fuori dal Parlamento, arriva solo adesso alla prova dell'aula. Deve partire bene, senza intoppi».

Anche perché il segretario del Pd ha fretta: «Alla Camera l'ideale sarebbe non toccare nulla. Per approvare il testo entro la metà di febbraio, dare un segnale di serietà e di forza. Poi, al Senato qualche cambiamento si può fare. L'importante è che la riforma non finisca subito nella palude».

I sottoscrittori del patto sono precettati. «Stiamo controllando i presenti e gli assenti. Non sono agitato. Certo, se la legge inciampa sulle pregiudiziali l'accordo non ha più senso, salta tutto. Inutile andare avanti», dice il presidente dei deputati di Forza Italia Renato Brunetta.

L'sms per la presenza obbligatoria è arrivato anche al Pd, a Scelta civica, al Nuovo centrodestra. L'incognita è il voto segreto, quasi sicuro. Potrebbe chiederlo Sinistra e libertà e la richiesta verrebbe accolta. Ci sarà quindi la verifica immediata per la tenuta della maggioranza sull'Italicum che in teoria conta su 415 voti. Nel caso di oggi sono voti che devono esprimersi contro le pregiudiziali di costituzionalità.

Ieri il sindaco di Firenze ha di nuovo fatto il punto con tutti. Per tenere unito il fronte. Ha anche parlato di persona con il segretario di Scelta civica, Stefania Giannini. «Noi vogliamo che la legge vada avanti. Il nostro voto sarà compatto - dice il capogruppo di Sc Andrea Romano -. Ma i piccoli partiti sono agguerriti». Brunetta ammette qualche mal di pancia in Forza Italia.

«Ma fisiologici, niente di grave», aggiunge. Poi c'è il Pd. Renzi teme qualche scherzo da parte del suo partito, se non altro perché il gruppo alla Camera è molto numeroso: 293 deputati. Una lunga riunione notturna con Dario Franceschini e Roberto Speranza ha preparato il terreno per la votazione di stamattina. Il voto segreto è una trappola sempre pronta. «Ma il Pd regge», precisa Alfredo D'Attorre che è pronto a dare battaglia più avanti.

La verità è che tutti escludono una sorpresa nella votazione di oggi. La partita vera è quella degli emendamenti, a cominciare dal conflitto d'interessi. Sel ha già fatto sapere al Pd che ci sarà una sua proposta per regolare l'ineleggibilità di chi possiede grandi patrimoni, di chi è titolare di concessioni pubbliche e di aziende di comunicazione. Il Psi di Riccardo Nencini, da giorni, lavora a una proposta simile. E quando i grillini torneranno alla normalità dei lavori parlamentari, anche da lì arriveranno emendamenti in questa direzione. Come si comporteranno allora i deputati democratici?

Berlusconi non è più candidabile. Ma il conflitto d'interessi resta una bandiera sia per il Pd sia per il centrodestra, da due punti di vista differenti. Forse solo un simbolo. Però ha diviso per 20 anni gli schieramenti. Se tornasse a farlo oggi lascerebbe sul campo il cadavere della legge elettorale perché tutto si regge sull'asse Renzi-Berlusconi. Un altro fronte trasversale è quello contrario alle liste bloccate.

«Solo una buona legge elettorale è la riposta giusta alle provocazioni grilline», avverte D'Attorre. Non la fretta, non la blindatura dell'intesa. Su questo punto, bersaniani, Rosy Bindi, cuperliani, dopo aver ritirato gli emendamenti in commissione, giocheranno la loro partita in aula. Proponendo i collegi uninominali, le primarie obbligatorie per legge e per tutti i partiti. Insomma, attaccando l'architrave dell'accordo con il Cavaliere.

È perciò un percorso difficile quello che attende l'Italicum a Montecitorio. Anche se i numeri sono molto meno incerti di quelli del Senato. Per questo Renzi vorrebbe rinviare le modifiche a Palazzo Madama. Se tutto procede spedito alla Camera, senza ingolfamenti, il segretario è convinto che nessuno potrà tirarsi indietro nell'altro ramo del Parlamento. Sarebbe molto più complicato uno strappo. E sarebbe più arduo giustificarlo.

 

MATTEO RENZI OSPITE DI DARIA BIGNARDIMATTEO RENZI E ANTONELLA MANSIStefania Sandrelli e Giancarlo Giannini Dario Franceschini ROBERTO SPERANZA Alfredo DAttorre

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