GOVERNARE CON LE CHIACCHIERE – SECONDO GLI ANNUNCI DEL DUPLEX RENZI-PADOAN IL GOVERNO AVREBBE DOVUTO INCASSARE 20 MILIARDI DALLE PRIVATIZZAZIONI NEL BIENNIO 2014-2015 – A MAGGIO SIAMO FERMI A QUOTA 6 E SI ANNASPA SU POSTE, FERROVIE, SACE ED ENAV

Francesco Bonazzi per Dagospia

 

RENZI E PADOANRENZI E PADOAN

Usare il ricavato delle privatizzazioni per la spesa corrente, e non per ridurre lo stock del debito pubblico, sarebbe forse poco corretto. Ma tanto per farsi un’idea delle grandezze in gioco, i 20 miliardi previsti dal governo Renzi come introito del piano di dismissioni per il biennio 2014-2015 coprirebbero alla perfezione il buco nei conti pubblici aperto dalla Corte costituzionale con la sentenza sulle pensioni. Il problema è che di quei 20 miliardi promessi dalla coppia Piercarlo Padoan-Matteo Renzi ne sono entrati non più di sei. Un altro saggio della famosa “annuncite” del premier.

 

matteo renzi pier carlo padoanmatteo renzi pier carlo padoan

Ad aprile il target per il 2015 è stato ridotto, in sordina, da 10 a 6 miliardi, ma il gap resta comunque elevato e potrà essere colmato solo quotando il 40% delle Poste entro fine anno, impresa che al momento appare una scalata di quarto grado. L’altra grande dismissione “in pista”, come annunciano garrule le gazzette di governo a cadenze regolari, è quella di una quota di Ferrovie dello Stato, che però per stessa ammissione del ministro del Tesoro slitta a non prima del 2016. Poi ci sarebbero un pacchetto di azioni Eni del 5% circa (valore attuale 3 miliardi), e due grandi scomparse del programma 2014: Sace ed Enav, di cui si sono perse perfino le tracce

 

“NON BISOGNA FARE COME D’ALEMA”

RENZI PIAZZA AFFARIRENZI PIAZZA AFFARI

 

Quando Renzi organizzava le prime Leopolde ed era solo il rampante sindaco di Firenze aveva già le idee molto chiare sulle privatizzazioni. Nel 2012 vendette l’Ataf, la società dei trasporti pubblici fiorentini, a un consorzio guidato da Ferrovie dello Stato. Non esattamente una privatizzazione, ma lui la presentò così. Poi, nelle campagne per le primarie, ha spesso parlato della necessità di rilanciare le dismissioni pubbliche, ma senza cadere in errori del passato. Il 22 novembre 2013, poco prima di battere Bersani alle ultime primarie, il futuro segretario del Pd va in tv a tenere lezione: “'Bene le privatizzazioni, ma solo se si fanno sulla base di obiettivi precisi, non come ha fatto il governo D'Alema con la Telecom che ha eliminato una bella occasione di ricchezza per il Paese''.

emma marcegaglia e massimo d'alemaemma marcegaglia e massimo d'alema

 

Renzi ha anche un modello di “privatizzazione buona” che ovviamente è fiorentina e che cita sempre come un grande vanto, quasi l’avesse fatta lui. Si tratta della vendita del Nuovo Pignone da Eni a General Electric, “la storia più bella di privatizzazione italiana”. In effetti fu un successo del governo Ciampi, anno 1993, quando il Nostro aveva 18 anni.

 

Le privatizzazioni dei suoi avversari però gli piacciono poco. Sempre nella campagna delle primarie 2013, spara un siluro contro i progetti del povero Enrico Letta e dice che vendere una quota di Eni “è una sorta di compro oro” (Ansa, 29 novembre 2013). Inutile dire che quando gli prenderà il posto, Padoan confermerà l’operazione del “compro oro”, anche se per ora l’ha fatta solo su Enel.

 

L’esecutivo di Letta, ancora due settimane prima di cadere per mano renziana ai primi di febbraio 2014, annuncia di voler quotare subito il 40% delle Poste e il 49% di Enav, con un obiettivo di 12 miliardi da raccogliere nel 2014 e ben 32 fino al 2017.

 

 

“NOI ACCELERIAMO”

 

padoanpadoan

Arrivato al potere, Renzi fa suo il piano di privatizzazioni del predecessore anche se nei primi mesi lascia a Padoan il compito di fare annunci in serie. L’Italia deve mettere a posto i conti e i proclami sulle privatizzazioni, si sa, fanno simpatia con le istituzioni internazionali.

Il 6 marzo dell’anno scorso, il neo ministro del Tesoro proclama: Urge rafforzare il programma di privatizzazioni”. Il 22 marzo va a Cernobbio al posto di Renzi e ai papaveri della finanza consegna parole che rilette oggi fanno sorridere: “La privatizzazione di Poste ed Enav è in fase avanzata”. Poi peggiora la situazione dando cifre: 12 miliardi di incassi nel 2014, e 10-12 l’anno tra il 2015 e il 2017.

 

Ma già a giugno Padoan ci riflette meglio e abbassa la promessa per l’anno in corso a quota 10 miliardi. Anche se poi va a New York nella seconda settimana del mese e alle principali banche d’affari del mondo promette un piano di privatizzazioni ambizioso.

 

francesco caiofrancesco caio

Nel corso dell’estate arriva la svolta, in negativo. Il 2 luglio viene quotato un pezzo di Fincantieri, ma il ricavato è di soli 350 milioni contro i 600 previsti. Per il governo è una grossa delusione e l’alibi per un rallentamento. Francesco Caio, appena nominato ad delle Poste, ne approfitta per dire a Padoan che bisogna far slittare la privatizzazione del gruppo da lui guidato. A Palazzo Chigi valutano Poste non meno di 10 miliardi, non si può rischiare di dover fare saldi perché si sceglie il momento sbagliato.

 

Renzi fiuta l’aria, capisce che deve frenare gli entusiasmi, ma il 3 settembre vende ancora le pentole e in un’intervista al “Sole 24 Ore” fa il solito annuncio: “le privatizzazioni si faranno e i target previsti saranno rispettati”. Target? Quali target? I famosi 10 miliardi? Bum!

 

 

QUELLI CHE “ATTENZIONE ALLE SVENDITE”…

 

A fine anno il bilancio del governo è magro magro. A voler essere magnanimi, cioè considerando anche le vendite di Cassa Depositi e prestiti e delle controllate (i cui incassi devono poi “salire” al Tesoro con i dividendi), nel 2014, primo anno dell’Era Renzi, entrano in cassa poco meno di 4 miliardi. Ci sono i 350 milioni della Fincantieri, i 2,1 miliardi del 35% di Cdp Reti finito a State grid of China, i 400 milioni del 40% Ansaldo Energia a Shanghai Electric e altre frattaglie.

 

Per questo motivo in quella grande sceneggiata che è la conferenza stampa di fine anno di Palazzo Chigi, anche se nessuno gli rinfaccia nulla, il nostro premier gioca alla volpe e l’uva: “Sulle privatizzazioni è evidente che intervenire quando il mercato non lo consente non è una privatizzazione ma una svendita”. Poi non resiste e rilancia con un nuovo annuncio per il 2015: “Andremo su Poste, stiamo lavorando al futuro di Ferrovie, mentre Eni è tutta da verificare alla luce delle condizioni di mercato”.

logo enavlogo enav

 

Se da noi i grandi opinionisti e i commentatori di cose economiche si dimenticano di esigere il rispetto delle tabelle di marcia sulle privatizzazioni, non così è a Bruxelles. A febbraio, nel Rapporto periodico sull’Italia la Commissione Ue scrive: “La maggior parte delle vendite previste sono ancora in fase di preparazione”.

 

Già, fase di preparazione. Un colpo comunque il Tesoro lo batte e alla fine di febbraio piazza la vendita del 5,74% di Enel per 2,2 miliardi, scendendo al 25,5% del colosso elettrico. E’ un buon successo, anche se in altri tempi Renzi l’avrebbe definito “andare dal compro oro”.

 

ENI sede di San Donato MilaneseENI sede di San Donato Milanese

Ma Padoan continua a essere pessimista, anche se sul dossier è affiancato dall’onnipresente plenipotenziario di Renzi, Andrea Guerra, ex capo di Luxottica. Il 23 febbraio il ministro dell’Economia spiega al “Sole” che l’operazione su Ferrovie slitta al 2016 e che per l’anno in corso il governo punta a ricavare dalle privatizzazioni lo 0,7% del Pil (10 miliardi) all’anno fino al 2017. Sono sempre cifre iperboliche, visto il ritmo a cui procede il governo. Infatti passano due mesi e, zitto zitto, Padoan mette i nuovi obiettivi nero su bianco nel Def: 0,4% di Pil nel 2015 (5,7 miliardi) e 0,5% nel 2016 e 2017.

 

piercarlo padoan e consortepiercarlo padoan e consorte

Se il colpo grosso sarebbe quotare il 40% di Poste, le altre due operazioni che sembravano già pronte l’anno scorso sono Sace ed Enav. La vendita della società che assicura le imprese italiane che esportano, controllata dalla Cassa Depositi, è finita nelle sabbie mobili. Semplicemente, non se ne parla più. Il governo e la Cdp stanno litigando su quale strada battere: quotare un pezzo di Sace in Borsa o venderla a un partner privato? Inoltre Palazzo Chigi ha tentato, senza riuscirvi per l’opposizione della Cassa, di trasformare Sace in banca (operazione che avrebbe portato anche la controllante Cdp sotto la vigilanza di Bankitalia). Resta da capire quale coerenza vi sia nel trasformare una società che dovrebbe “assistere” le aziende in una macchina da utili quotata in Borsa o con azionisti privati.

 

Anche di Enav si sono perse le tracce, con un lungo braccio di ferro politico sulla nomina del nuovo cda che dovrebbe poi varare la privatizzazioni. Enav controlla i voli e anche qui immaginarla privata richiede un certo sforzo di fantasia.

 

In ogni caso adesso i riflettori sono accesi sulle Poste, un gigante che ha un piede solido e redditizio come i servizi finanziari e un piede d’argilla come il servizio postale universale. Caio vorrebbe ridurre i danni del servizio universale smettendo di consegnare la corrispondenza tutti i giorni nelle cosiddette zone disagiate, ma l’Unione europea s’è messa di traverso. La sensazione è che il management di Poste non stia remando tutto compatto verso una rapida quotazione e che Renzi forse avrebbe fatto meglio a schierare direttamente il fido Guerra.

 

Renzi PadoanRenzi Padoan

Se salterà anche per quest’anno la (parziale) privatizzazione delle Poste, a meno di colpi di mano su Eni, mancheranno altri 4 miliardi dal capitolo dismissioni, dopo i 6 dello scorso anno. E va bene che Renzi non vuole fare “come D’Alema”, ma 10 miliardi di mancate privatizzazioni non sono una bella prestazione per un premier che si vanta a ogni piè sospinto di essere un infaticabile modernizzatore.  

 

 

 

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