
DOPO AVER SOSTENUTO LA MERKEL SULLA LINEA AUSTERITY PER LA GRECIA, RENZI SPERA DI OTTENERE IN CAMBIO DA BERLINO E BRUXELLES MAGGIORE FLESSIBILITÀ SUI CONTI - MA SE ARRIVA UN NO, MATTEUCCIO DOVRÀ SFIDARE L’EUROPA O RIMANGIARSI LE SUE TANTE PROMESSE
Alessandro Barbera per “la Stampa”
La svalutazione dello yuan, il crollo della Borsa malese e della lira turca, l’incertezza sulle prossime mosse della Federal Reserve, mai come oggi indecisa se aumentare o meno i tassi di interesse. In prospettiva le notizie agostane dei mercati sembrano ridurre il caso greco ad una tempesta in un bicchier d’acqua. Eppure l’Europa continentale è completamente assorbita ad evitare che il bicchiere si rompa.
La cancelliera tedesca ha convocato d’urgenza il Bundestag per votare (oggi) il sì al piano di aiuti da 86 miliardi per Atene, e deve fare i conti con i mal di pancia della sua ala destra. Per il New York Times la Grecia è solo un dannoso diversivo, un modo come un altro per far credere al resto del mondo che i problemi dell’Europa finiscano al confine del Pireo.
RENZI GUARDA IL CULONE DELLA MERKEL
E in effetti gli ultimi dati sulla crescita ci dicono che quel giudizio non è del tutto infondato: arranca la Germania (+0,4 per cento), per via della brusca frenata della Cina, da sempre mercato di sbocco delle merci tedesche, boccheggiano l’Italia (+0,2 per cento) e la Francia (variazione zero), «le due grandi malate dell’Europa», dice sempre il New York Times. «Il rischio di un rallentamento più accentuato della crescita resta alto», scrive il bollettino mensile della Bundesbank. L’unica consolazione è il petrolio ormai a quaranta dollari, che «contribuirà a sostenere una ripresa moderata».
foto di renzi dal profilo di filippo sensi 2
L’autunno che attende l’Europa è carico di incognite, e immaginarla in grado di prendere decisioni di respiro è arduo. L’Italia spera di ottenere un dividendo dal sostegno alla linea tedesca nei confronti di Atene, ma lo spazio a disposizione della Merkel e di Juncker è ridotto.
Non solo: Renzi ha riscritto l’agenda di politica economica, annunciando una misura alla quale Bruxelles è contrarissima, l’abolizione dell’Imu sulla prima casa. Palazzo Chigi dice di presentarsi con le carte in regola: le entrate fiscali aumentano (nei primi sei mesi sono cresciute di due miliardi oltre le attese), i tagli alla spesa si annunciano cospicui, la lista delle riforme in via di approvazione è lunga.
Eppure le previsioni sulle dimensioni della prossima legge di Stabilità - che secondo alcune voci dovrebbe superare i trenta miliardi di euro - al momento non sfondano quota 25, due terzi dei quali già impegnati per evitare l’aumento delle tasse. È il segno che il governo si mantiene su una linea prudente, e non è sicuro di poter ottenere più flessibilità di quella che le regole consentono.
angela merkel a firenze con renzi 5
Dieci miliardi arriveranno dai tagli alla spesa, altri sei saranno garantiti dalla flessibilità già ottenuta quest’anno con la clausola delle riforme, quattro dalla minor spesa per interessi e dall’aumento del gettito fiscale. Ne restano da trovare cinque: è l’obiettivo minimo di Palazzo Chigi per la nuova «clausola degli investimenti» la quale, a differenza dello sconto ottenuto quest’anno, è sottoposta a regole di destinazione molto più stringenti. Ciò significa che ad un certo punto Renzi dovrà scegliere: o sfidare l’Europa, o venir meno ad alcune delle promesse fatte.
angela merkel a firenze con renzi 3
La tassa sulla casa, pensioni più flessibili, conferma della decontribuzione per i nuovi assunti, rinnovo del contratto agli statali, lotta alla povertà. La lista è lunga, ma soprattutto rischia di non essere sufficiente a sostenere la ripresa di una economia che alla fine del 2015 avrà recuperato solo una piccola porzione del terreno perduto negli anni della crisi. Al dunque Renzi si troverà di fronte ad un dilemma: puntare su ciò che gli garantirà più voti alle elezioni di primavera - come l’abolizione della tassa sulla casa - o invece su quelle che consiglierebbe una visione di lungo periodo, come il taglio del costo del lavoro.