1. IL RENZICCHIO! TRAVAGLIO ROTTAMA RENZI: “IL GOVERNO È UN LETTA-BIS, CIOÈ UN NAPOLITANO-TER CHE POTREBBE FAR RIMPIANGERE QUELLI CHE L’HANNO PRECEDUTO” 2. “RE GIORGIO SI CONFERMA IL PEGGIOR PRESIDENTE DI SEMPRE: HA SBARRATO LA STRADA ALL’UNICA NOVITÀ, IL COMPETENTE E ONESTO NICOLA GRATTERI ALLA GIUSTIZIA” 3. E LA STORIA DEI “MAGISTRATI MAI” È UNA BUFALA, VISTO CHE NEL 2011 FIRMÒ LA NOMINA DEL MAGISTRATO DI FORZA ITALIA NITTO PALMA, AMICO DI B. E DI NICK COSENTINO 4. “RENZI SI È AUTOROTTAMATO UBBIDENDO AI DIKTAT DI BCE E BANKITALIA SU PADOAN. LA GUIDI È UNA TURBOBERLUSCONIANA. ALFANO LO VOLEVA CACCIARE PER IL CASO SHALABAYEVA ED È DI NUOVO AGLI INTERNI. IL CONFLITTO D’INTERESSI DI POLETTI, RAS DELLE COOP” 5. SE RENZI PORTA A CASA L’ITALICUM CON SILVIO, ANCHE AL QUIRINALE CAMBIERÀ INQUILINO


1. IL RENZICCHIO
Marco Travaglio per "il Fatto Quotidiano"

Bando alle ciance sul premier più giovane e sul governo più rosa della storia italiana. Chissenefrega della propaganda: il governo Letta vantava il record dell'età media più bassa, infatti è durato meno di una gravidanza. Fino a oggi avevamo concesso a Matteo Renzi - come sempre facciamo, senza preconcetti - il sacrosanto diritto di fare le sue scelte prima di essere giudicato. Ora che le ha fatte possiamo tranquillamente dire che il suo governicchio è un Letta-bis, cioè un Napolitano-ter che potrebbe addirittura riuscire nell'ardua impresa di far rimpiangere quelli che l'hanno preceduto.

Già la lista con cui è entrato al Quirinale presentava poche novità vere, anzi una sola: quella del magistrato antimafia Nicola Gratteri alla Giustizia. Quella che ne è uscita dopo due ore e mezza di cancellature a opera di Napolitano è un brodino di pollo lesso che delude anche le più tiepide aspettative di svolta.

E il fatto che la scure di Sua Maestà si sia abbattuta proprio su Gratteri la dice lunga sul livello di non detto dei patti inconfessabili che Renzi ha voluto o dovuto stringere col partito trasversale del Gattopardo. Se il premier fosse quello che dice di essere, avrebbe dovuto tener duro su Gratteri o mandare tutto a monte. Invece s'è democristianamente genuflesso a baciare la pantofola e ha nominato il ragionier Orlando, ultimamente parcheggiato all'Ambiente ("Orlando chi?", avrebbe detto Renzi qualche giorno fa), rinunciando a dare una sterzata alla Giustizia.

Complimenti vivissimi a lui e a Giorgio Napolitano, che si conferma il peggior presidente della storia repubblicana: se Scalfaro nel '94 usò il potere di nominare i ministri per sbarrare la strada a Previti, lui l'ha usato per fermare un pm competente, efficiente, onesto ed estraneo alle correnti.

E non per un'allergia congenita ai Guardasigilli togati: nel 2011 firmò l'incredibile nomina del magistrato forzista Nitto Palma, amico di B. e di Cosentino. Il veto è proprio ad personam contro Gratteri, che la Giustizia minacciava di farla funzionare sul serio, senza più indulti, amnistie, svuotacarceri e leggi vergogna. Davvero troppo per lo Stato che tratta con la mafia e per il suo capo.

Accettando senza batter ciglio i veti del Colle, della Bce e di Bankitalia, Renzicchio si candida al ruolo di rottamatore autorottamato. Poteva tentare una svolta, costi quel che costi: s'è prontamente fatto fagocitare dalla "palude" che rinfacciava a Letta. Voleva essere il primo premier della Terza Repubblica: sarà il terzo premier a sovranità limitata, circondato da un accrocco di partitocrati di nuova generazione che non danno alcuna garanzia di esser meglio degli antenati.

Con due sole eccezioni: il ministro dell'Economia Padoan, finto tecnico che rassicura le autorità europee e mastica politica da una vita, infatti era consigliere di D'Alema (Renzi voleva Delrio, poi anche lì ha alzato bandiera bianca); e l'addetta allo Sviluppo Federica Guidi, che ha soprattutto il merito di essere una turboberlusconiana e la figlia di papà Guidalberto.

Alfano, che Renzi voleva cacciare dal Viminale per l'affare Shalabayeva, resta a pie' fermo al Viminale. Lupi, che persino il renziano De Luca accusava di farsi gli affari suoi alle Infrastrutture, rimane imbullonato dov'è. Un altro formidabile conflitto d'interessi porta con sé Giuliano Poletti, ras delle coop rosse, al Lavoro. Notevole anche la Pinotti, genovese come Finmeccanica, alla Difesa.

La catastrofe Lorenzin farà altri danni alla Salute. Il multiuso Franceschini passa dai Rapporti col Parlamento alla Cultura. La Giannini, segretaria di quel che resta di Scelta civica, va all'Istruzione. Il cerchietto magico renziano si aggiudica gli Esteri con la Mogherini, le Riforme con la Boschi, la Pubblica amministrazione con la Madia (avete capito bene: Madia).

Un po' di fumo negli occhi con la sindaca antimafia Lanzetta alle Regioni, poi due figuranti come Martina all'Agricoltura e il casiniano Galletti che, essendo commercialista, va all'Ambiente. "Ora mi gioco la faccia", ha detto Renzi. Già fatto.


2. COLLE: FASE NUOVA, DIMISSIONI MENO LONTANE
Paolo Cacace per "Il Messaggero"


E' stata una crisi politica diversa, almeno rispetto alle ultime due (governi Monti e Letta) e anche l'epilogo non poteva che essere diverso. Giorgio Napolitano non ha dovuto spiegare le ragioni della nascita del governo Renzi semplicemente perché la caduta di Letta l'ha decretata lo stesso successore nei panni di segretario del Pd. Nondimeno il bilancio della crisi che - occorre ripeterlo - probabilmente il capo dello Stato non avrebbe voluto si conclude con un segno positivo per il Colle decifrabile anche dal tono sereno e soddisfatto delle dichiarazioni conclusive di Napolitano ai giornalisti e dalla sottolineatura che non c'è stato alcun braccio di ferro con Renzi.

I PALETTI
Nel momento in cui Letta ha rassegnato le dimissioni, Napolitano aveva almeno tre preoccupazioni principali: 1) che le fibrillazioni tra Pd e alfaniani non sfociassero in una rottura destinata a portare inevitabilmente il Paese ad un voto anticipato; 2) che la nuova squadra di governo presentasse sufficienti elementi di garanzia e affidabilità presso i partners europei e la Bce; 3) che il patto di coalizione prevedesse impegni precisi e vincolanti sul fronte delle riforme istituzionali e della nuova legge elettorale.

Ebbene i tre "paletti" sono stati rispettati con il nuovo patto Renzi-Alfano e soprattutto con la nomina dell'economista Padoan al ruolo-chiave dell'Economia. Una volta accertato questo elemento di continuità, Napolitano ha potuto dare via libera alle figure nuove volute da Renzi, ben felice della cospicua presenza femminile nel nuovo esecutivo.

FINISCE IL FILO DIRETTO
Certo, ora si apre una fase nuova anche per il Quirinale. Viene meno il filo diretto con Palazzo Chigi, ma c'è quell'impegno per un patto di legislatura fino al 2018 che rassicura Napolitano, il quale vigilerà perché esso sia rispettato («anche se nessuno può metterci la mano sul fuoco», ha osservato con sincerità) anche perché esso è legato ad una efficace e incisiva iniziativa per le riforme economiche ed istituzionali.

Insomma, forse da oggi Napolitano comincia a vedere concretamente delinearsi quel percorso virtuoso al quale aveva condizionato la sua disponibilità al secondo mandato presidenziale nell'aprile dello scorso anno. Certo - prima di ritirarsi per godere finalmente del meritato riposo - egli vorrà accertarsi di lasciare un Paese in ordine e sulla via della «normalità» istituzionale. Non lo farà mai sotto la spinta delle accuse infamanti che gli sono state rivolte negli ultimi tempi fino alla richiesta di «impeachment». Ma se Renzi manterrà le promesse e riuscirà a rispettare l'itinerario che si è prefisso per condurre in porto le riforme anche per Napolitano si delinea una fase meno convulsa e in prospettiva forse potrà cominciare a ritenere esaurito il suo compito.

 

 

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