1. RENZIE GIRA, PARLA, PROMETTE, INCONTRA, “SFIDA L’EUROPA”, MA CHI IN QUESTI PRIMI GIORNI HA AVUTO BISOGNO DI METTERSI IN CONTATTO CON PALAZZO CHIGI SI È SPESSO TROVATO, CON SOMMO STUPORE, DIRETTAMENTE AL TELEFONO CON DELRIO E IL SUO VICE 2. A UN MESE ESATTO DAL GIURAMENTO DEL GOVERNO RENZIE, MOLTI DIPARTIMENTI DELLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO SONO ANCORA SENZA UNA GUIDA, A COMINCIARE DA QUELLO ECONOMICO. SI RISCHIA CHE LO SCHEMA DEL DOCUMENTO DI PROGRAMMAZIONE ECONOMICA (DEF) VENGA GIRATO DA RENZIE A QUALCHE ECONOMISTA DI CUI SI FIDA FUORI DAL GOVERNO (I VARI BINI SMAGHI, GIAVAZZI, SINISCALCO) PER FARSI CONSIGLIARE 3. PREPARA LE VALIGE, DAL TESORO ALLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO, CARLO COTTARELLI. CON LE MANOVRE SUL DEFICIT SEMPRE PIÙ COMPLICATE, PER VIA DELLA FERMA CONTRARIETÀ DI BRUXELLES, LA SPENDING REVIEW SARÀ FONDAMENTALE PER IL MANTENIMENTO DELLE PROMESSE SUL TAGLIO DEL CUNEO FISCALE. E AVERE UN UOMO DEL FONDO MONETARIO INTERNAZIONALE INSTALLATO NEL CUORE DI PALAZZO CHIGI NON SARÀ UNA PASSEGGIATA PER PITTIBIMBO, CHE HA GIÀ DOVUTO SUBIRE LA NOMINA DEL MINISTRO DEL TESORO

DAGOREPORT

La prossima settimana, quando a Palazzo Chigi arriveranno dal Tesoro le prime bozze del Def, il documento di programmazione economica e finanziaria da presentare a Bruxelles il 10 aprile, c'è da sperare che sul fax ci siano le provvidenziali mani di Graziano Delrio.

Perché al momento a Palazzo ci sono giusto lui, ovvero il sottosegretario alla presidenza del Consiglio del quale Renzie si fida come di un fratello, e l'ex city manager di Reggio Emilia Mauro Bonaretti. E meno male che è in arrivo Lurch Cottarelli, il "commercialista" responsabile della spending review che lascia il Tesoro per passare a palazzo Chigi con quella che oggi i giornaloni presentano come una mezza "diminutio" e che invece è solo l'ennesimo successo del Fondo monetario internazionale, dal quale Mister Mani di forbice proviene.

Renzie gira, parla, promette, incontra, "sfida l'Europa", tratta e prova a far di conto. Ma chi in questi primi giorni, dal ministero di via XX Settembre o dal vasto mondo delle agenzie e degli enti di Stato, ha avuto bisogno di mettersi in contatto con la struttura di Palazzo Chigi si è spesso trovato, con sommo stupore, direttamente al telefono con Delrio e il suo vice.

A un mese esatto dal giuramento del governo Renzie, "per i corridoi di Palazzo Chigi si potrebbe tranquillamente girare in skate board", racconta chi ci è dovuto andare per provare a parlare "con qualcuno del governo". Insomma, se lanci un urlo, ti torna indietro l'eco. E se a questo si aggiunge che mancano ancora le deleghe a viceministri e sottosegretari, con battaglie durissime in corso allo Sviluppo economico e al Tesoro, si capisce quanto sia palpabile un certo imbarazzo degli stessi mandarini di Stato per il rischio paralisi.

Molti dipartimenti della Presidenza del Consiglio sono ancora senza una guida, a cominciare da quello economico e da quello che coordina le politiche europee. Pittibimbo ha preferito affrontare i suoi primi viaggi a Parigi, Berlino e Bruxelles con dossier sparsi confezionati da questo o quel personaggio di fiducia, oltre ai contributi spontanei di un preoccupatissimo Padoan.

Manca finora un vero staff economico che segua l'agenda e prepari i documenti scritti per il premier. Ed è stata di fatto smantellata, tanto per fare un esempio, anche la rete dei funzionari che Enrico Letta aveva voluto per seguire da vicino ogni singola Regione.

Certo, anche qui ad annunci non stiamo male. E così si dice che nel giro di qualche giorno Filippo Taddei s'insedierà alla guida del dipartimento per gli affari economici e potrebbe tornare con incarichi di prestigio anche Luigi Ferrara, vice segretario generale di Palazzo Chigi con Lettanipote.

Sta preparando le valige, dal Tesoro alla presidenza del Consiglio, anche Carlo Cottarelli, insieme alla sua pattuglia di "tagliatori di spese". Si racconta che non abbia un gran feeling con Renzie, ma il punto è un altro. Con le manovre sul deficit sempre più complicate, per via della ferma contrarietà di Bruxelles, la spending review sarà sempre più fondamentale per il mantenimento delle promesse sul taglio del cuneo fiscale. E avere un uomo del Fondo monetario internazionale installato nel cuore di Palazzo Chigi non sarà una passeggiata per Pittibimbo, che ha già dovuto subire la nomina del ministro del Tesoro.

I fax incustoditi, si diceva. I fax sono ancora importanti perché ora è il tempo degli impegni scritti su entrate e uscite dello Stato. Entro il 10 aprile dobbiamo presentare il Def anche all'Europa e già la prossima settimana gli uomini di Padoan sforneranno la prima bozza. Se la squadra di Palazzo Chigi sarà ancora una chimera, si rischiano pasticci epocali.

Si rischia che lo schema del documento di programmazione economica venga girato da Delrio a Renzie, che poi, tra una gita scolastica e una partita della Fiorentina, magari lo manda a qualche economista di cui si fida fuori dal governo (un Bini Smaghi, un Giavazzi, un Siniscalco) per farsi consigliare.

Saranno ottimi consiglieri, ma gli economisti di solito non sono abituati ai tempi della macchina di governo. E soprattutto non hanno presente i numeri veri del deficit e quanto questi si possono tirare in un senso o nell'altro, con qualche accortezza di quelle che si vedono solo a febbraio del prossimo anno, a babbo morto.

Per fare un esempio, sulla copertura dei famosi 10 miliardi di Irpef in meno nelle buste paga, toccherà raddoppiare (da 3 a 6 miliardi) l'impatto della spending review originariamente previsto da Cottarelli ai tempi di Lettanipote. La scommessa è che quei miliardi in più siano coperti entro fine anno grazie al miglioramento del ciclo economico o all'accordo con la Svizzera sui capitali. Si tratta appunto di una scommessa, da giocare aumentando temporaneamente il deficit facendo finta di non aumentarlo.

Un ostacolo a questa strategia, però c'è, ed è stato finora ampiamente sottovalutato. Si è raccontato a Renzie che il clima elettorale in Europa e il fatto che gli organismi che "ci controllano" siano tutti in scadenza ci offre un importante aiuto. Quasi un salvacondotto per allentare un po' la morsa dei vincoli di bilancio che abbiamo sottoscritto nel 2012 ai tempi di Monti con infinita leggerezza.

Nulla di più falso. Un certo vuoto di potere politico a Bruxelles non fa che rafforzare il potere degli uffici della Commissione. Uffici che sono ancora più duri e khomeinisti dei vari Olli Ren. Oltre a tutto, questi maledetti "burocrati" il nostro Rottam'attore li attacca tutti i giorni.

 

RENZI E DELRIORENZI E DELRIOFILIPPO TADDEI OSPITE DI SERVIZIO PUBBLICO carlo cottarelli Lorenzo Bini Smaghi FRANCESCO GIAVAZZI jpegfassino siniscalco olli rehn

Ultimi Dagoreport

andrea orcel gaetano caltagirone carlo messina francesco milleri philippe 
donnet nagel generali

DAGOREPORT - BUM! ECCO LA RISPOSTA DI CALTAGIRONE ALLA MOSSA DI NAGEL CHE GLI HA DISINNESCATO LA CONQUISTA DI GENERALI - L’EX PALAZZINARO STA STUDIANDO UNA CONTROMOSSA LEGALE APPELLANDOSI AL CONFLITTO DI INTERESSI: È LEGITTIMO CHE SIA IL CDA DI GENERALI, APPENA RINNOVATO CON DIECI CONSIGLIERI (SU TREDICI) IN QUOTA MEDIOBANCA, A DECIDERE SULLA CESSIONE, PROPRIO A PIAZZETTA CUCCIA, DI BANCA GENERALI? - LA PROVA CHE IL SANGUE DI CALTARICCONE SI SIA TRASFORMATO IN BILE È NELL’EDITORIALE SUL “GIORNALE” DEL SUO EX DIPENDENTE AL “MESSAGGERO”, OSVALDO DE PAOLINI – ECCO PERCHÉ ORCEL HA VOTATO A FAVORE DI CALTARICCONE: DONNET L’HA INFINOCCHIATO SU BANCA GENERALI. QUANDO I FONDI AZIONISTI DI GENERALI SI SONO SCHIERATI A FAVORE DEL FRANCESE (DETESTANDO IL DECRETO CAPITALI DI CUI CALTA È STATO GRANDE ISPIRATORE CON FAZZOLARI), NON HA AVUTO PIU' BISOGNO DEL CEO DI UNICREDIT – LA BRUCIANTE SCONFITTA DI ASSOGESTIONI: E' SCESO IL GELO TRA I GRANDI FONDI DI INVESTIMENTO E INTESA SANPAOLO? (MAGARI NON SI SENTONO PIÙ TUTELATI DALLA “BANCA DI SISTEMA” CHE NON SI SCHIERERÀ MAI CONTRO IL GOVERNO MELONI)

giorgia meloni intervista corriere della sera

DAGOREPORT - GRAN PARTE DEL GIORNALISMO ITALICO SI PUÒ RIASSUMERE BENE CON L’IMMORTALE FRASE DELL’IMMAGINIFICO GIGI MARZULLO: “SI FACCIA UNA DOMANDA E SI DIA UNA RISPOSTA” -L’INTERVISTA SUL “CORRIERE DELLA SERA” DI OGGI A GIORGIA MELONI, FIRMATA DA PAOLA DI CARO, ENTRA IMPERIOSAMENTE NELLA TOP PARADE DELLE PIU' IMMAGINIFICHE MARZULLATE - PICCATISSIMA DI ESSERE STATA IGNORATA DAI MEDIA ALL’INDOMANI DELLE ESEQUIE PAPALINE, L’EGO ESPANSO DELL’UNDERDOG DELLA GARBATELLA, DIPLOMATA ALL’ISTITUTO PROFESSIONALE ARRIGO VESPUCCI, È ESPLOSO E HA RICHIESTO AL PRIMO QUOTIDIANO ITALIANO DUE PAGINE DI ‘’RIPARAZIONE’’ DOVE SE LA SUONA E SE LA CANTA - IL SUO EGO ESPANSO NON HA PIÙ PARETI QUANDO SI AUTOINCORONA “MEDIATRICE” TRA TRUMP E L'EUROPA: “QUESTO SÌ ME LO CONCEDO: QUALCHE MERITO PENSO DI POTER DIRE CHE LO AVRÒ AVUTO COMUNQUE...” (CIAO CORE!)

alessandro giuli bruno vespa andrea carandini

DAGOREPORT – CHI MEGLIO DI ANDREA CARANDINI E BRUNO VESPA, GLI INOSSIDABILI DELL’ARCHEOLOGIA E DEL GIORNALISMO, UNA ARCHEOLOGIA LORO STESSI, POTEVANO PRESENTARE UN LIBRO SULL’ANTICO SCRITTO DAL MINISTRO GIULI? – “BRU-NEO” PORTA CON SÉ L’IDEA DI AMOVIBILITÀ DELL’ANTICO MENTRE CARANDINI L’ANTICO L’HA DAVVERO STUDIATO E CERCA ANCORA DI METTERLO A FRUTTO – CON LA SUA PROSTRAZIONE “BACIAPANTOFOLA”, VESPA NELLA PUNTATA DI IERI DI “5 MINUTI” HA INANELLATO DOMANDE FICCANTI COME: “E’ DIFFICILE PER UN UOMO DI DESTRA FARE IL MINISTRO DELLA CULTURA? GIOCA FUORI CASA?”. SIC TRANSIT GLORIA MUNDI – VIDEO

banca generali lovaglio francesco gaetano caltagirone philippe donnet alberto nagel milleri

DAGOREPORT - DA QUESTA MATTINA CALTAGIRONE HA I SUDORI FREDDI: SE L’OPERAZIONE DI ALBERTO NAGEL ANDRÀ IN PORTO (SBARAZZARSI DEL CONCUPITO “TESORETTO” DI MEDIOBANCA ACQUISENDO BANCA GENERALI DAL LEONE DI TRIESTE), L’82ENNE IMPRENDITORE ROMANO AVRÀ BUTTATO UN PACCO DI MILIARDI PER RESTARE SEMPRE FUORI DAL “FORZIERE D’ITALIA’’ - UN FALLIMENTO CHE SAREBBE PIÙ CLAMOROSO DEI PRECEDENTI PERCHÉ ESPLICITAMENTE SOSTENUTO DAL GOVERNO MELONI – A DONNET NON RESTAVA ALTRA VIA DI SALVEZZA: DARE UNA MANO A NAGEL (IL CEO DI GENERALI SBARRÒ I TENTATIVI DI MEDIOBANCA DI ACQUISIRE LA BANCA CONTROLLATA DALLA COMPAGNIA ASSICURATIVA) - PER SVUOTARE MEDIOBANCA SOTTO OPS DI MPS DEL "TESORETTO" DI GENERALI, VA BYPASSATA LA ‘’PASSIVITY RULE’’ CONVOCANDO  UN’ASSEMBLEA STRAORDINARIA CHE RICHIEDE UNA MAGGIORANZA DEL 51% DEI PRESENTI....

volodymyr zelensky donald trump vladimir putin moskva mar nero

DAGOREPORT - UCRAINA, CHE FARE? LA VIA PER ARRIVARE A UNA TREGUA È STRETTISSIMA: TRUMP DEVE TROVARE UN ACCORDO CHE PERMETTA SIA A PUTIN CHE A ZELENSKY DI NON PERDERE LA FACCIA – SI PARTE DALLA CESSIONE DELLA CRIMEA ALLA RUSSIA: SAREBBE UNO SMACCO TROPPO GRANDE PER ZELENSKY, CHE HA SEMPRE DIFESO L’INTEGRITÀ TERRITORIALE UCRAINA. TRA LE IPOTESI IN CAMPO C'E' QUELLA DI ORGANIZZARE UN NUOVO REFERENDUM POPOLARE NELLE ZONE OCCUPATE PER "LEGITTIMARE" LO SCIPPO DI SOVRANITA' - MA SAREBBE UNA VITTORIA TOTALE DI PUTIN, CHE OTTERREBBE TUTTO QUEL CHE CHIEDE SENZA CONCEDERE NIENTE…