RIPRESA... PER I FONDELLI - L'ECONOMIA AMERICANA FRENA MOLTO DI PIU' DELLE ATTESE: IL PIL VA GIU' DELL'1% E GETTA UN'OMBRA DI INCERTEZZA SUL FUTURO DI TUTTI GLI ALTRI PAESI. IN TUTTO IL MONDO LA RIPARTENZA DOPO LA CRISI TARDA AD ARRIVARE

1.SORPRESA NEGLI USA: L'ECONOMIA FRENA

Paolo Mastrolilli per "La Stampa"

L'economia americana frena. Non siamo ancora all'allarme recessione, e la maggior parte degli analisti pensa che la contrazione del pil dell'1% sia un episodio temporaneo. Questo stop annunciato ieri, però, conferma che la ripresa è tiepida, e alimenta l'incertezza sul futuro.

I dati provvisori del governo, pubblicati subito dopo la chiusura del primo trimestre dell'anno, avevano già lanciato l'avvertimento. Secondo quei numeri, infatti, l'economia americana era cresciuta solo dello 0,1%. Niente, in pratica. La frenata era stata attribuita soprattutto all'inverno molto rigido, che aveva paralizzato l'attività in diversi settori, a partire da quello edilizio.

Ieri il dipartimento al Commercio ha reso noto il dato aggiornato, e il verdetto è stato anche peggiore di quello iniziale: il pil in realtà ha perso l'1%, durante i primi tre mesi del 2014. La crescita negativa non si registrava dall'inizio del 2011, quando c'era stata una contrazione dell'1,3%. E se il dato non preannuncia la recessione, che tecnicamente richiederebbe almeno un altro quarto consecutivo in rosso, di sicuro non è una notizia incoraggiante sul piano della forza della ripresa.

Jason Furman, presidente dei consiglieri economici del capo della Casa Bianca, ha subito pubblicato una nota per spiegare le ragioni dello stop e tranquillizzare i mercati. La causa principale resta l'inverno particolarmente rigido, che ha frenato in generale l'economia. La differenza rispetto al dato provvisorio iniziale è che c'è stata una lentezza degli inventari superiore al previsto, costata da sola l'1,6% al pil, e un livello maggiore di importazioni. Soprattutto questi due elementi, combinati insieme, hanno determinato il passaggio dall'anemico 0,1%, all'allarmante -1%.

Secondo Furman, però, si è trattato di un problema contingente e passeggero. Già in marzo, infatti, gli indicatori avevano iniziato a riprendersi, anticipando quello che gli economisti si aspettano per il secondo trimestre, ossia un ritorno alla crescita, forse fino al 3%. Nello stesso tempo ieri sono arrivate buone notizie dal fronte del lavoro, dove le persone che hanno fatto domanda per i sussidi di disoccupazione sono diminuite di 27.000 unità, confermando quindi una tendenza positiva che fa sperare bene anche per il pil.

Se le previsioni degli ottimisti sono corrette, il dato di ieri non dovrebbe avere alcun impatto anche sulle politiche della Federal Reserve, che da mesi ormai ha avviato la progressiva riduzione dei suoi stimoli noti come «quantitative easing». Il «tapering», ossia la loro diminuzione spalmata nel tempo, dovrebbe continuare, perché l'economia non ha più bisogno di tanta spinta, e si rischia al contrario di alimentare l'inflazione restando ancorati alle politiche del passato.

La frenata di ieri però resta un fatto inusuale, fuori dal contesto di una recessione. Conferma che la ripresa non è ancora abbastanza solida da evitare sorprese, e alimenta qualche incertezza sul futuro.

2.IL RILANCIO DOPO LA CRISI TARDA IN TUTTO IL MONDO

Stefano Lepri per "La Stampa"

Non solo l'Italia, anche gli Stati Uniti hanno avuto un primo trimestre negativo. Troppo gelo, troppa neve, dunque si è lavorato un po' meno, dicono oltre Atlantico per spiegare l'inatteso calo del prodotto lordo. Da noi, dove l'inverno è stato mite, si era ipotizzato l'opposto: il Pil del primo trimestre è diminuito causa le minori spese per riscaldarsi.

Per quanto possa apparire bizzarro, le due spiegazioni non si escludono a vicenda. Nel più freddo Nord Europa, dove d'inverno si sta poco all'aperto, alle temperature meno basse della media si è attribuito infatti un effetto positivo. Comunque sia, è marginale. Si tratta di fattori transitori, destinati ad essere presto riassorbiti.

Più importante è che altri indicatori dell'economia americana continuino a dare segnali positivi: soprattutto i posti di lavoro in aumento. Per il secondo trimestre si profila un rimbalzo verso l'alto. Non c'è dunque, nei due segni negativi, un male comune di cui gli italiani possano consolarsi.

Ma la battuta d'arresto negli Usa resta significativa anche se temporanea. Non doveva essere questo 2014 un anno di forte rilancio? All'inizio, ci avevano detto così. Invece, l'attesa si allunga. In nessuna parte del pianeta si manifesta un impulso trascinante. Martedì l'Ocse aveva informato che nel primo trimestre, inaspettatamente, il commercio tra i maggiori paesi si è ridotto del 2,7%.

Per mesi gli esperti hanno dibattuto se in Cina si profilasse un rallentamento marcato. Dagli ultimi dati pare sia solo lieve, verso un tasso di crescita annuale del 7%: parecchio alto nel confronto, eppure lì sufficiente a causare qualche sofferenza. L'India, attorno al 5%, ha voluto cambiare governo proprio perché temeva una frenata. Dopo le recessioni è normale riprendersi. Però i Paesi avanzati sono ancora lontanissimi dal ritrovare il ritmo precedente alla grande crisi cominciata nel 2007.

E se negli Stati Uniti il numero dei disoccupati registrati continua a calare, occorre ricordare che molte persone un lavoro non lo cercano più: il rapporto tra occupati e popolazione è sceso di almeno tre punti. In Europa vanno meglio degli altri Germania e Gran Bretagna. Ma la ripresa britannica è distorta, finanza e immobiliare di Londra; il contrasto tra una capitale che torna ad arricchirsi e il resto del Paese che stenta è tra i motivi del successo elettorale, concentrato in provincia appunto, dell'Ukip di Nigel Farage.

La Germania spera di arrivare a una crescita vicina al 2% nella media 2014; tuttavia gli ultimi dati segnano una pausa, 24.000 disoccupati in più a maggio, meno fiducia nelle imprese. In ogni caso, quali limiti ha un successo non condiviso dal resto del continente? Forse va a scapito perfino di Paesi limitrofi come l'Olanda e la Danimarca. Non si riescono a impiegare al meglio le risorse. Le imprese americane e tedesche hanno molti soldi in cassa, ma non li investono; mentre quelle francesi o italiane sono a corto di capitali. La Cina accumula tesori immensi di cui i potenti di quel Paese sono ancora incapaci di fare uso produttivo.

Per invogliare a investire, le banche centrali dei Paesi avanzati non possono che mantenere bassi i tassi di interesse; e probabilmente la Bce li farà scendere ancora giovedì. Ma non è un rimedio garantito: può anche gonfiare bolle speculative, provocare nuove instabilità. Avrebbe senso che l'investimento pubblico, in infrastrutture necessarie, faccia da volano. Ma la maggior parte degli Stati sono già troppo indebitati per provarci; mentre in quelli che potrebbero non c'è una maggioranza politica a favore.

 

 

renzi e obamaMATTEO RENZI E BARACK OBAMA FOTO LAPRESSE MATTEO RENZI E BARACK OBAMA FOTO LAPRESSE INCONTRO FRA OBAMA E PAPA FRANCESCO ORO NELLA FEDERAL RESERVE BANK DI NEW YORK janet yellen DISOCCUPATIDISOCCUPAZIONE

Ultimi Dagoreport

sergio mattarella quirinale

DAGOREPORT - DIRE CHE SERGIO MATTARELLA SIA IRRITATO, È UN EUFEMISMO. E QUESTA VOLTA NON È IMBUFALITO PER I ‘’COLPI DI FEZ’’ DEL GOVERNO MELONI. A FAR SOBBALZARE LA PRESSIONE ARTERIOSA DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA SONO STATI I SUOI CONSIGLIERI QUIRINALIZI - QUANDO HA LETTO SUI GIORNALI IL SUO INTERVENTO A LATINA IN OCCASIONE DEL PRIMO MAGGIO, CON LA SEGUENTE FRASE: “TANTE FAMIGLIE NON REGGONO L'AUMENTO DEL COSTO DELLA VITA. SALARI INSUFFICIENTI SONO UNA GRANDE QUESTIONE PER L'ITALIA”, A SERGIONE È PARTITO L’EMBOLO, NON AVENDOLE MAI PRONUNCIATE – PER EVITARE L’ENNESIMO SCONTRO CON IL GOVERNO DUCIONI, MATTARELLA AVEVA SOSTITUITO AL VOLO ALCUNI PASSI. PECCATO CHE IL TESTO DELL’INTERVENTO DIFFUSO ALLA STAMPA NON FOSSE STATO CORRETTO DALLO STAFF DEL COLLE, COMPOSTO DA CONSIGLIERI TUTTI DI AREA DEM CHE NON RICORDANO PIU’ L’IRA DI MATTARELLA PER LA LINEA POLITICA DI ELLY SCHLEIN… - VIDEO

andrea orcel gaetano caltagirone carlo messina francesco milleri philippe 
donnet nagel generali

DAGOREPORT - BUM! ECCO LA RISPOSTA DI CALTAGIRONE ALLA MOSSA DI NAGEL CHE GLI HA DISINNESCATO LA CONQUISTA DI GENERALI - L’EX PALAZZINARO STA STUDIANDO UNA CONTROMOSSA LEGALE APPELLANDOSI AL CONFLITTO DI INTERESSI: È LEGITTIMO CHE SIA IL CDA DI GENERALI, APPENA RINNOVATO CON DIECI CONSIGLIERI (SU TREDICI) IN QUOTA MEDIOBANCA, A DECIDERE SULLA CESSIONE, PROPRIO A PIAZZETTA CUCCIA, DI BANCA GENERALI? - LA PROVA CHE IL SANGUE DI CALTARICCONE SI SIA TRASFORMATO IN BILE È NELL’EDITORIALE SUL “GIORNALE” DEL SUO EX DIPENDENTE AL “MESSAGGERO”, OSVALDO DE PAOLINI – ECCO PERCHÉ ORCEL HA VOTATO A FAVORE DI CALTARICCONE: DONNET L’HA INFINOCCHIATO SU BANCA GENERALI. QUANDO I FONDI AZIONISTI DI GENERALI SI SONO SCHIERATI A FAVORE DEL FRANCESE (DETESTANDO IL DECRETO CAPITALI DI CUI CALTA È STATO GRANDE ISPIRATORE CON FAZZOLARI), NON HA AVUTO PIU' BISOGNO DEL CEO DI UNICREDIT – LA BRUCIANTE SCONFITTA DI ASSOGESTIONI: E' SCESO IL GELO TRA I GRANDI FONDI DI INVESTIMENTO E INTESA SANPAOLO? (MAGARI NON SI SENTONO PIÙ TUTELATI DALLA “BANCA DI SISTEMA” CHE NON SI SCHIERERÀ MAI CONTRO IL GOVERNO MELONI)

giorgia meloni intervista corriere della sera

DAGOREPORT - GRAN PARTE DEL GIORNALISMO ITALICO SI PUÒ RIASSUMERE BENE CON L’IMMORTALE FRASE DELL’IMMAGINIFICO GIGI MARZULLO: “SI FACCIA UNA DOMANDA E SI DIA UNA RISPOSTA” -L’INTERVISTA SUL “CORRIERE DELLA SERA” DI OGGI A GIORGIA MELONI, FIRMATA DA PAOLA DI CARO, ENTRA IMPERIOSAMENTE NELLA TOP PARADE DELLE PIU' IMMAGINIFICHE MARZULLATE - PICCATISSIMA DI ESSERE STATA IGNORATA DAI MEDIA ALL’INDOMANI DELLE ESEQUIE PAPALINE, L’EGO ESPANSO DELL’UNDERDOG DELLA GARBATELLA, DIPLOMATA ALL’ISTITUTO PROFESSIONALE AMERIGO VESPUCCI, È ESPLOSO E HA RICHIESTO AL PRIMO QUOTIDIANO ITALIANO DUE PAGINE DI ‘’RIPARAZIONE’’ DOVE SE LA SUONA E SE LA CANTA - IL SUO EGO ESPANSO NON HA PIÙ PARETI QUANDO SI AUTOINCORONA “MEDIATRICE” TRA TRUMP E L'EUROPA: “QUESTO SÌ ME LO CONCEDO: QUALCHE MERITO PENSO DI POTER DIRE CHE LO AVRÒ AVUTO COMUNQUE...” (CIAO CORE!)

alessandro giuli bruno vespa andrea carandini

DAGOREPORT – CHI MEGLIO DI ANDREA CARANDINI E BRUNO VESPA, GLI INOSSIDABILI DELL’ARCHEOLOGIA E DEL GIORNALISMO, UNA ARCHEOLOGIA LORO STESSI, POTEVANO PRESENTARE UN LIBRO SULL’ANTICO SCRITTO DAL MINISTRO GIULI? – “BRU-NEO” PORTA CON SÉ L’IDEA DI AMOVIBILITÀ DELL’ANTICO MENTRE CARANDINI L’ANTICO L’HA DAVVERO STUDIATO E CERCA ANCORA DI METTERLO A FRUTTO – CON LA SUA PROSTRAZIONE “BACIAPANTOFOLA”, VESPA NELLA PUNTATA DI IERI DI “5 MINUTI” HA INANELLATO DOMANDE FICCANTI COME: “E’ DIFFICILE PER UN UOMO DI DESTRA FARE IL MINISTRO DELLA CULTURA? GIOCA FUORI CASA?”. SIC TRANSIT GLORIA MUNDI – VIDEO

banca generali lovaglio francesco gaetano caltagirone philippe donnet alberto nagel milleri

DAGOREPORT - DA QUESTA MATTINA CALTAGIRONE HA I SUDORI FREDDI: SE L’OPERAZIONE DI ALBERTO NAGEL ANDRÀ IN PORTO (SBARAZZARSI DEL CONCUPITO “TESORETTO” DI MEDIOBANCA ACQUISENDO BANCA GENERALI DAL LEONE DI TRIESTE), L’82ENNE IMPRENDITORE ROMANO AVRÀ BUTTATO UN PACCO DI MILIARDI PER RESTARE SEMPRE FUORI DAL “FORZIERE D’ITALIA’’ - UN FALLIMENTO CHE SAREBBE PIÙ CLAMOROSO DEI PRECEDENTI PERCHÉ ESPLICITAMENTE SOSTENUTO DAL GOVERNO MELONI – A DONNET NON RESTAVA ALTRA VIA DI SALVEZZA: DARE UNA MANO A NAGEL (IL CEO DI GENERALI SBARRÒ I TENTATIVI DI MEDIOBANCA DI ACQUISIRE LA BANCA CONTROLLATA DALLA COMPAGNIA ASSICURATIVA) - PER SVUOTARE MEDIOBANCA SOTTO OPS DI MPS DEL "TESORETTO" DI GENERALI, VA BYPASSATA LA ‘’PASSIVITY RULE’’ CONVOCANDO  UN’ASSEMBLEA STRAORDINARIA CHE RICHIEDE UNA MAGGIORANZA DEL 51% DEI PRESENTI....