A ROMA SOLO IL 52% DI VOTANTI? PURE TROPPI! - MONTESANO: “PERCHÉ HO VOTATO? NON LO SO”…

Mattia Feltri per "la Stampa"

Il poeta romano Valerio Magrelli legge una targa «Dice: si proibisce espressamente a tutte le singole persone che non arrischino fare il monnezzaro pena scudisciate». È del 1746, nel rione Sant'Eustachio. E cioè Roma la sozzona è tale da sempre, o da molto, e però adesso, dice Magrelli, la differenza è che il monnezzaro «lo fa la casta». Il riferimento storico aiuta. Enrico Montesano (il Rugantino di Garinei e Giovannini edizione 1978) sta studiando la Repubblica romana e la congiura di Catilina: «Si compravano i voti, si compravano i giudici...». Ride. Roma è questa, da sempre.

«Roma è una via di mezzo fra un suk, un luna park e una camera a gas, e Alemanno ha perfezionato il mix», dice Roberto Gervaso, che è torinese ma vive a Roma da decenni, e nell'ombelico del mondo, dietro al Colosseo. La sintesi: un romano su due non è andato a votare per un insieme di ragioni eterne e moderne. Ancora Magrelli: «Roma è una città che vive di politica, ne è così storicamente vicina e intrisa che forse più di altri ne sente il ribrezzo»; il cardinale di Giuseppe Gioachino Belli travolgeva i passanti con la sua carrozza, adesso «è l'auto del ministro, e la nausea è irresistibile».

È difficile spiegarsi perché nella capitale l'astensione è dieci punti sopra la media nazionale. Maurizio Costanzo si definisce «dispiaciuto» perché non sa darsi una risposta. «Non mi si parli della partita Roma-Lazio perché è una sciocchezza. Seguo incredulo una disaffezione seria alla politica che non appartiene a Roma».

Roberto D'Agostino, anima del sito Dagospia, nemmeno accetta la spiegazione della tornata amministrativa, meno attraente di quella politica: «L'elezione del sindaco di Roma non è un fatto locale, è da sempre un fatto politico». Ed è esattamente questo il motivo per il quale «non sono andato a votare, ma ho preferito fare una passeggiata col mio cagnolino, un labrador che si chiama Zen perché, a differenza di tanti nostri politici, ha una visione orientale dell'esistenza».

Dice D'Agostino che tanti se ne sono andati a spasso col loro Zen, o con la fidanzata, perché «anche gli elettori comuni, anche chi non legge i giornali e non sta su internet, si è reso conto che il nostro è un paese a sovranità limitata, come la Francia o la Spagna, e tutto dipende da Berlino, Francoforte e Bruxelles. Non ci si prende il disturbo di votare gente che non conta nulla».

La spiegazione funziona, ma perché a Roma il fenomeno è più marcato che altrove? «Non sono un sociologo - dice Montesano - ma mi soccorrono i detti della mia città: il peggio non è mai morto. Oppure: chi de' speranza vive disperato more. Roma è anche questa, distaccata, disincantata, cinica. Può essere che stavolta stia anticipando o inasprendo tendenze generali».

Venti anni fa, Maurizio Costanzo contribuì alla salita al Campidoglio di Francesco Rutelli: «Me la ricordo come una campagna bella, febbrile, piena di attese. Chissà, magari venti anni dopo la Seconda repubblica si dimostra ripetitiva a livelli ormai insopportabili».

Gervaso pensa proprio di sì: «Sono persino stupito che uno su due a votare ci sia andato. Io no, non ci vado da tempo. E poi sotto il regno di Alemanno sono caduto in strada quattro volte a causa delle buche. Non ti voto se cado quattro volte. Altro che grandi teorie. Questa città è stata amministrata malissimo da Alemanno, che oltretutto ha il dono dell'antipatia e di una inconsapevole protervia.

E Marino non è tanto meglio con quell'aria untuosa, gelatinosa e giulebbosa. I romani non sono stupidi: avvertono l'impoverimento di una classe dirigente senza più scuola, o addirittura orgogliosamente incompetente». La diagnosi si rivela complicata e complessa. Montesano: «I miei figli più giovani, che sono sulla ventina, non sono andati a votare. Mi hanno chiesto: che importa? Io ci sono andato, ho votato per Grillo ma ho sempre cercato di dare il voto dove si promette una novità».

E forse proprio il disastro a cinque stelle dà indicazioni importanti: «Credo che dopo l'ingresso in Parlamento il M5S abbia dato prove incomprensibili», dice Magrelli. Ha avuto un comportamento contraddittorio, deludente per gli elettori classici di sinistra che si erano affidati a lui.

«Il più grande comunicatore non si è fatto capire, e molti non sono riusciti a rivotarlo», aggiunge Magrelli. D'Agostino dà perfettamente il quadro: «Ma sì, ha già scocciato tutti. O ci va lui a fare il parlamentare, il sindaco, o sennò a me che mi frega di avere come guida uno come Vito Crimi? Se le cose stanno così, Grillo, in quel posto vacce te».

Non è la gente che ha abbandonato la politica, ma la politica che ha abbandonato la gente, dice ancora Dago. Non c'è spiegazione che basti, non c'è spiegazione che non funzioni. Per esempio, e per chiudere, ecco Montesano: «Mi chiedete perché, a differenza dei miei figli, sono andato a votare. La verità è che non lo so».

 

 

Enrico Montesano marino marchini de vito alemanno marchini de vito alemanno marino ROBERTO DAGOSTINO ROBERTO GERVASO E MOGLIE Maurizio Costanzo VALERIO MAGRELLI

Ultimi Dagoreport

elly schlein almasri giuseppe conte giorgia meloni

DAGOREPORT - BENVENUTI AL GRANDE RITORNO DELLA SINISTRA DI TAFAZZI! NON CI VOLEVA L’ACUME DI CHURCHILL PER NON FINIRE NELLA TRAPPOLA PER TOPI TESA ALL'OPPOSIZIONE DALLA DUCETTA, CHE HA PRESO AL BALZO L’ATTO GIUDIZIARIO RICEVUTO DA LO VOI PER IL CASO ALMASRI (CHE FINIRÀ NELLA FUFFA DELLA RAGION DI STATO) PER METTERE SU UNA INDIAVOLATA SCENEGGIATA DA ‘’MARTIRE DELLA MAGISTRATURA’’ CHE LE IMPEDISCE DI GOVERNARE LA SUA "NAZIONE" - TUTTE POLEMICHE CHE NON GIOVANO ALL’OPPOSIZIONE, CHE NON PORTANO VOTI, DATO CHE ALL’OPINIONE PUBBLICA DEL TRAFFICANTE LIBICO, INTERESSA BEN POCO. DELLA MAGISTRATURA, LASCIAMO PERDERE - I PROBLEMI REALI DELLA “GGGENTE” SONO BEN ALTRI: LA SANITÀ, LA SCUOLA PER I FIGLI, LA SICUREZZA, I SALARI SEMPRE PIÙ MISERI, ALTRO CHE DIRITTI GAY E ALMASRI. ANCHE PERCHE’ IL VERO SFIDANTE DEL GOVERNO NON È L’OPPOSIZIONE MA LA MAGISTRATURA, CONTRARIA ALLA RIFORMA DI PALAZZO CHIGI. DUE POTERI, POLITICO E GIUDIZIARIO, IN LOTTA: ANCHE PER SERGIO MATTARELLA, QUESTA VOLTA, SARÀ DURA...

donald trump zelensky putin

DAGOREPORT - UCRAINA, LA TRATTATIVA SEGRETA TRA PUTIN E TRUMP È GIA' INIZIATA (KIEV E UE NON SONO STATI NEANCHE COINVOLTI) - “MAD VLAD” GODE E ELOGIA IN MANIERA SMACCATA IL TYCOON A CUI DELL'UCRAINA FREGA SOLO PER LE RISORSE DEL SOTTOSUOLO – IL PIANO DI TRUMP: CHIUDERE L’ACCORDO PER IL CESSATE IL FUOCO E POI PROCEDERE CON I DAZI PER L'EUROPA. MA NON SARA' FACILE - PER LA PACE, PUTIN PONE COME CONDIZIONE LA RIMOZIONE DI ZELENSKY, CONSIDERATO UN PRESIDENTE ILLEGITTIMO (IL SUO MANDATO, SCADUTO NEL 2024, E' STATO PROROGATO GRAZIE ALLA LEGGE MARZIALE) - MA LA CASA BIANCA NON PUO' FORZARE GLI UCRAINI A SFANCULARLO: L’EX COMICO È ANCORA MOLTO POPOLARE IN PATRIA (52% DI CONSENSI), E L'UNICO CANDIDATO ALTERNATIVO È IL GENERALE ZALUZHNY, IDOLO DELLA RESISTENZA ALL'INVASIONE RUSSA...

donnet, caltagirone, milleri, orcel

DAGOREPORT - COSA POTREBBE SUCCEDERE DOPO LA MOSSA DI ANDREA ORCEL CHE SI È MESSO IN TASCA IL 4,1% DI GENERALI? ALL’INIZIO IL CEO DI UNICREDIT SI POSIZIONERÀ IN MEZZO AL CAMPO NEL RUOLO DI ARBITRO. DOPODICHÉ DECIDERÀ DA CHE PARTE STARE TRA I DUE DUELLANTI: CON IL CEO DI GENERALI, PHILIPPE DONNET, OPPURE CON IL DUPLEX CALTAGIRONE-MILLERI? DIPENDERÀ DA CHI POTRÀ DARE PIÙ VANTAGGI A ORCEL - UNICREDIT HA IN BALLO DUE CAMPAGNE DI CONQUISTA: COMMERBANK E BANCO BPM. SE LA PRIMA HA FATTO INCAZZARE IL GOVERNO TEDESCO, LA SECONDA HA FATTO GIRARE LE PALLE A PALAZZO CHIGI CHE SUPPORTA CALTA-MILLERI PER UN TERZO POLO BANCARIO FORMATO DA BPM-MPS. E LA RISPOSTA DEL GOVERNO, PER OSTACOLARE L’OPERAZIONE, È STATA L'AVVIO DELLA PROCEDURA DI GOLDEN POWER - CHI FARÀ FELICE ORCEL: DONNET O CALTA?