IL RUGGITO DI GERONZI: “SUL CASO CIAPPAZZI, TONNA E TANZI HANNO DETTO SOLO FALSITA’”

Dal "Sole 24 Ore"

Cesare Geronzi contesta le deposizioni di Calisto Tanzi e Fausto Tonna sul caso Ciappazzi, filone nato dall'inchiesta sul crack Parmalat. Calisto Tanzi e Fausto Tonna hanno reso deposizioni «in modo del tutto inveritiero» e quanto hanno dichiarato «appartiene al novero delle falsità», ha detto Cesare Geronzi nelle sue spontanee dichiarazioni al processo d'appello a Bologna sulla vicenda della vendita delle acque minerali Ciappazzi. L'ex presidente di Banca di Roma-Capitalia era stato condannato in primo grado a 5 anni.

«Io sono una persona che per quasi 60 anni ha vissuto la sua professionalità nel mondo bancario, ma mi sono accorto che per le dichiarazioni di questi signori io sono un "regista occulto"». «Uno che - ha aggiunto - al mattino, quando entra in banca, apre il cancello, butta la chiave e da quel momento tutto fa e tutto dispone. E tutti eseguono quel che dice. Questo non può succedere, neanche nella più piccola cassa rurale», la sua difesa.

«Mi sono accorto dell'esistenza di Ciappazzi il giorno in cui due ufficiali si sono presentati alle sette di sera per notificarmi la sospensione dal servizio». Geronzi ha rimarcato che Tonna è stato un «falsario» e ha concorso a rappresentare una situazione della Parmalat che poi sfociò in uno dei più grandi crack finanziari italiani.

E ha rivendicato la correttezza del suo operato e della sua banca. «Capitalia è stata l'unica banca che ha creato ricchezza in Italia e il suo presidente si offende nell'apprendere che il sig. Tanzi racconta la qualunque». Tanzi, «ha ingannato la banca, il suo presidente e i suoi amministratori».

Per Geronzi, Tonna e Tanzi «hanno rappresentato una situazione contabile-amministrativa falsa». La banca ha quindi sbagliato a considerarlo un imprenditore corretto, ha detto Geronzi, «ma insieme a lei ha sbagliato il mondo finanziario italiano e internazionale» e anche la «massima Istituzione dello Stato: questo signore è stato insignito del Cavalierato del Lavoro».

La Banca di Roma, ha concluso, considerava Parmalat solvibile e non avrebbe avuto alcun senso, se avesse saputo del fallimento della Parmalat, spostare il credito da un debitore insolvente (Ciarrapico) ad un altro debitore insolvente (Tanzi).

 

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