sarkozy arresto

TORNA NEL SARKO-FAGO! – L’EX PRESIDENTE FRANCESE E’ INDAGATO PER CORRUZIONE PASSIVA, FINANZIAMENTO ILLEGALE DI CAMPAGNA ELETTORALE E RICETTAZIONE DI FONDI PUBBLICI LIBICI – NELLE 25 ORE DI INTERROGATORIO NON E’ RIUSCITO A CONVINCERE I GIUDICI DELLA SUA INNOCENZA – I MAGISTRATI RITENGONO DI AVERE IN MANO “INDIZI GRAVI E CONCORDANTI” E LO TENGONO AI DOMICILIARI

Francesca Pierantozzi per “il Messaggero”

 

Moftah Missouri con Sarkozy e Gheddafi

Nicolas Sarkozy ha avuto 25 ore per convincere gli agenti dell'Anticorruzione di non aver «mai preso un centesimo da Gheddafi», come ha sempre sostenuto. Non c'è riuscito. Ieri sera, alla fine del suo stato di fermo è stato indagato per corruzione passiva, finanziamento illegale di campagna elettorale e ricettazione di fondi pubblici libici.

 

I giudici hanno anche deciso una misura coercitiva: Sarkozy è tornato a casa, ma è stato posto sotto «controllo giudiziario», ovvero dovrà rispettare alcune misure cautelari, sarà in libertà condizionata. Lui continua a negare tutto. E resta combattivo. In causa: la campagna presidenziale del 2007 che lo portò all'Eliseo. All'ex presidente della Repubblica è stato risparmiato di passare una notte in cella e da mezzanotte di martedì sera alle 8 di ieri mattina è potuto tornare a casa.

 

Moftah Missouri con Sarkozy e Gheddafi

Gli è stato risparmiato anche di uscire accompagnato dagli agenti per essere presentato davanti ai giudici istruttori: sono i giudici che sono venuti a lui, al palazzo della Polizia Giudiziaria di Nanterre. Fuori, il suo principale accusatore ha continuato a ripetere le accuse rilasciando interviste su tutte le tv.

 

Ziad Takieddine, uomo d'affari franco-libanese, considerato il principale intermediario del presunto finanziamento libico alla campagna di Sarkozy, indagato per complicità in corruzione e traffico d'influenza, ha continuato per tutto il giorno a definire l'ex presidente un «gran bugiardo» e a raccontare quello che ha raccontato ai giudici un anno fa: portò lui nel 2006 e all'inizio del 2007 tre valigie con complessivi cinque milioni di euro all'allora ministro dell'Interno e al suo capo di gabinetto Claude Guéant.

carla bruni nicolas sarkozy

 

L'INTERVENTO IN LIBIA

«Lo stato di fermo di Sarkozy era una cosa logica, normale ha detto ieri Takieddine per una volta la giustizia è determinata ad andare fino in fondo per stabilire la verità». Secondo il faccendiere, bisogna fare chiarezza anche sull'intervento in Libia nel 2011, fortemente voluto da Sarkozy. «La giustizia ha detto ieri Takieddine deve fare luce su questa guerra con la Libia. Sarkozy non ha soltanto partecipato alla guerra, è stato lui a provocarla. Per questo per me è un criminale».

 

sarkozy

L'altro testimone chiave della vicenda è attualmente ricoverato per ferite d'arma da fuoco dopo essere scampato a un attentato a Johannesburg a febbraio: è Bachir Saleh, ex dignitario di Gheddafi. Secondo Takieddine è lui che ha organizzato il finanziamento. Saleh, che si trova ora in un luogo segreto per motivi di sicurezza, non ha mai confermato. «Il mio cliente ha sempre sostenuto che non c'è mai stato nessun finanziamento ha detto ieri il suo avvocato, Eric Moutet e niente mi lascia pensare che ora abbia cambiato posizione». La parola spetta adesso ai giudici francesi, che ritengono di avere in mano «indizi gravi e concordanti».

 

LA DIFESA DELL'AMICO

A difendere l'ex presidente è sceso in campo il suo ex ministro e vecchio amico Brice Hortefeux, anche lui convocato alla sede della Giudiziaria a Nanterre, ma solo come testimone. Tornato a casa, Hortefeux ha fatto sapere via Twitter di aver potuto «fornire tutti i chiarimenti necessari per consentire di chiudere una lunga serie di errori e bugie». Ieri ha preso la parola su Twitter un altro personaggio importante della storia: Ségolène Royal.

Sarko e Gheddafi

 

Era lei nel 2007, la sfidante di Sarkozy nella corsa all'Eliseo. Sarkozy vinse col 53,06 per cento dei voti. «L'affare Sarkozy mi fa pensare ha scritto Royal Vorrei soltanto dire questo: nonostante le condizioni difficili, la giustizia fa il suo corso. Penso ai milioni di elettori che hanno il diritto di sapere se la partita che si giocò allora fu giocata a armi pari».

 

 

 

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