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SAPETE QUALI SONO GLI OSTACOLI CHE IMPEDISCONO AL PAESE DI CRESCERE? VE LO DICE IL SINDACO DI VENEZIA LUIGI BRUGNARO: MATRIMONI GAY E UTERO IN AFFITTO – A QUEL PUNTO GIANLUCA MECH, GAY E INVENTORE DELLA “TISANOREICA”, LO MANDA A FARE IN CULO
gianluca mech e francesca cipriani
Gianluca Mech è un imprenditore, vicentino di Asigliano. È il presidente dell’azienda che porta il suo nome, arrivata a superare i 20 milioni di euro di fatturato. Ed è l’inventore della «tisanoreica», la dieta che ha rimesso in forma Silvio Berlusconi e Sharon Stone. Lunedì, mentre sul palco dell’assemblea di Confindustria Vicenza il sindaco di Venezia Luigi Brugnaro (industriale pure lui, è il fondatore di Umana) ribadiva con la veemenza che l’ha reso celebre tutta la sua contrarietà alle teorie gender, all’utero in affitto e ai matrimoni omosessuali, Mech ha deciso di spezzare la liturgia confindustriale, si è alzato in piedi e, avvicinandosi al palco, ha gridato contro il collega tutta la sua indignazione, prima di abbandonare la sala della Fiera.
Perché l’ha fatto?
«Perché o parlavo io o volavano le sedie. Davvero non mi sono potuto trattenere davanti a tanta violenza e cattiveria gratuite. L’ho vissuta malissimo. All’assemblea di Confindustria vado per parlare dei problemi del mio territorio e dell’Italia. Ne abbiamo così tanti… Voglio confrontarmi con i colleghi sui temi dell’economia e del lavoro, sulle riforme da realizzare, sulle vie di uscita dalla crisi. E invece mi ritrovo sul palco il sindaco di Venezia, che non si capisce poi cosa c’entri con Vicenza, che sproloquia di gender e utero in affitto sostenendo che sono questi gli ostacoli che impediscono al Paese di crescere».
Brugnaro l’ha offesa?
«Non ne faccio una questione personale. Sono single e non ho figli. L’utero in affitto? Sono ambasciatore di “Terre Des Hommes“, ho adottato 60 bambini a distanza in vari Paesi del mondo e voglio che crescano nelle loro famiglie. Ma come potevo tacere davanti agli insulti di Brugnaro, che peraltro non sa che all’utero in affitto non ricorrono le coppie gay ma quelle eterosessuali in cui la donna non può avere figli? Di fronte alla prepotenza e al razzismo, perché questo è, non dobbiamo voltarci dall’altra parte. Noi imprenditori parliamo molto di “crescita” ma non c’è solo quella economica. L’Italia ha ancora tanta strada da fare in tema di diritti civili».
Qualcuno l’ha chiamata da Confindustria dopo quel che è successo?
«Ci vedremo giovedì (oggi, ndr) e mi attendo spiegazioni, voglio che l’associazione prenda una posizione chiara su questa storia. Viceversa potrei lasciare Confindustria. Per ora mi è stato soltanto detto che la situazione sarebbe sfuggita di mano perché i dirigenti dell’associazione avrebbero accompagnato Renzo Rosso fuori dalla sala e nessuno sarebbe quindi potuto intervenire per moderare Brugnaro».
La platea ha reagito alle sue proteste con mugugni di disapprovazione e pure qualche insulto. L’ha stupita?
«Gli insulti li ho sentiti anch’io. Non mi aspettavo che i colleghi reagissero così, anche questo mi ha fatto male. Vogliamo davvero tollerare che la caccia all’untore venga fatta sotto la bandiera di Confindustria? Così si rompe il patto tra noi, si spacca l’unità associativa».
Nessuno le ha manifestato solidarietà?
«Qualcuno mi ha stretto la mano, guardandosi però bene dallo sbilanciarsi in sala. Altri mi hanno scritto delle lettere e delle e-mail l’indomani. Diciamo che rispetto ai sostenitori di Brugnaro sono stati meno rumorosi ma capisco che chi non vive certi problemi sulla sua pelle faccia più fatica ad esporsi».
Essere imprenditori ed essere gay è difficile?
«Gli industriali si considerano un’élite del Paese ma purtroppo non sempre hanno l’apertura mentale che ci si aspetterebbe dalla categoria. C’è grande disagio, da parte mia come di altri, perché qualcuno vuol far passare il messaggio che un imprenditore omosessuale, se si muove al di fuori di alcuni ambiti ben definiti come la moda, vale meno di un imprenditore eterosessuale. Ma le pare? Un fatto simile sarebbe stato impensabile in un’assise industriale negli Usa, in Germania o in Spagna. Brugnaro si è molto dilungato sui giovani che vanno all’estero, ma lo sa quanti di loro lasciano l’Italia per farsi una vita, vivere liberamente un amore, potersi sposare?».
Si è mai sentito discriminato nel suo lavoro?
«Ci provano ogni giorno: il comun denominatore degli attacchi è “cosa vuoi capire tu che sei gay…”. Si cerca di sfruttare l’orientamento sessuale per discriminare il concorrente agli occhi della clientela, creare attorno a lui un clima ostile e di derisione, anche se, come nel mio caso, non c’è nulla di esibito. Questa sì che è concorrenza sleale ma nel 2015 si rende ridicolo chi la pratica, più viaggio all’estero più mi rendo conto dell’assurdità di certi provincialismi».
Essere gay ed essere ricchi è più facile, come si dice?
«È chiaro che meno si dipende dagli altri e più ci si può esprimere in libertà, senza temere ritorsioni. Questo, però, aumenta la nostra responsabilità, dobbiamo essere la voce anche di chi ha più difficoltà a ribellarsi alla discriminazione, alla violenza, al bullismo».
Cercherà un chiarimento anche con Brugnaro?
«Perché dovrei? Ripeto: è libero di far politica dicendo ciò che vuole, deve pur farsi votare. Ma il palco di Confindustria non è un comizio in piazza a Venezia, dev’essere rispettoso dei luoghi e delle persone che ha davanti».
Lo sa che due tra i più strenui oppositori delle teorie gender sono vicentini come lei? L’assessore all’Istruzione Elena Donazzan e il consigliere di Fratelli d’Italia Sergio Berlato.
«Non ho il piacere di conoscere Donazzan mentre conosco piuttosto bene Berlato, ci siamo parlati in più di un’occasione. Se ce ne saranno altre, mi piacerebbe capire perché la politica vuol essere così invasiva nella vita delle persone. Gli farò qualche domanda, chissà, magari mi convince…».