LA SCELTA DI JOE BIDEN DI NON CANDIDARSI ALLE PRESIDENZIALI 2016 È ANCHE LEGATA ALLA POTENZA DI FUOCO DELLA “HILLARY MACHINE” - LA CLINTON HA GIÀ IL SOSTEGNO DI OBAMA E PUÒ CONTARE SU FINANZIATORI IMPORTANTI
Vittorio Zucconi per “la Repubblica”
Formidabile gaffeur, Democratico nelle ossa, superstite di tragedie personali e familiari immense, ‘Old Joe’, il vice di Obama Joe Biden si è arreso alla marcia della zarina Hillary Clinton e ha rinunciato al sogno della propria vita, la Presidenza. «La finestra, per me, si è chiusa per sempre».
Non erano molti quelli che avevano preso sul serio la sua candidatura a una poltrona che in altre epoche e in climi diversi sarebbe stata la successione naturale di un Presidente eletto per due volte al proprio vice: come fu per Truman dopo Roosevelt, per Nixon dopo Eisenhower, per Bush dopo Reagan e per Gore dopo Clinton, senza successo.
La verità dei sondaggi, la potenza dei finanziatori, la superiorità schiacciante della “Clinton Machine” e l’impegno preso da Obama con Bill 8 anni or sono, non gli davano vere possibilità di ribaltare “il carretto delle mele” come si dice nello slang politico americano. E un veterano di sconfitte e di rivincite, di cadute vertiginose e di resurrezioni miracolose come “Old Joe” lo sapeva.
Ma dietro il garbo e la cavalleria commossa con i quali ha spiegato la sua rinuncia, sotto il portico di quella Casa Bianca dove non entrerà mai come principale ma ha dovuto vivere per 7 anni come subaffittuario, dietro l’appello a «non considerare i Repubblicani come nemici, ma come opposizione con cui trattare » e a non seppellire troppo presto l’eredità di Obama («Non starò zitto: intendo parlare con forza per influenzare il partito e la nazione»), c’era la profonda, sincera malinconia del Leone d’Inverno che sente la propria stagione finire.
Proprio quando era arrivato al penultimo gradino di una scala sulla quale aveva cominciato ad arrampicarsi fin da quando era venuto al mondo quasi 74 anni or sono in Pennsylvania, figlio di un venditore di automobili usate, prima di trasferirsi con la famiglia paterna in Delaware, ha scoperto, come ha detto l’amico d’infanzia Ted Kaufman, che «nel frattempo avevano cambiato la scala». E Hillary Clinton si stava arrampicando sicura.
Anche se il suo curriculum e la sua vita, costruite inizialmente attorno alle lamiere e ai motori, non sono mai state strettamente da “colletto blu”, Biden, avvocato, è l’ultimo - si sarebbe tentati di dire “era” l’ultimo - di una generazione di Democratici che avevano edificato le proprie fortune politiche sulle fondamenta delle fabbriche, delle catene di montaggio, dei sindacati e di Detroit, la città che lui periodicamente visitava per ricordare la felicità immensa di guidare la vecchia Pontiac del padre. E poi di ricevere, a sorpresa, una spider Corvette Stingray verde come regalo di nozze che ancora, mezzo secolo più tardi, conserva sotto un sudario grigio nella sua casa.
OBAMA JOE BIDEN E HILLARY CLINTON
Eppure fu proprio tra le lamiere di un minivan che la vita di un uomo caratterialmente allegro e ottimista, di un “pezzo da 90 politico” che si poteva incontrare ogni week end come un pendolare qualsiasi nell’ora di viaggio fra il suo Delaware e Washington, cambiò: che il destino chiamò il leone ancora giovane alla prima, terribile prova.
Un Tir speronò a tutta velocità il veicolo guidato dalla moglie Neila mentre la famiglia andava a fare lo shopping natalizio, uccidendo sul colpo lei e la loro bambina, Noemi, di 13 mesi. Biden aveva 29 anni e altri due figli piccoli, Beau e Hunter, che avrebbe allevato con l’aiuto della sorella prima di risposarsi. Era già senatore e avrebbe voluto dimettersi per fare il padre a tempo pieno, ma il leader del suo partito, il senatore Mansfield, lo convinse a restare.
Sarebbe stato soltanto il primo atto di un calvario e di una resurrezione che lo ha portato all’addio di ieri, all’ultimo gesto pubblico di un’esistenza che «ha regalato a noi Biden molti sorrisi, prima di molte lacrime».
Un primo tentativo di arrampicarsi sulla scala ed entrare dalla finestra della Casa Bianca 30 anni or sono fu stroncato da accuse di plagio nella sua laurea in giurisprudenza. E quando “Old Joe” sembrava finito, riuscì a farsi rieleggere senatore del Delaware, per poche centinaia di voti e per i buoni uffici della gerarchia cattolica americana, alla quale è devotissimo, soltanto per arrivare a un passo dalla morte quando gli furono diagnosticati due aneurismi nel cervello, che i chirurghi ripararono appena in tempo.
Eppure riusciva a fare sorridere, con quel suo sorriso largo e contagioso, con quelle sue gaffe sensazionali, come quando invitò la seconda moglie e i figli durante la minaccia dell’influenza aviaria nel 2009 «a non volare in Messico su quegli aerei dove ogni starnuto può infettare tutti». Una precauzione che costrinse Casa Bianca e Dipartimento di Stato a profondersi in scuse con i messicani. Joe spiegò che era «preoccupato per l’aereo, non per il Messico: anche se fossero andati in Canada». Precisazione che immediatamente provocò un’altra scarica di spiegazioni allo sdegnato governo di Ottawa.
Ma a Biden, solido campione della moribonda sinistra democratica dei colletti blu scippata da Reagan, molto veniva perdonato, perchè attorno a lui c’era la percezione che fosse un uomo buono, una persona ragionevole, un costruttore di ponti e non uno scavatore di trincee.
Riuscì a pilotare la legge sulla violenza contro le donne, a spingere la riforma della Sanità in un Congresso furiosamente ostile, a strappare aumenti del salario minimo. E quello che i suoi radi capelli trapiantati sopra le cicatrici degli interventi, la sua spontaneità naif non facevano dimenticare, facevano gli appuntamenti continui con la tragedia: come la morte dell’amatissimo figlio Beau, stroncato dal cancro lo scorso anno.
Era stato lui, Beau, a strappargli sul letto di morte la promessa di tentare la scalata all’ultimo gradino, sapendo quanto il padre la bramasse, ma il vecchio Leone d’Inverno ha rispettato solo in parte quella promessa, che sapeva irrealistica. «Neila e mia madre mi ripetevano sempre che la virtù più preziosa che abbiamo noi umani è quella di saper dimenticare», ripete Old Joe, un uomo che ora dovrà dimenticare il sogno di una vita, dopo averci vissuto dentro per 7 anni.