SCHIFANI ALTRI 4 MESI IN PADELLA: IL GIP MOROSINI DICE NO ALL'ARCHIVIAZIONE
Emanuele Lauria per La Repubblica
L'indagine non si chiude: il capogruppo del Pdl al Senato Renato Schifani resta sotto inchiesta per concorso esterno in associazione mafiosa. Così ha deciso il gip di Palermo, Piergiorgio Morosini, respingendo la richiesta di archiviazione della procura e dando ai pm 120 giorni di tempo per sentire sette pentiti.
Un provvedimento che ha fatto scattare, nel Popolo della libertà , una corsa alla solidarietà nei confronti dell'ex presidente del Senato che si è conclusa solo a tarda serata e che ha coinvolto in primis il leader Silvio Berlusconi.
Ma anche un esponente di spicco del governo come Angelino Alfano, che ricopre la carica di ministro dell'Interno oltre a quella di vicepremier. Il giudice per le indagini preliminari chiede un riscontro alle dichiarazioni dei collaboratori Gaspare Spatuzza, Francesco Campanella, Innocenzo Lo Sicco e Stefano Lo Verso.
Un'istanza che poggia, sottolinea il magistrato, sui protocolli investigativi che prevedono che, se un pentito parla di un fatto specifico, vadano sentiti sul punto tutti gli ex boss che hanno reso dichiarazioni sul territorio e sul periodo oggetto dell'indagine.
Ecco perché Morosini invita l'accusa ad ascoltare i collaboratori Tullio Cannella, Giovanni Drago e Innocenzo Lo Sicco sulle presunte relazioni fra Schifani e il clan di Brancaccio. Invece Nino Giuffré, Mario Cusumano e Salvatore Lanzalaco potrebbero fornire elementi utili sui rapporti fra il senatore e il boss di Villabate Nino Mandalà .
A questo punto, molto dipenderà da cosa diranno i sette ex mafiosi, se rafforzeranno o meno un quadro probatorio sinora ritenuto insufficiente dalla Procura per chiedere il rinvio a giudizio di Schifani. Spatuzza aveva parlato di incontri tra Schifani (semplice avvocato all'epoca dei fatti) e il suo cliente Pippo Cosenza, negli uffici di una società usata dai boss Graviano come quartier generale.
Senza chiarire, però, se a questi colloqui avesse partecipato uno dei capomafia di Brancaccio. Campanella, invece, ha raccontato dei rapporti tra l'esponente Pdl e il boss di Villabate Nino Mandalà sostenendo che Schifani, consulente del Comune per il piano regolatore, in realtà facesse
gli interessi di Cosa nostra. Per i pm, però, bisogna provare che «Schifani fosse consapevole e compartecipe, prestandovi la propria collaborazione. Ma di ciò - si legge nella richiesta di archiviazione - non c'è prova».
Schifani si dice sereno: «Gli approfondimenti istruttori disposti dal giudice non potranno che confermare la mia estraneità a rapporti collusivi con mafiosi». Il senatore aggiunge che «i collaboratori di giustizia indicati dal gip, nel corso di questi lunghissimi anni, hanno reso numerosi interrogatori nei quali non hanno mai fatti riferimenti a me».
Berlusconi si dice «vicino all'amico Renato» e «colpito dall'inaspettata decisione del gip di Palermo». L'ex premier ricorda che «Schifani ha ricoperto la carica di presidente del Senato con dedizione assoluta allo Stato e con spirito al di sopra delle parti».
E ieri Schifani ha ricevuto una «lunga e affettuosa telefonata» dal vicepremier Angelino Alfano, che ha espresso «amarezza per il provvedimento del gip» e la «convinzione della correttezza istituzionale» del senatore. A seguire, un fiume di solidarietà da esponenti del Pdl. Ma il caso Schifani rimane aperto.




