JOBS AZZ! ELLY SCHLEIN È PRONTA A SCHIERARE IL PD A SOSTEGNO DEL REFERENDUM (FORTEMENTE VOLUTO DALLA CGIL) PER L'ABROGAZIONE DEL JOBS ACT RENZIANO MA IL PARTITO E’ DIVISO. GUERINI, DELRIO E FRANCESCHINI, MENTORE DI ELLY, SONO CONTRARI: C'E' IL RISCHIO DI ROTTURA CON L'AREA CENTRISTA! SORGI: "DEI 5 REFERENDUM AMMESSI, 4 RIGUARDANO MATERIE CONNESSE AL LAVORO E UNO LA CITTADINANZA PER GLI IMMIGRATI. E SEMBRANO FATTI APPOSTA PER DIVIDERE LE OPPOSIZIONI. GLI ORGANIZZATORI TEMONO IL NON RAGGIUNGIMENTO DEL QUORUM. PER SCONGIURARLO AVEVANO SPERATO FINO ALL'ULTIMO SULL'EFFETTO TRAINANTE DI…"
Marcello Sorgi per “la Stampa” - Estratti
Diciamo la verità: sarà molto difficile, se non quasi impossibile, che i referendum ammessi dalla stessa Corte costituzionale che ha cassato la consultazione sull'autonomia differenziata riescano a raggiungere il quorum richiesto per la validità, della metà più uno degli elettori aventi diritto al voto. È una prospettiva, questa del fallimento nelle urne, che anche gli organizzatori temono, anche se non lo dicono apertamente. E avevano sperato fino all'ultimo di scongiurare puntando sull'effetto trainante di quello sull'autonomia.
La logica del "pacchetto", l'invenzione del padre storico dei referendum, il leader radicale Pannella, prevedeva appunto un tema trainante che doveva richiamare gli elettori. I quali, una volta giunti al seggio, si sarebbero ritrovati con un mazzo di schede di tutti i colori: in un paio di occasioni si arrivò a votare su otto quesiti diversi, malgrado la Corte anche allora si fosse adoperata per una rigorosa opera di sfoltitura.
Dei 5 referendum ammessi, quattro riguardano materie connesse al lavoro (Jobs act, licenziamenti collettivi, contratti a termine e infortuni sul lavoro) e uno la cittadinanza per gli immigrati. E sembrano fatti apposta per dividere le opposizioni, che invece avevano cavalcato unite la tigre dell'autonomia.
A partire dal Jobs act, una consultazione molto politica, promossa dalla Cgil di Landini, contro la riforma che fu una delle bandiere emblematiche del renzismo e via via è stata sforacchiata dalle sentenze dei magistrati, tanto da essere ormai l'ombra di quando fu introdotta tra le polemiche. Malgrado ciò il Jobs act anche oggi sembra fatto apposta per dividere, non solo Renzi dal Pd a trazione Schlein, ma anche lo stesso Pd al suo interno
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REFERENDUM, SPINTA DAI VERTICI PD MA SUL JOBS ACT IL PARTITO È DIVISO
Niccolò Carratelli per “la Stampa” - Estratti
Elly Schlein è pronta a schierare il Pd a sostegno del referendum per l'abrogazione del Jobs Act. Non lo dice in modo diretto, la segretaria del Pd, ma lo fa capire: «Io ho firmato i quesiti e senz'altro non faremo mancare il nostro contributo».
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Una scelta logica per lei, da sempre ostile alla riforma simbolo del governo Renzi, contro la quale era scesa in piazza già dieci anni fa. Il fatto è che, all'epoca, in tanti nel Pd (quasi tutti) quella legge l'hanno invece sostenuta e votata, come parlamentari, ministri o sottosegretari. E ora non hanno alcuna intenzione di ritrovarsi a braccetto con Maurizio Landini per tentare di cancellare quel che resta del Jobs Act.
Non è un pezzo così marginale del partito a vivere con disagio la prospettiva di avviare una campagna referendaria per il sì, dalla quale doversi inevitabilmente sfilare a titolo personale. Nomi di peso come Lorenzo Guerini, Graziano Delrio, Dario Franceschini, quest'ultimo peraltro tra i grandi sostenitori di Schlein all'ultimo congresso, quando nella piattaforma dell'aspirante leader c'era anche l'obiettivo di superare il Jobs Act. «Ho già detto che penso sia un errore e che io non lo sosterrò – avverte Alessandro Alfieri, responsabile dem per le Riforme – certo non mi metterò a fare i comitati per il no con Italia Viva, ma non rinuncerò a spiegare la mia posizione».
Dario Franceschini Lorenzo Guerini
(...) Questa la posta in gioco: non deludere il popolo dei gazebo che ha issato Schlein al Nazareno come segnale di rottura con il passato.
Dall'altra parte, però, non strappare con l'area centrista moderata, proprio mentre c'è chi cerca di riorganizzarla per farla pesare di più, dentro e fuori il Pd. E non indispettire il mondo dell'impresa, sensibile in tema di contratti e assunzioni, verso il quale la leader dem ha iniziato un percorso di avvicinamento e dialogo. A sentire alcuni riformisti irrequieti, hanno già metabolizzato il paradosso della segretaria Pd che mette la faccia su un referendum per abrogare una legge fatta dal Pd. Piuttosto, si aspettano una rassicurazione sul fatto che non si cavalcherà troppo questa battaglia, tra interviste, banchetti e manifestazioni tra le bandiere della Cgil.
Con Landini che annuncia una «primavera di diritti e partecipazione, per cambiare pagina». Insomma, «Elly deve trovare un equilibrio accettabile», dice un parlamentare di minoranza, facendo capire che nessuno auspica rotture su «una roba ormai superata». Schierare il Pd contro il Jobs Act, ma senza dirlo troppo in giro.
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