SCISSIONE! SCISSIONE! LA MINORANZA PD, CHE ANNUSA LA VOGLIA DI RENZI DI ANDARE AL CONGRESSO E POI AL VOTO, POTREBBE DISERTARE L’ASSEMBLEA NAZIONALE DI SABATO - BERSANI: “SE PASSA QUESTA LINEA, NOI SIAMO FUORI UN MINUTO DOPO” - FRANCESCHINI: “FORSE STAVOLTA È IMPOSSIBILE EVITARE IL CRAC”

Goffredo De Marchis per “la Repubblica”

RENZI E BERSANIRENZI E BERSANI

 

Ha gettato la spugna anche Dario Franceschini: «Lavoro per evitare la scissione. Quante chance ho di farcela? Non lo so». Il ministro della Cultura si è preso l’incarico di mediare tra Matteo Renzi e Pier Luigi Bersani. Non è intervenuto in direzione per mantenere un profilo da casco blu almeno fino all’assemblea nazionale di sabato.

 

roberto speranza e compagnaroberto speranza e compagna

Poi, ha votato il documento del segretario e compiuto di fatto la sua scelta. Userà ancora l’arma della paura, valida per i renziani e per i dissidenti. «C’è tempo fino a sabato - dice alla fine della riunione -. Bisogna pensarci bene, lo facciano tutti. Se va via dal Pd un ex segretario è un problema gigante. E in giro per l’Italia quel mondo vale più dei 13 voti che hanno in direzione».

 

annapaola voto e andrea orlandoannapaola voto e andrea orlando

Ma la stagione dei sospetti e dei veleni sembra veramente volgere al termine. Ognuno per la sua strada, forse smetteranno di litigare. La minoranza del Pd potrebbe disertare il congresso: «Non lo escludo», dice Roberto Speranza che pure si è candidato alla segreteria mesi fa. Addirittura il giorno della scissione potrebbe essere sabato: l’ipotesi è disertare l’assemblea nazionale in assenza di garanzie su tempi congressuali più lunghi.

 

MASSIMO DALEMA E LA PIZZETTAMASSIMO DALEMA E LA PIZZETTA

Non ci sono più le condizioni per stare nel «partito dell’avventura», aggiunge Speranza. «Siamo a un millimetro dal baratro», insiste. Massimo D’Alema, seduto accanto ad alcuni parlamentari della sinistra pd, scuote la testa: «Sono allucinato, non ha rinunciato all’idea di sfiduciare il governo», commenta.

 

Cosa può cambiare da qui a sabato? All’apparenza nulla. Non è bastato lo strappo di Andrea Orlando. Bersani ha chiesto chiaramente al microfono un’assunzione di responsabilità più larga. Chiamando a raccolta il partito, i suoi numeri: vale a dire Franceschini, gli ex popolari, i ministri. Del resto, lo schema di Renzi è chiaro agli occhi degli avversari interni: congresso lampo ed elezioni da celebrare al più presto. A giugno, se la finestra è ancora aperta. A settembre, se dovesse fallire giugno.

 

nico stumponico stumpo

«Temo il doppio blitz», dice ancora Speranza. In privato, gli esponenti bersaniani raccontano che il segretario ci prova dal giorno della sconfitta al referendum, cioè dal 4 dicembre. Con tutti i relativi passaggi istituzionali, ovvero ingaggiando anche un duello con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

 

«Ha provato ad andare al voto il 29 gennaio. Dopo la sentenza della Corte, ha fatto un tentativo per le elezioni a fine aprile. Ci proverà ancora a giugno». Non ha più la forza politica di imporre la sua linea sempre e comunque. Ma a questo serve il congresso: una rilegittimazione personale per correre alle urne, dicono gli esponenti della sinistra.

 

Davide Zoggia Davide Zoggia

Messa così, è la descrizione di un avventurista senza scrupoli. Una visione di parte, naturalmente. È anche un modo per crearsi un motivo valido per la scissione. Certo, in qualche modo i piani di Renzi sono stati stoppati in questi mesi. Dai nuovi equilibri nel Pd e da una forza che non è la stessa di prima. Ma nel Pd i numeri dicono ancora Renzi. E il congresso come lo ha immaginato il segretario non lascia molti margini.

 

«Bersani e Speranza - racconta Davide Zoggia - volevano votare Sì al referendum. Hanno cambiato idea quando Renzi non ha fatto concessioni sulla legge elettorale e quando hanno visto che il popolo che rappresentano era su un’altra linea». Faranno così anche stavolta: prima sentiranno i territori, cercheranno di capire quanto sia sentito e partecipato il vento della scissione.

 

GOTORGOTOR

«Siamo in mare aperto - spiega Miguel Gotor -. Ma è più vicino l’approdo di un addio». I territori significa il peso dei governatori, ad esempio. Come Michele Emiliano. D’Alema lo considera già dentro una nuova forza. Ci scherza sopra. «Non è vero che la nuova lista di sinistra sarà piena di ex comunisti. Innanzitutto io sono socialista. Eppoi ci saranno anche i fascisti, diciamo». I fascisti? «Beh, Emiliano...», ha sorriso l’ex premier lasciando di stucco gli interlocutori.

 

Non c’è molto da ridere. Speranza ha il morale sotto i tacchi: «Sono preoccupato». Nico Stumpo dice: «Facciamo un nuovo partito. Se pensano che ci svendiamo per due capilista, sbagliano». La legge elettorale rende ancora più grande la tentazione: basta il 3 per cento per entrare alla Camera. Ma anche i potenziali scissionisti hanno paura del passo. E preferirebbero lottare nel congresso.

paolo gentiloni al telefono con trumppaolo gentiloni al telefono con trump

 

Al momento della formazione del governo Gentiloni, Bersani offrì a Orlando le chiavi della leadership: «Non entrare in un Renzi bis senza Renzi. Lascia il ministero della Giustizia. Avrai più margini di manovra politica e ti libererai del marchio renziano». Il Guardasigilli rispose picche. Anche adesso che ha rotto con Renzi, i bersaniani non sanno che andrà fino in fondo. Per questo la scissione resta lo sbocco più probabile.

Ultimi Dagoreport

andrea orcel gaetano caltagirone carlo messina francesco milleri philippe 
donnet nagel generali

DAGOREPORT - BUM! ECCO LA RISPOSTA DI CALTAGIRONE ALLA MOSSA DI NAGEL CHE GLI HA DISINNESCATO LA CONQUISTA DI GENERALI - L’EX PALAZZINARO STA STUDIANDO UNA CONTROMOSSA LEGALE APPELLANDOSI AL CONFLITTO DI INTERESSI: È LEGITTIMO CHE SIA IL CDA DI GENERALI, APPENA RINNOVATO CON DIECI CONSIGLIERI (SU TREDICI) IN QUOTA MEDIOBANCA, A DECIDERE SULLA CESSIONE, PROPRIO A PIAZZETTA CUCCIA, DI BANCA GENERALI? - LA PROVA CHE IL SANGUE DI CALTARICCONE SI SIA TRASFORMATO IN BILE È NELL’EDITORIALE SUL “GIORNALE” DEL SUO EX DIPENDENTE AL “MESSAGGERO”, OSVALDO DE PAOLINI – ECCO PERCHÉ ORCEL HA VOTATO A FAVORE DI CALTARICCONE: DONNET L’HA INFINOCCHIATO SU BANCA GENERALI. QUANDO I FONDI AZIONISTI DI GENERALI SI SONO SCHIERATI A FAVORE DEL FRANCESE (DETESTANDO IL DECRETO CAPITALI DI CUI CALTA È STATO GRANDE ISPIRATORE CON FAZZOLARI), NON HA AVUTO PIU' BISOGNO DEL CEO DI UNICREDIT – LA BRUCIANTE SCONFITTA DI ASSOGESTIONI: E' SCESO IL GELO TRA I GRANDI FONDI DI INVESTIMENTO E INTESA SANPAOLO? (MAGARI NON SI SENTONO PIÙ TUTELATI DALLA “BANCA DI SISTEMA” CHE NON SI SCHIERERÀ MAI CONTRO IL GOVERNO MELONI)

giorgia meloni intervista corriere della sera

DAGOREPORT - GRAN PARTE DEL GIORNALISMO ITALICO SI PUÒ RIASSUMERE BENE CON L’IMMORTALE FRASE DELL’IMMAGINIFICO GIGI MARZULLO: “SI FACCIA UNA DOMANDA E SI DIA UNA RISPOSTA” -L’INTERVISTA SUL “CORRIERE DELLA SERA” DI OGGI A GIORGIA MELONI, FIRMATA DA PAOLA DI CARO, ENTRA IMPERIOSAMENTE NELLA TOP PARADE DELLE PIU' IMMAGINIFICHE MARZULLATE - PICCATISSIMA DI ESSERE STATA IGNORATA DAI MEDIA ALL’INDOMANI DELLE ESEQUIE PAPALINE, L’EGO ESPANSO DELL’UNDERDOG DELLA GARBATELLA, DIPLOMATA ALL’ISTITUTO PROFESSIONALE ARRIGO VESPUCCI, È ESPLOSO E HA RICHIESTO AL PRIMO QUOTIDIANO ITALIANO DUE PAGINE DI ‘’RIPARAZIONE’’ DOVE SE LA SUONA E SE LA CANTA - IL SUO EGO ESPANSO NON HA PIÙ PARETI QUANDO SI AUTOINCORONA “MEDIATRICE” TRA TRUMP E L'EUROPA: “QUESTO SÌ ME LO CONCEDO: QUALCHE MERITO PENSO DI POTER DIRE CHE LO AVRÒ AVUTO COMUNQUE...” (CIAO CORE!)

alessandro giuli bruno vespa andrea carandini

DAGOREPORT – CHI MEGLIO DI ANDREA CARANDINI E BRUNO VESPA, GLI INOSSIDABILI DELL’ARCHEOLOGIA E DEL GIORNALISMO, UNA ARCHEOLOGIA LORO STESSI, POTEVANO PRESENTARE UN LIBRO SULL’ANTICO SCRITTO DAL MINISTRO GIULI? – “BRU-NEO” PORTA CON SÉ L’IDEA DI AMOVIBILITÀ DELL’ANTICO MENTRE CARANDINI L’ANTICO L’HA DAVVERO STUDIATO E CERCA ANCORA DI METTERLO A FRUTTO – CON LA SUA PROSTRAZIONE “BACIAPANTOFOLA”, VESPA NELLA PUNTATA DI IERI DI “5 MINUTI” HA INANELLATO DOMANDE FICCANTI COME: “E’ DIFFICILE PER UN UOMO DI DESTRA FARE IL MINISTRO DELLA CULTURA? GIOCA FUORI CASA?”. SIC TRANSIT GLORIA MUNDI – VIDEO

banca generali lovaglio francesco gaetano caltagirone philippe donnet alberto nagel milleri

DAGOREPORT - DA QUESTA MATTINA CALTAGIRONE HA I SUDORI FREDDI: SE L’OPERAZIONE DI ALBERTO NAGEL ANDRÀ IN PORTO (SBARAZZARSI DEL CONCUPITO “TESORETTO” DI MEDIOBANCA ACQUISENDO BANCA GENERALI DAL LEONE DI TRIESTE), L’82ENNE IMPRENDITORE ROMANO AVRÀ BUTTATO UN PACCO DI MILIARDI PER RESTARE SEMPRE FUORI DAL “FORZIERE D’ITALIA’’ - UN FALLIMENTO CHE SAREBBE PIÙ CLAMOROSO DEI PRECEDENTI PERCHÉ ESPLICITAMENTE SOSTENUTO DAL GOVERNO MELONI – A DONNET NON RESTAVA ALTRA VIA DI SALVEZZA: DARE UNA MANO A NAGEL (IL CEO DI GENERALI SBARRÒ I TENTATIVI DI MEDIOBANCA DI ACQUISIRE LA BANCA CONTROLLATA DALLA COMPAGNIA ASSICURATIVA) - PER SVUOTARE MEDIOBANCA SOTTO OPS DI MPS DEL "TESORETTO" DI GENERALI, VA BYPASSATA LA ‘’PASSIVITY RULE’’ CONVOCANDO  UN’ASSEMBLEA STRAORDINARIA CHE RICHIEDE UNA MAGGIORANZA DEL 51% DEI PRESENTI....

volodymyr zelensky donald trump vladimir putin moskva mar nero

DAGOREPORT - UCRAINA, CHE FARE? LA VIA PER ARRIVARE A UNA TREGUA È STRETTISSIMA: TRUMP DEVE TROVARE UN ACCORDO CHE PERMETTA SIA A PUTIN CHE A ZELENSKY DI NON PERDERE LA FACCIA – SI PARTE DALLA CESSIONE DELLA CRIMEA ALLA RUSSIA: SAREBBE UNO SMACCO TROPPO GRANDE PER ZELENSKY, CHE HA SEMPRE DIFESO L’INTEGRITÀ TERRITORIALE UCRAINA. TRA LE IPOTESI IN CAMPO C'E' QUELLA DI ORGANIZZARE UN NUOVO REFERENDUM POPOLARE NELLE ZONE OCCUPATE PER "LEGITTIMARE" LO SCIPPO DI SOVRANITA' - MA SAREBBE UNA VITTORIA TOTALE DI PUTIN, CHE OTTERREBBE TUTTO QUEL CHE CHIEDE SENZA CONCEDERE NIENTE…