SCORRERÀ ALTRO SANGUE PRIMA DEL 20 GENNAIO? SUL WEB CRESCONO GLI APPELLI DEI FANATICI DELL'ULTRADESTRA AMERICANA CHE INVITANO A PROTESTARE ARMATI PER VENDICARE LA MORTE DELLA VETERANA AL CAMPIDOGLIO - L'OBIETTIVO È IMPEDIRE L'INAUGURATION - LA CHIESA USA SI DIVIDE, CON I GESUITI CHE ATTACCANO I VESCOVI CONSERVATORI, RITENUTI CORRESPONSABILI DELL'ASSALTO ANCHE PER AVER DETTO IN CAMPAGNA ELETTORALE CHE VOTARE BIDEN ERA UN PECCATO MORTALE...
1 - L'ULTIMA MINACCIA DEI FANATICI DELL'ULTRADESTRA: "ENTRO IL 20 GENNAIO SCORRERÀ ALTRO SANGUE"
Fra. Sem. per “La Stampa”
«Rifiutati di rimanere in silenzio». È l'imperativo che campeggia sul volantino digitale circolato nella notte tra sabato e domenica su «Parler», la piattaforma social utilizzata da persone e gruppi che gravitano nel macrocosmo dell' ultradestra alternativa. Si tratta di un invito a proseguire l'azione di mercoledì 6 gennaio, l'occupazione del Capitol Building al termine dell'infuocato comizio di Donald Trump che rischiano di costare al presidente una seconda procedura di impeachment. Il volantino rosso con scritte gialle e blu si spinge oltre: «Marcia armata su Capitol Hill e su tutti i Capitol degli Stati Usa».
manifestanti assediano il campidoglio a washington
Quasi ad emulare i miliziani di Wolverine Watchmen, che alcuni mesi fa provarono ad assaltare il Campidoglio del Michigan con l'intento di provocare una «guerra civile». L'appuntamento è alle 12 di domenica 17 gennaio (giorno prima del possibile voto dell'impeachment al Senato) al Washington Memorial, da lì inizierà la marcia per «la libertà e per mettere fine alla corruzione».
Nessuna firma e nessuna sigla appare sul volantino al quale ne sono seguiti altri, come quello della «Million Martyr March» il 20 gennaio, giorno dell'inaugurazione della presidenza di Joe Biden, organizzata per vendicare Ashley Babbit, la veterana di guerra pro-Trump uccisa il giorno della rivolta da un agente del Capitol.
Così come la «Million Militia March» annunciata per lo stesso giorno con un volantino dove fregiato da due Ar-15 incrociati (simili ad alcuni simboli della jihad) e corredato dalla bandiera Usa accanto a quella del serpente con scritto «non calpestarmi», simbolo della rivolta contro l'oppressione dei governi.
«Se consideriamo i numeri che costituiscono questa grande onda non possiamo escludere che qualcuno voglia organizzarsi, non credo che questi inviti cadranno nel vuoto, più d'uno aderirà come singolo o come gruppo», spiega Arije Antinori docente di criminologia e sociologia della devianza, ed esperto europeo di terrorismo e comunicazione.
Chi c'è dietro questi appelli? «Guarderei ai Boojahideen, il nucleo forte dei Boogaloo Bois che si richiamano ai mujahideen, ovvero i combattenti di Allah pronti al martirio - afferma Antinori -. Sono "militarmente competenti" come emerge da quello che postano. Da come parlano hanno una maggiore capacità tattica se non altro a livello di conoscenza».
Occorre fare un passo indietro. I Boogaloo Bois, ricnoscibili dalle camicie hawaiane che indossano come divise, sono diversi dagli altri gruppi, si strutturano sugli estremi reclutando anche elementi dell'antagonismo, ma soprattutto si fondano sul «progressivo disconoscimento delle forze dell'ordine e dei militari», mentre milizie come III Percenters e Proud Boys di solito non solo in antagonismo, anzi. «Sono attori del caos in grado di sovvertire l'ordine costituito, al loro interno ci sono Boojahideen che sono il nucleo duro e operativo».
Chi gli fa da supporto mediatico sono i «digital soldiers», i soldati del web, il gruppo che deve strutturare in maniera pervasiva la propaganda online. «In sostanza sono quelli che si muovono con agilità tra le stanze di Parler e hanno una creatività e una penetrazione comunicativa che altri gruppi non hanno».
Oltre al fatto che all'interno di questo «estremismo popolare» dell'ultradestra si sta consumando una competizione interna e talvolta spaccature tra gruppi su cui l'Fbi si sta concentrando. Ad esempio i Proud Boys stanno prendendo le distanze da Trump perché ritengono che abbia tradito il suo popolo dopo averlo mandato all'arrembaggio. E così ognuno vuole dare la sua dimostrazione di forza individualmente.
Trump - assalto al Campidoglio
«È il modello della devianza collettiva "folks'n'fools" (gente e folli) punto di aggregazione di suprematismo, cospirazione, istrionismo, rigore negazionista, familismo iperconservatore, esoterismo no-vax», afferma Antinori. Arricchito dalla presenza di veterani e contractor che hanno familiarità con le tattiche militari.
C'è infine da tenere presente che a Capitol Hill potrebbero essere stati sottratti documenti sensibili, ad esempio dai pc portati via, cosa che si dice poco per motivi di sicurezza. Ed il fatto che qualcuno sia riuscito a violare qui terminali apre scenari ignoti. È in riferimento a tutto questo che lo stesso ex direttore della sicurezza cibernetica di Trump, Chris Krebs ha dichiarato: «Scorrerà altro sangue prima del venti di gennaio».
2 - E L'ASSALTO AL CONGRESSO SPACCA LA CHIESA USA. I GESUITI ATTACCANO I VESCOVI CONSERVATORI. BERGOGLIO: "VIOLENZA AUTODISTRUTTIVA"
Paolo Rodari per “la Repubblica”
JOE BIDEN PAPA FRANCESCO BERGOGLIO
Usa dei saluti che seguono la recita dell'Angelus per dedicare un lungo pensiero agli Stati Uniti, colpiti dall'assedio al Campidoglio, e invitare «a mantenere un alto senso di responsabilità», perché la violenza «è autodistruttiva sempre».
Le parole di Francesco di ieri mattina suonano come una chiamata alla responsabilità per tutti ma, in particolare, per il mondo cattolico. In Vaticano c'è la consapevolezza che parte dei cristiani e cattolici americani ritiene legittimo il colpo di coda messo in campo da Trump.
Se è vero che i vescovi Usa hanno stigmatizzato l'assedio di Capitol Hill, è altrettanto palese che una parte delle gerarchie sia in imbarazzo. Dopo un appoggio più o meno formale a Trump durante la campagna elettorale, c'è chi fatica a prendere posizione. Fa rumore, in particolare, il silenzio del cardinale Timothy Dolan, l'arcivescovo di New York che il 24 agosto aveva pregato per l'apertura della Convention repubblicana.
L'accusa più forte mossa alla connivenza di parte del cattolicesimo con Trump viene dai gesuiti d'Oltreoceano. Padre James Martin, 60enne noto al grande pubblico degli Stati Uniti e molto ascoltato nel campo della pastorale Lgbt, sostiene che sia la Chiesa cattolica del suo Paese ad avere «una parte di responsabilità» su quanto accaduto a Washington.
Durante la campagna elettorale vescovi e preti hanno dichiarato che votare Biden era un peccato mortale, un'azione degna dell'Inferno. Parole, spiega, che hanno fomentato la legittimità morale dell'attacco al Campidoglio e che chiedono «un esame di coscienza della Chiesa sulle responsabilità in merito all'accaduto». È stato ancora Martin a notare come nelle parole pronunciate a nome della Conferenza episcopale Usa dall' arcivescovo di Los Angeles, José H. Gomez, non sia mai stato nominato Trump.
CARLO MARIA VIGANO' DONALD TRUMP
Negli Stati Uniti sono alcuni media cattolici, spesso finanziati dalle diocesi, a rilanciare le uscite pro Trump dell' ex nunzio a Washington Carlo Maria Viganò. Tre giorni prima dell'assalto al Congresso, Viganò aveva rilasciato un'intervista a Steve Bannon pubblicata su Lifesite nella quale invitava i «figli della luce» ad agire «adesso».
È in questo cattolicesimo che è cresciuto il dissenso verso Francesco, alimentato anche da gerarchie romane. È un mondo che accusa Biden di tradire la dottrina, per esempio non difendendo la vita nascente. Recentemente era stato il cardinale Raymond Burke a sostenere che «nessun cattolico devoto, nessun praticante può mai votare per un politico "pro-choice"». Fra gli emuli di Burke c'è anche il sacerdote-blogger John Zuhlsdorf che il giorno dei fatti di Capitol Hill ha fatto un esorcismo contro le frodi elettorali a suo dire promosse da Biden.