E SE FOSSERO STATI I RIBELLI? L’ATTACCO CHIMICO, UN “CASUS BELLI” CREATO AD ARTE PER INVADERE LA SIRIA?

Alix Van Buren per La Repubblica

«L'attacco con agenti tossici ieri in Siria sembra avere tutte le caratteristiche di un nuovo incidente del Tonchino: un "casus belli" creato ad arte per giustificare un'escalation militare delle potenze straniere, come quello che nel '64 autorizzò l'intervento americano in Vietnam. La verità la scoprirà soltanto un'indagine poliziesca: le impronte digitali sono fatte apposta per condurre all'esercito siriano».

Gwyn Winfield è uno degli esperti più ascoltati in queste ore: a capo delle Falcon Communications inglese, è un'autorità riconosciuta nel campo della difesa dalle armi non convenzionali.

Signor Winfield, le vittime dell'attacco sono vere. Quale agente è stato usato?
«Per vederci chiaro bisogna aspettare il bilancio reale delle vittime. I sintomi fanno pensare all'uso di agenti antisommossa molto potenti contenuti in munizioni lanciate di solito da aerei o dall'artiglieria. Li hanno impiegati gli americani in Vietnam, gli israeliani a Gaza; servono a far uscire all'aperto il nemico dai nascondigli, per poi ucciderlo con munizioni regolari. Ma introdotti in spazi ristretti, provocano la morte».

Sarà facile individuare la sostanza, recuperandone dei campioni?
«Niente affatto. Chi lo ha usato ha scelto apposta un agente volatile per cancellare la propria firma. Ne restano tracce, però, nel sangue, nei polmoni e nei capelli delle vittime per 48-72 ore. Non si tratta di Sarin classificabile come arma, bensì di un organofosfato prodotto in Siria, forse mescolato con altre sostanze chimiche».

Perché esclude il gas Sarin?
«Perché i soccorritori non hanno protezioni, quindi la tossicità del prodotto è più bassa. Se invece fosse confermato il bilancio di 500 o 5000 morti, allora si prefigurerebbe l'impiego di una vera arma chimica».

Lei è scettico al riguardo?
«Come non esserlo? È difficile credere che il regime di Assad lanci un'offensiva del genere in simultanea con l'arrivo a Damasco degli ispettori Onu incaricati dell'indagine sulle armi chimiche. Come in ogni omicidio, l'investigatore deve chiedersi: cui prodest? Non giova certo al regime, che in ogni caso verrà incolpato».

Perché?
«Perché quella sostanza è prodotta dalle forze armate del regime. È probabile che sia stata catturata dai ribelli dell'Esercito libero siriano, gli unici altri in grado di lanciare quegli agenti con l'artiglieria. E a loro sì, che giova: otterranno le armi e l'intervento promessi da Washington. Solo un'indagine di tipo poliziesco potrà rivelarci chi è davvero il colpevole».

 

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