SE LA TROJKA CIPRO-VA CON NOI, SARÀ LA RESA DEI CONTI CORRENTI

Francesco Spini per "la Stampa"

Difficile che Cipro, come ha detto e poi smentito il presidente dell'Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem, possa essere un «nuovo modello» universale per gestire eventuali future crisi bancarie in giro per l'Europa. Sistemi, grandezze, situazioni diverse. Per quanto riguarda l'Italia, da tempo l'Abi come Bankitalia, nonostante la crisi stia mettendo sotto pressione i crediti (aumentano i casi di chi non riesce a pagare i finanziamenti concessi), assicurano che il nostro sistema è solido.

In caso estremo però sarebbero tra i 3 e 4,5 milioni, secondo le stime, i correntisti che hanno un conto corrente superiore ai 100 mila euro (un totale di 234 miliardi su circa 700), dunque a rischio «tosatura». Senza contare azionisti e obbligazionisti, anch'esso colpiti dal modello Cipro. Ma come funziona?

Partiamo dal caso più semplice. Che il risparmiatore in questione abbia, supponiamo, 120 mila euro in un conto corrente o in un conto di deposito. Fino a 100 mila euro, il deposito è considerato assicurato e intoccabile, per lo stesso meccanismo che in Italia è garantito dal fondo interbancario di tutela dei depositi. Andando oltre cominciano i problemi. Molto più grandi se tali soldi sono depositati in una banca (come la Laiki) destinata alla chiusura e alla liquidazione. Qui il nostro investitore rischia di perdere gran parte o comunque di subire tagli pesantissimi a quanto eccede i 100 mila euro, perché i 20 mila euro del nostro esempio finiranno nel calderone di una procedura di liquidazione.

Diverso il caso in cui l'istituto debba ristrutturarsi ma non chiudere, come accadrà per la Banca di Cipro. Qui gli ipotetici 20 mila euro a rischio, vengono prima congelati, quindi trasformati in azioni quel tanto che serve per ricapitalizzare e rinforzare la banca e metterla in sicurezza. Alla fine il conto sarà salato, a Cipro pari al 30%, in altri casi chissà. Se poi il nostro risparmiatore si ritrovasse con un gruzzolo di azioni o di obbligazioni anche ben al di sotto dei 100 mila euro dovrebbe prepararsi a un'altra bella batosta.

Quando una banca fallisce le sue azioni non valgono più nulla. Le obbligazioni? Come già visto in Parmalat e Argentina possono riservare sorprese assai sgradite. Come nel caso Lehman Brothers, la banca d'affari Usa fallita nel 2008, si può arrivare dopo anni a recuperare un 20% o poco più. In un caso simile a quello della Banca di Cipro -che non chiude - il valore delle azioni viene diluito tantissimo, le obbligazioni per una buona fetta vengono convertite in azioni dal valore esiguo, sempre per aumentare il capitale.

Nessun danno, invece, per le azioni e obbligazioni diverse da quelle della banca, oppure per le quote di fondi comuni e gestioni conservati nell'istituto. Le posizioni a rischio, oltre alle azioni, sono dunque conti correnti troppo gonfi. Come pure i conti di deposito e le obbligazioni bancarie che «sono pure i prodotti più spinti allo sportello», segnala Alessandro Pedone, responsabile risparmio dell'Aduc. Nei primi 9 mesi 2012 ci sono state emissioni nette di bond bancari per circa 85 miliardi di euro. Sui conti per tranquillità «meglio stare sotto i 100 mila euro».

Quanto alle obbligazioni «vale sempre la regola di diversificare, non tenendo più del 2% di bond emessi da una singola banca o società. Fanno eccezione invece i titoli di Stato dei paesi affidabili», spiega Pedone. Per il resto, «se si vogliono evitare sorprese - dice Giuseppe Romano, a capo dell'ufficio studi della società di consulenza Consultique - occorre evitare anzitutto le obbligazioni bancarie subordinate, le prime a essere colpite nelle ristrutturazioni». Pochi credono che Cipro sia replicabile, tantomeno in Italia. «Credo che qualunque intervento - dice Romano - passerebbe dalla fiscalità. Già oggi sulle attività finanziarie si paga l'imposta di bollo dello 0,15%. Non è forse un prelievo questo?».

 

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