BERLUSCAZZATE - LA “PAZZA IDEA” DI UN PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA SCELTO DAL POPOLO SARÀ BOCCIATA: SOLO FINI SAREBBE PRONTO A SOSTENERLA MA LEGA, PD E UDC SONO CONTRARI - IL BANANA SAPEVA DI NON AVERE IL SOSTEGNO MA HA LANCIATO UGUALMENTE LA PROVOCAZIONE PER FAR PASSARE GLI ALTRI DA BIGOTTI E LUI COME UN CORAGGIOSO RIFORMATORE: UNO STRATAGEMMA PER SPIANARE LA STRADA ALLA LISTA CINICA “ITALIA PULITA”?…
Ugo Magri per "la Stampa"
Il semi-presidenzialismo nasce morto. Perché nel giorno in cui Alfano ha spiegato come andrebbe fatto, scodellando 5 emendamenti a 13 articoli della Costituzione, la Lega ha fatto intendere che non si sogna di sostenerli. Cosicché la prossima settimana, quando il Senato voterà sulla riforma della Costituzione, quasi certamente l'idea del Presidente eletto come in Francia verrà bocciata. Questione di numeri: quelli del partito berlusconiano da soli non bastano per farla passare.
E poco cambia che in nome della coerenza («è una mia proposta da 20 anni») Fini abbia impartito l'ordine ai suoi di dare una mano. Al semi-presidenzialismo sono contrari tanto il Pd che l'Udc. O meglio, in linea di principio ci starebbero pure. E si guardano bene dal contestare i dettagli illustrati da Quagliariello (il Capo dello Stato resterebbe in carica 5 anni, basterebbero 40 anni per candidarsi, potrebbe essere rieletto una volta soltanto, non dovrebbe avere conflitto di interessi). Tuttavia, allarga le braccia Casini, «per realizzare il presidenzialismo in Italia servirebbe un grande dibattito, e ho i miei dubbi che possa essere fatto in zona Cesarini», quando l'arbitro sta per fischiare la fine del match.
L'argomento è a doppio taglio. Alfano lo rigira nella domanda «se non ora quando?», per lui mai congiunzione astrale sarebbe più favorevole proprio perché siamo alla fine della legislatura e al termine del settennato di Napolitano, insomma procedendo adesso non si pesterebbe i piedi a nessuno. Il segretario Pdl ha maturato la convinzione che dai politici la gente si aspetti risposte forti, quella del Presidente scelto dal popolo gli sembra fortissima, anzi «la riforma delle riforme».
Il mondo ai suoi occhi si divide tra i riformatori, che la reclamano, e gli altri che preferiscono difendere «lo status quo». Tuttavia Alfano stesso prende atto della realtà . Se il semi-presidenzialismo alla francese verrà bocciato, il Pdl «non ostacolerà l'approvazione» delle altre riforme su cui c'è accordo di massima nella maggioranza di governo, vale a dire una modica riduzione del numero di parlamentari, meno ping-pong delle leggi tra Camera e Senato, qualche potere in più al premier e sfiducia costruttiva. Né il Pdl taglierà la strada a una riforma della legge elettorale. Dove Alfano propone a Bersani un accordo lampo, «in tre settimane».
Oggi riprendono i contatti tra gli emissari dei partiti. Come sempre, un ruolo-chiave lo svolgono l'ex-presidente della Camera Violante, tra i pochi capaci di districarsi nella materia, e il solito Quagliariello.
L'ipotesi sul tappeto consiste in un sistema proporzionale dove i candidati non pioverebbero dall'alto, come nel «Porcellum», ma sarebbero scelti dagli elettori nei vari collegi, con una soglia di sbarramento. I due maggiori partiti stanno tentando di convincere Casini che ci vorrebbero collegi piccini per rendere gli eletti più vicini agli elettori (giustificazione nobile) e poi perché così si sfoltirebbero i partiti minori (è la motivazione vera).
BERLUSCONI E ALFANO ALFANO E BERLUSCON GAETANO QUAGLIARIELLO PIERFERDINANDO CASINI PIERLUIGI BERSANI LUCIANO VIOLANTE