1. SEPPELLITE DESTRA VS SINISTRA, LA POLITICA TORNA AI FONDAMENTALI: UOMINI VS DONNE 2. STRAVOLTE E FURIBONDE, LE PARLAMENTARI DEL PD. GIUDITTA PINI: ‘’CHE LO SPIRITO DI LORENA BOBBIT ACCOMPAGNI STANOTTE I COLLEGHI CHE HANNO BOCCIATO L’EMENDAMENTO” 3. L’ASSE RENZI-BERLUSCONI È VIVO E PORTA I PANTALONI: NO AI CAPILISTA DIVISI AL 50% TRA I DUE SESSI, NO A UNA DIVISIONE 60-40, NO ALL’ALTERNANZA DI GENERE IN LISTA 4. LA PIDDINA SANDRA ZAMPA: ‘’SONO MANCATI 100 VOTI NOSTRI’’: SU NESSUN EMENDAMENTO SI SONO RAGGIUNTI ALMENO I 274 VOTI CORRISPONDENTI AI PARLAMENTARI PD PRESENTI 5. BINDI: ‘’SAPPIA RENZI CHE È SU COSE COME QUESTA CHE FINISCE LA LEGGE ELETTORALE” 6. DIVAMPA IL DUELLO RUSTICANO TRA STEFANIA PRESTIGIACOMO E RENATINO BRUNETTA

1. IRA E INCREDULITÀ - IN SCENA LA RIVOLTA DELLE DEPUTATE
Francesca Schianchi per ‘La Stampa'

Alle nove di sera, quando dopo una lunga, inutile litania di interventi a favore viene bocciato l'ultimo emendamento sulla parità di genere, un gruppo di parlamentari donne del Pd esce dall'Aula con facce stravolte e furibonde. «La responsabilità di questo risultato è tutta del Pd», sbotta Rosy Bindi, rossa in volto, lei che fino all'ultimo si era appellata in Aula ai colleghi perché si evitasse il voto segreto. Tutti e tre gli emendamenti bipartisan impallinati: nonostante gli appelli, gli interventi accorati e autorevoli di uomini del partito, da Cuperlo a Epifani, nel segreto dell'urna è un rosario di bocciature.

No ai capilista divisi al 50% tra i due sessi, no a una divisione 60-40, no all'alternanza di genere in lista. «Sono mancati 100 voti nostri», aggiunge la vicepresidente dell'Assemblea del partito, Sandra Zampa: ieri su nessun emendamento si sono raggiunti almeno i 274 voti corrispondenti ai parlamentari Pd presenti.

«Io voglio capire che cos'è questo partito, qual è la nostra etica e quali i nostri valori», si chiede affranta, mentre davanti a lei si forma un crocchio: dieci, venti deputate, Alessandra Moretti nel suo abito candido che chiama al telefono il capogruppo Speranza («noi ci autoconvochiamo in sala Berlinguer»), la lettiana Alessia Mosca che propone di far mancare il numero in Aula, Luisa Bossa che scuote la testa, «io questa legge non la voto, adesso basta, a tirare la corda si spezza», e accanto a lei Ileana Argentin, «io pure non la voto», il lettiano Guglielmo Vaccaro «pure io». Su Twitter si sfoga la giovane Giuditta Pini: «Che lo spirito di Lorena Bobbit accompagni stanotte i colleghi che hanno bocciato l'emendamento».

Furiose, offese, «non ci aspettavamo una cosa simile», sospira la Moretti, mentre Marco Meloni, uno dei deputati maschi intervenuti in Aula a difesa degli emendamenti, si avvicina timoroso: «Possiamo venire anche noi uomini?», accompagnato da Giacomo Portas. Partono come fulmini, le deputate Pd, salgono al primo piano, autoconvocate in una riunione che deve fare chiarezza, «i nostri uomini che pensavano così di evitare la parità nelle liste pensano male: noi del Pd la applichiamo lo stesso», avverte Stella Bianchi, e il premier Renzi sembra sentirla, perché più o meno nello stesso momento rassicura via Facebook che «nelle liste democratiche l'alternanza sarà assicurata».

Nel frattempo, al piano di sotto, anche le donne di Forza Italia sciamano verso il Transatlantico. Più rassegnate che arrabbiate, più tristi che deluse. «I nostri uomini platealmente dicono di votare contro, quelli del Pd ipocritamente dicono una cosa e nel segreto dell'urna ne fanno un'altra», analizza la forzista Iole Santelli. «I voti che sono mancati? E' un problema del Pd», aggiunge Renata Polverini, «ai nostri uomini l'unica cosa che posso imputare è aver chiesto il voto segreto». Già, perché convinzione comune delle onorevoli è che Fi abbia regalato lo schermo del voto segreto, e nel Pd se ne sia abbondantemente usufruito.

«Una volta chiesto il voto segreto, la battaglia era persa», ammette Barbara Saltamartini del Nuovo centrodestra. E il M5S, giudica la forzista Laura Ravetto, «è evidente che non vuole fare saltare l'accordo tra Renzi e Berlusconi, altrimenti avrebbe votato a favore». Fatto sta che molte di loro considerano i voti di ieri una "opportunità persa", come dice anche la presidente della Camera Boldrini, esprimendo «profonda amarezza». Ed è su incidenti come questi che problemi seri possono nascere: «Sappia - si sfoga con alcuni colleghi la Bindi alludendo a Renzi - che è su cose come questa che finisce la legge elettorale...».

2. IL GIORNO PIÙ LUNGO DELLE PARLAMENTARI (SCONFITTE)
Fabrizio Roncone per ‘Il Corriere della Sera'

L'epilogo della giornata, nella tribunetta riservata ai cronisti parlamentari, è stato intuibile un'ora prima che gli emendamenti per la «parità di genere» fossero votati.

La scena.
Colpo d'occhio sull'emiciclo di Montecitorio, dichiarazioni spontanee, brusìo. Il ministro Maria Elena Boschi, dopo un lungo e complicato colloquio con il potente Denis Verdini, l'uomo che per il Cavaliere muove truppe e tiene il pallottoliere, adesso è rilassata e spedisce sms. Il leghista Gianluca Buonanno, vestito da domatore di leoni (non è una battuta: indossa una vera divisa con i bottoni dorati), prepara un intervento dei suoi. Alessandro Di Battista (M5S) si agita in piedi nella solita speranza di suscitare l'interesse dei fotografi. I quali, però, stavolta, hanno altro nel mirino.

La maggior parte delle novanta deputate appartenenti a Forza Italia e Pd, a Sel, Scelta civica e Ncd, che giovedì firmarono l'appello per modificare l'Italicum e renderlo più equamente rosa, tengono sguardi grigiastri e a volte immobili, l'immagine plastica dello sconforto, niente a che vedere con l'abbacinante ingresso del mattino, tutte qui a sfoggiare un indumento di colore bianco, così come aveva suggerito - incitando alla provocazione pacifica - la forzista Laura Ravetto (lei, in camicia candida).

Rosy Bindi e Anna Miotto hanno scelto un foulard. Gabriella Giammanco un maglione dolcevita. Alessandra Moretti un vestitino corto al ginocchio. Nunzia De Girolamo, pure lei in camicia e con una specie di papillon stretto al collo.

Ridevano e scherzavano, si chiamavano per darsi coraggio e adesso invece eccole lì, mogie e rassegnate. Quel demonio di Luca D'Alessandro - ex responsabile della comunicazione del Pdl, gran tifoso laziale, molto vicino a Verdini - s'è infatti messo a raccogliere le firme necessarie per chiedere che il voto avvenga con scrutinio segreto. Nell'anonimato. E nel buio dell'anonimato è chiaro a tutti che gli emendamenti verranno, con tutta probabilità, bocciati.

Stefania Prestigiacomo, poco fa, alla buvette, l'aveva messa giù quasi definitiva: «I maschietti di tutti i partiti vogliono conservare la poltrona. A scrutinio segreto, ancora una volta, saremmo spacciate. E mi sa che se perdiamo, i guai peggiori saranno però per il Pd» (vedremo che sarà profetica).

Ora la Prestigiacomo si alza.
Prende la parola.
E parte tosta, l'accento siciliano con effetto leggermente melodrammatico per dire che le dispiace ma il suo partito, Forza Italia, dopo anni e anni, è ancora impantanato in certi atteggiamenti retrogradi e non lascia neppure libertà di coscienza per il voto.
Punto. Basta. Nient'altro da aggiungere. Poi piega il microfono, facendolo sbattere. E lancia un'occhiata di fuoco, che è un miscuglio di rancore e di disprezzo.

A chi è indirizzata l'occhiataccia?
A Renato Brunetta, il suo capogruppo, che siede due file più in basso, sulla destra.
Brunetta nemmeno si volta; si limita a mettersi con quella smorfia che non sai mai se è un ghigno di perfidia o un sorriso pieno di ironia. Comunque resta così, con questa smorfia, per qualche minuto, finché la presidente Laura Boldrini non gli concede di parlare.

Il succo del suo breve intervento è più o meno questo: il mio partito, esattamente come il Pd, ha concesso libertà di voto a tutti i suoi deputati e quindi, davvero, non si capisce la ragione, la necessità di certe polemiche (alla fine del discorso è lui a voltarsi verso la Prestigiacomo e la trova con gli occhi di fuori che urla cose incomprensibili qui dalla tribunetta, ma che se pure lo fossero, con tutta probabilità, sarebbero irriferibili).

Al voto si arriva così. Con questa atmosfera. Tra dolenti discorsi (tipo quello di Rosy Bindi) e allegre chiacchierate al cellulare: la Santanché se la spassa con qualcuno, lei da sempre netta nel condannare il documento delle sue novanta colleghe e, però, come la Prestigiacomo, pure lei già un po' avanti nell'analisi politica. «Su questa storia degli emendamenti, l'unico che rischia di farsi male è il Pd, vale a dire Renzi».
Intanto si fanno calcoli, proiezioni di voto.

Gira voce che i grillini potrebbero riservare qualche sorpresa, Renata Polverini annuncia che lei non cambia idea e voterà certamente a favore dei tre emendamenti, Laura Ravetto e Gabriella Giammanco cominciano a pensare di averla fatta grossa e cercano lo sguardo benevolo di Brunetta: il quale, naturalmente, non le degna e, anzi, continua ostentatamente a fissare il vuoto.

Comunque ormai ci siamo.
La presidente Laura Boldrini (con sciarpa bianca) avvia le operazioni di voto.
Succede tutto con una certa rapidità.
Primo emendamento respinto con 335 no e 227 sì.
Secondo emendamento respinto con 344 no e 214 sì.
Terzo emendamento respinto con 298 no e 253 sì.

È chiaro che Pd e Fi si sono spaccati: ma non ci vogliono analisi troppo sofisticate per capire che il vero pasticcio è tra i democratici. I quali, se avessero sostenuto in modo compatto gli emendamenti, avrebbero potuto contare sui 293 voti dei deputati che compongono il gruppo; senza considerare che le proposte di modifica sono state certamente votate anche dai 36 deputati di Sel, da molte parlamentari del centrodestra e degli altri gruppi.

Si sentono grida provenire dai banchi dei democratici. Gianni Cuperlo si alza e osserva scuotendo la testa. La Moretti gesticola, stringe i pugni. Maria Chiara Carrozza, ex ministro dell'Istruzione nel governo Letta, apre l'Ipad e subito spedisce un tweet: «Vorrei sapere come hanno votato i colleghi del gruppo Pd su questi emendamenti sulla parità di genere...». Un minuto dopo arriva il tweet di Giuditta Pini: «Che lo spirito di Lorena Bobbit accompagni stanotte i colleghi che hanno bocciato l'emendamento #opencamera #paritadigenere».

Le deputate del Pd in circolo - ma intanto una inciampa, una molla una manata su una sedia - cercano di trovare una spiegazione, un colpevole. «Contali! Contali quei maledetti voti!» «Ci hanno tradito i nostri compagni!». «Mi fanno schifo!». «Cornuti malefici!».
All'improvviso una voce più alta: «Andiamo a riunirci tutte nell'aula Berlinguer!».
Molti deputati democratici abbandonano i banchi a passo veloce, a capo chino, muti. Roberto Giachetti fa per avvicinarsi al gruppo delle colleghe che sta ancora lì, raccolto, ma capisce che non è aria.
I lavori dell'Aula vengono sospesi.

 

SANTANCHE IN ROSA SHOCKING ROSY BINDI RAVETTO RAVETTO GIAMMANCO DE GIROLAMO POLVERINI MICHELA VITTORIA BRAMBILLA GIUSEPPINA CASTIELLO DEPUTATE IN BIANCO DEPUTATE DURANTE LA DISCUSSIONE deputati in bianco per la parita di genereDE GIROLAMO BUONANNO ALESSANDRA MORETTI

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