A CHE SERVE L’INDULTO? A FARE SPAZIO A BERLUSCONI IN GALERA! - ESCLUSI I REATI SUL GROPPONE DI SILVIO, RE GIORGIO CHIUDE A CHIAVE LA CELLA E LA TRIMURTI SCHIFANI-ALFANO-QUAGLIARELLO GODE

Ugo Magri per La Stampa

Berlusconi, cioè colui che secondo i grillini dovrebbe stappare champagne, non ha per nulla apprezzato il messaggio presidenziale. Lo considera alla stregua di «una presa in giro», o poco ci manca. È convinto che tanto un'amnistia quanto un indulto ben poco influirebbero sul suo destino. Con chi privatamente lo interpella, l'uomo ostenta estremo scetticismo. Sostiene che se Napolitano avesse voluto davvero dargli una mano, non sarebbero mancate in passato le occasioni.

Che il Colle avrebbe potuto intervenire anzitutto evitandogli la condanna. Che muoversi solo adesso, quando ormai incombe l'umiliazione della decadenza, ha il sapore politico della beffa. Ma soprattutto, il Cavaliere è in cuor suo certissimo che amnistia e indulto non gli porteranno alcun vantaggio. Durante l'iter parlamentare, il Pd metterà il veto su tutto quanto potrebbe giovare alla sua causa.

E dunque dal provvedimento verranno sistematicamente escluse proprio le tipologie di reato che farebbero molto comodo a lui, dalla frode fiscale alla concussione, dalla prostituzione minorile alla corruzione di senatori. In sintesi: se per ipotesi il messaggio presidenziale avesse avuto quale obiettivo quello di raffreddare gli animi, l'esito sembra di segno contrario alle attese. Il diretto interessato ostenta distacco e freddezza. Di Napolitano continua a non fidarsi. Anzi, paradossalmente, se ne fida ancor meno di prima.

Questo, perlomeno, è quanto filtra da Arcore, dove ieri Berlusconi è rimasto rintanato. Doveva scendere a Roma per discutere con gli avvocati le sue prossime mosse, ma Ghedini è stato colto dal virus influenzale, Silvio ha preferito evitare il contagio. Probabile che il summit coi legali si tenga oggi, e venga confermata la decisione di chiedere l'affidamento in prova presso una comunità: in «pole position» rimane la Ceis di don Picchi, dove già Previti scontò la sua pena, sebbene pure Capanna accoglierebbe con grande voluttà il Caimano nella sua «Fondazione diritti genetici», garantendogli mansioni all'altezza del personaggio.

L'ultima parola comunque spetterà ai magistrati, al termine di una procedura per un ex-premier parecchio umiliante, comprensiva di rilevamento delle impronte digitali e di foto segnaletica, nonché di test psicologico volto ad accertare se il servizio sociale potrà giovare o meno al reinserimento sociale del reo, anche in base alla sua storia personale e al suo atteggiamento in generale nei confronti della giustizia. L'umore a villa San Martino, dunque, non è quello dei giorni migliori.

C'è anche, da quelle parti, chi la vive diversamente. I figli, l'azienda di famiglia, per non parlare dei ministri e di chi sostiene le larghe intese, ritengono che alla fine Berlusconi medesimo farà prevalere l'istinto di sopravvivenza. E una volta superato il malumore metterà i suoi consiglieri al lavoro per ricavare il massimo possibile (Ghedini è scettico, però tentar non nuoce).

Insomma, lui stesso si affezionerà alla prospettiva di migliorare la propria condizione di imputato, dal momento che altre pesanti condanne incombono sulla sua testa. Ecco perché i cosiddetti «ministeriali» plaudono entusiasti al Capo dello Stato. Alfano promette massima collaborazione alla Cancellieri, ministro della Giustizia; Quagliariello, fulmineo, ieri l'ha già incontrata. Personaggi di equilibrio come Schifani salutano con soddisfazione il passo quirinalizio.

Brunetta ringrazia Napolitano «per aver portato in primo piano il tema della giustizia», evocato con forza giusto ieri dal «Mattinale» (il bollettino interno e riservato del Pdl). Se Berlusconi metterà da parte l'orgoglio, e accetterà di cedere per sempre lo scettro del centrodestra, non è escluso che tra le pieghe dell'amnistia o dell'indulto potrà davvero spuntare qualcosa di buono anche per lui...

 

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