fabrizio tirabassi enrico crasso gianluigi torzi

SACRIFICHIAMO IL VITELLO CRASSO - LA SVIZZERA DÀ L'OK: IL VATICANO POTRÀ OTTENERE TUTTA LA DOCUMENTAZIONE BANCARIA RELATIVA ALLA CASSAFORTE DI LUGANO DEL FINANZIERE ENRICO CRASSO, L’UOMO CHE PER DECENNI HA AMMINISTRATO I FONDI RISERVATI DELLA SEGRETERIA DI STATO ATTRAVERSO UNA FIDUCIARIA TICINESE CONTROLLATA AL 51% DA AZIMUT - INTERESSANTE È LEGGERE IL TESTO DELLA ROGATORIA: L'OBOLO DI SAN PIETRO…

Maria Antonietta Calabrò per www.huffingtonpost.it 

 

Nuovo punto di svolta dell’ultimo scandalo finanziario vaticano, quello relativo all’acquisto dell’immobile di Sloane Avene 60 a Londra. Con una decisione datata 15 ottobre, ma depositata nei giorni scorsi, il Tribunale federale svizzero ha deciso che il Vaticano ha diritto a ottenere tutta la documentazione bancaria relativa alla cassaforte di Lugano del finanziere Enrico Crasso, l’uomo che per decenni ha amministrato i fondi riservati della Segreteria di Stato , cioè alla Az Swiss & Partners.

fabrizio tirabassi enrico crasso gianluigi torzi

 

Az è una fiduciaria ticinese controllata al 51 per cento da Azimut, una società italiana di gestione di fondi quotati in borsa. Crasso, dopo aver lasciato il Credit Suisse nel 2014, si era messo in proprio creando a Lugano la sua impresa, la Sogenel Capital Holding, venduta nel 2016 ad Az Swiss & Partners.

 

Per meglio comprendere le transazioni finanziarie che si sono svolte in relazione agli investimenti della Segreteria di Stato, la Santa Sede aveva presentato quasi un anno fa (dicembre 2019) una rogatoria concernente la società di Crasso. La richiesta è stata accettata dal Ministero pubblico della Confederazione (MPC) nel giugno scorso (2020) ma la fiduciaria si è opposta, rifiutando l’invio di una parte dei documenti. Il 15 ottobre 2020, il Tribunale penale federale ha respinto il ricorso, di cui ha dato per primo notizia il settimanale elettronico svizzero specializzato in reati finanziari Gotham City.

ENRICO CRASSO

 

Adesso tutta la documentazione di Az verrà trasferita in Vaticano. Nella motivazione della decisione - visionata da Huffpost - il Tribunale svizzero ha spiegato che la finanziaria di Crasso Az voleva consentire la trasmissione soltanto di una piccola parte della documentazione ma che questa disponibilità è stata ritenuta insufficiente prima da MPC e poi dallo stesso Tribunale “vista la natura dei reati contestati agli indagati, di trasmettere tutta la documentazione litigiosa” .

 

Necessità di consegnare al Vaticano la documentazione completa

Il Tribunale spiega: “Da consolidata prassi, quando le autorità estere chiedono informazioni per ricostruire flussi patrimoniali di natura criminale si ritiene che necessitino di regola dell’integralità della relativa documentazione, in modo tale da chiarire quali siano le persone o entità giuridiche coinvolte (v. DTF 129 II 462 con-sid. 5.5; 124 II 180 conidi. 3c inedito; 121 II 241 consid. 3b e c; sentenze del Tribunale federale 1A.177/2006 del 10 dicembre 2007 consid. 5.5; 1A.227/2006 del 22 febbraio 2007 consid. 3.2; 1A.195/2005 del 1° settembre 2005 in fine; sentenza del Tribunale penale federale RR.2019.257 del 12 febbraio 2020 con-sid. 2.1).

 

fabrizio tirabassi enrico crasso gianluigi torzi

Lo Stato richiedente dovrebbe in linea di principio essere informato di tutte le transazioni effettuate attraverso i conti coinvolti. Si tratta di quei conti, come nel caso in esame, suscettibili di un utilizzo con finalità criminali. L’autorità richiedente ha un interesse a essere informata di qualsiasi transazione che possa far parte del meccanismo delittuoso messo in atto dalle persone sotto inchiesta (decisione del Tribunale penale federale RR.2014.4 del 30 luglio 2014 consid. 2.2.2).

 

LOGO AZIMUT

Naturalmente è anche possibile che i conti contestati non siano stati utilizzati per ricevere proventi di reati o per effettuare trasferimenti illeciti o riciclare fondi, ma l’autorità richiedente ha comunque interesse a poterlo verificare essa stessa, sulla base di una documentazione completa, tenendo presente che l’assistenza reciproca è finalizzata non solo alla raccolta di prove incriminanti ma anche a discarico (sentenza del Tribunale federale 1A.88/2006 del 22 giugno 2006 consid. 5.3; decisione del Tribunale penale federale RR.2007.29 del 30 maggio 2007 consid. 4.2)”.

 

I due prestiti, gli schemi finanziari sospetti tra novembre 2018 e maggio 2019

La sentenza dei giudici di Bellinzona contiene dettagli molto interessanti e inediti sulla rogatoria vaticana. Secondo gli inquirenti della Santa Sede, citati nella decisione svizzera, l’operazione finanziaria eseguita con i consigli di Enrico Crasso corrisponde a “schemi d’investimento che non sono né trasparenti né conformi alle normali pratiche di investimento immobiliare”.

 

LA LETTERA DI ENRICO CRASSO A ANGELO BECCIU

Il fatto che non siano stati utilizzati i fondi dell’Obolo di San Pietro depositati in svizzera, invece di essere una circostanza che alleggerisce i sospetti suscitati dall’operazione, secondo gli inquirenti, li aumenta. Non sono stati utilizzati i soldi dei poveri, si è detto, e questo magari da un punto di vista mediatico può fare notizia, ma dal punto di vista finanziario per le autorità vaticane essa costituisce un forte indizio che si trattasse di un escamotage per occultare la “distrazione compiuta”, pari a circa 300 milioni di euro.

Le operazioni in questione sarebbero avvenute “tra novembre 2018 e maggio 2019”.

Ecco il testo della rogatoria vaticana citata nella sentenza del Tribunale penale federale svizzero:

 

giovanni angelo becciu papa francesco bergoglio

“Il ricorso a questa struttura finanziaria, realizzata attraverso la costituzione in pegno dei fondi vincolati anziché attraverso l’impiego diretto delle disponibilità liquide (cd. Credito Lombard), a parere di questo Ufficio, rappresenta la forte evidenza indiziaria del fatto che essa abbia rappresentato un escamotage per non rendere visibile – come del resto avvenuto per moltissimi anni – la distrazione compiuta. Appare inspiegabile il fatto che, a fronte di liquidità disponibili presso la banca M. per oltre 450 milioni di euro e concesse in pegno alla banca, la Segreteria di Stato abbia fatto ricorso ad un finanziamento” (atto 01-00-0039 e 0040 incarto MPC). Dopo aver fornito i dettagli delle tre fasi sopraelencate (v. atto 01-00-0040, 0041 e 0042 incarto MPC), l’autorità rogante - continua la sentenza - afferma che “allo stato delle indagini i danni arrecati al patrimonio della Segreteria di Stato per effetto delle condotte distrattive sopra descritte, risultano di importo ingente (attualmente quantificabili in non meno di 300 milioni di euro)” (atto 01-00-0042 incarto MPC).

Adesso la parola passa nuovamente agli inquirenti vaticani.

 

I reati contestati

Vale la pena infine ricordare quali sono i reati contestati dall’autorità giudiziaria vaticana, così come sono riportati nella rogatoria, nel capo A. “Abuso d’autorità (art. 175 CP/VA), peculato (art. 168 CP/VA), corruzione (art. 171-174 CP/VA), riciclaggio di denaro, autoriciclaggio e impiego di proventi di attività criminose (art. 421, 421 bis e 421 ter CP/VA) e associazione a delinquere (art. 248 CP/VA)”.

 

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