RESA DEI CONTI TRA I DALEMONI - ALBERTO MARITATI (EX PM E OGGI SENATORE DEL PD) NON CI STA A FARE IL CAPRONE ESPIATORIO DELLA FUGA DI NOTIZIE SULL’INCHIESTA TARANTINI-BERLUSCONI: “PARLAI CON IL PROCURATORE SCELSI, MA NON DELL’INCHIESTA SULLE ESCORT” - SECONDO SCELSI E SECONDO L’IMPRENDITORE DALEMONE ROBERTO DE SANTIS, MARITATI SI INFORMÒ SULLE INDAGINI ESCORT POCO PRIMA CHE D’ALEMA PARLASSE DI UNA “SCOSSA” IN TV…

Fabrizio Caccia per il "Corriere della Sera"


«Ora basta, lunedì mando una lettera al Csm e scrivo pure ai magistrati di Bari e di Lecce. Se hanno bisogno di me, eccomi. Sono pronto a dire tutto quello che so: su Scelsi, De Santis, Tarantini...».

Alberto Maritati, 71 anni, senatore "dalemiano" del Pd, dopo mesi di silenzio finalmente sbotta. È furibondo. Quelli che lui riteneva degli amici, il pm Giuseppe Scelsi e l'imprenditore Roberto De Santis (l'uomo che vendette la barca «Ikarus» a Massimo D'Alema), l'hanno tirato in ballo pesantemente nella faccenda dell'inchiesta di Bari sulle escort a Palazzo Grazioli.

L'imprenditore De Santis, strano punto d'incontro tra «dalemismo» e «berlusconismo» in Puglia, amico pure di Gianpi Tarantini, ha raccontato ieri al quotidiano La Stampa che quando scoppiò il caso D'Addario, nel 2009, andò a parlarne indovinate con chi?

«Con un mio amico - ha detto De Santis - Alberto Maritati, ex magistrato, avvocato, parlamentare Pd. Gli chiedo se c'era di che preoccuparsi: (Maritati, ndr) mi richiama, ma solo per dirmi che a suo avviso potevo stare tranquillo...». Dal canto suo, il pm Scelsi, all'epoca titolare dell'indagine, di recente lo ha ammesso perfino davanti al Csm e ai magistrati di Napoli: «Sì, Maritati mi chiese dell'inchiesta...».

Un colpo al cuore, per il senatore. Che però non ci sta: «Sono allibito - si difende - qui si sta giocando al massacro. O c'è un equivoco o c'è un disegno, non si scappa. Maritati allora è solo lo strumento per colpire D'Alema. Addirittura vengo additato come quello intervenuto per mestare le acque. Vengo associato perfino ad Alfonso Papa (l'ex magistrato e parlamentare del Pdl in carcere a Napoli per l'inchiesta P4, ndr). Perciò delle due l'una: o De Santis e Scelsi sono impazziti oppure sono pazzo io».

Qual è la verità, Maritati?
«Io non ho mai chiesto notizie a nessuno, figurarsi a Scelsi che conosco da una vita e so che non spiaccica una parola (tradotto: delle sue inchieste non parla, ndr). Anche perché in quei giorni io non sapevo assolutamente che esistesse un'indagine e non sapevo neppure chi fosse Tarantini. Per questo, tra l'altro, ho già denunciato chi mi ha descritto pure come uno dei complottisti contro Berlusconi. È chiaro che, due anni dopo, quello che dico può sembrare incredibile, ma vi giuro sulla testa dei miei figli - e non giuro alla maniera del premier - che io davvero non sapevo nulla».

Eppure parlò con Scelsi...
«Sì, ci parlai qualche giorno dopo aver parlato con De Santis, ma non vi posso rivelare il motivo. Lo devo dire prima ai giudici, però si tratta di una banalità eccezionale. Per questo non capisco Scelsi. O fraintese qualcosa nel mio discorso e sbagliò allora a pensar male di un amico. Oppure oggi mente spudoratamente».

E come andò con De Santis?
«Con De Santis ci parlai una decina di giorni prima che scoppiasse il caso D'Addario sui giornali. Ricordo che mi accennò a qualche sua preoccupazione, ma non ricordo se mi parlò di Tarantini, io non ne sapevo davvero nulla, perciò potrei aver detto a De Santis quello che dico a tutti quando vengono da me a chiedere consigli: se tu non hai fatto niente, puoi stare tranquillo».

Però anche D'Alema in quei giorni parlò di «una scossa» in arrivo per il governo...
Maritati è stufo: «Io non lo so, non ho mai saputo la ragione per cui disse quella cosa. Però adesso basta con D'Alema! Ogni volta si ritira fuori sempre la stessa storia del '95, quando io ero pm a Bari e insieme ad altri tre magistrati, compreso Scelsi, indagai su un imprenditore, Cavallari, che aveva dichiarato di aver dato soldi a Tatarella e D'Alema. Ma io non prosciolsi proprio nessuno.

Chiedemmo piuttosto l'archiviazione perché il presunto reato, mai verificato, si era comunque estinto nel frattempo. Io ero viceprocuratore nazionale antimafia quando nel '99 il partito mi offrì di entrare in politica. E subito dopo essere stato eletto, mi dimisi dalla magistratura. Entrai nel governo D'Alema come sottosegretario all'Interno per la mia personalità, non per avergli fatto un favore 4 anni prima... Ma quale favore? Quante vigliaccate, quante fandonie».

 

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