
SI ANNUNCIANO TEMPI DIFFICILI PER LA GIORGIA DEI DUE MONDI – CON IL GOVERNO SPACCATO SUL PIANO DI RIARMO, GIORGIA MELONI RISENTE TRUMP E TENTA IL BLITZ IN CONSIGLIO EUROPEO MA LE CONCLUSIONI FILO USA DELLA DUCETTA (CHE E’ RIMASTA SOLO CON ORBAN A DARLE MANFORTE) VENGONO STOPPATE – LA PREMIER CHIEDE A “THE DONALD” L’OMBRELLO DELL’ARTICOLO 5 DELL’ALLEANZA ATLANTICA PER KIEV E GLI EUROPEI. MA IL TYCOON CONTINUA A NON RICONOSCERE BRUXELLES COME UN PARTNER CENTRALE. E TRATTA PUBBLICAMENTE SOLO CON DUE BIG CHE SIEDONO NEL CONSIGLIO DI SICUREZZA DELL’ONU: MACRON E STARMER – RISALE LA TENSIONE TRA ROMA E PARIGI: MACRON GELIDO SULLE PROPOSTE DELLA MELONI...
Ilario Lombardo e Francesco Malfetano per la Stampa - Estratti
Giorgia Meloni è convinta che i ripetuti attacchi di Donald Trump non abbiano ancora mandato in frantumi il ponte tra Bruxelles e Washington. È per questo che negli ultimi giorni la premier prima ha riattivato il canale personale che la lega al tycoon, poi ha provato a propiziare l'invio di un messaggio da parte del Consiglio europeo.
Dopo la telefonata che ha preceduto il vertice di Londra di domenica scorsa, Meloni ha infatti avuto un ulteriore breve colloquio a inizio settimana, prima di volare a Bruxelles. Da lì, giovedì, ha provato ad inserire nelle conclusioni un riferimento agli sforzi compiuti dagli Stati Uniti per raggiungere la pace in Ucraina. Un tentativo condotto senza successo. Con grande delusione di Meloni che, piccata, secondo i resoconti dei presenti, avrebbe rimproverato i colleghi per un approccio troppo poco pragmatico in una fase così delicata. La premier si è ritrovata quasi da sola, con a darle man forte Viktor Orbán.
L'ungherese è peraltro l'unico leader, assieme alla svedese Ulf Kristersson, con cui Meloni ha avuto un colloquio informale a margine del summit. In ogni caso il blitz italiano è stato respinto e i Ventisette hanno invece sostenuto una versione più generica del testo, salutando «tutti gli sforzi per il raggiungimento della pace».
la stretta di mano tra donald trump ed emmanuel macron 2
Meloni invocava un segnale che tenesse in vita quello che alla premier pare l'unico spiraglio in grado di garantire il futuro ucraino dopo un'eventuale cessate il fuoco: fare rientrare Kiev nell'articolo 5 della Nato anche senza un ingresso ufficiale nell'Alleanza, garantendo la risposta atlantica in caso di nuovi attacchi russi. Una proposta che il portavoce del ministero degli Esteri Heorhii Tykhyi ha definito «interessante», confermando «contatti con i colleghi italiani». Non è chiaro, invece, quanto la spinta di Meloni sia frutto di una sua mossa volta a ridimensionare lo slancio franco-britannico, o quanto sia frutto di una disponibilità americana.
Certo è che la premier continua a lavorare per un incontro faccia a faccia con il tycoon. Fonti Usa confermano che la missione dovrebbe tenersi tra la fine di marzo e l'inizio di aprile. Magari prima che si riunisca la ministeriale Esteri della Nato, dove Emmanuel Macron potrebbe tornare ad aumentare la pressione per un'azione europea.
Intanto la rivalità con il francese ieri è tornata oltre il livello di guardia. Stavolta, ad aumentare la tensione con l'Eliseo, ci ha pensato Matteo Salvini, sfiorando l'incidente diplomatico. Il vicepremier ha dato del «matto» a Macron, reo di parlare di «guerra nucleare».
(…) Meloni vive una rivalità con Macron che si è intensificata in queste settimane di scontri tra l'Ue e Trump. Sebbene abbia aperto platealmente all'ipotesi di inviare truppe europee in Ucraina sotto mandato dell'Onu, e sebbene il Capo di Stato maggiore della Difesa, il generale Luciano Portolano, parteciperà al vertice della "coalizione dei volenterosi" martedì a Parigi, la premier continua a escludere «per il momento» di inviare soldati italiani. Punto, quest'ultimo, su cui ieri è arrivata dal Giappone la frenata del Capo dello Stato Sergio Mattarella: «Se non sono neppure cominciati i negoziati di pace, parlare di soluzioni per il dopo conflitto è totalmente fuori dal momento».
CONTATTI TRA LA PREMIER E LA CASA BIANCA “SERVE OMBRELLO NATO”
Tommaso Ciriaco per la Repubblica - Estratti
I contatti non si sono mai interrotti. La telefonata con Donald Trump che Giorgia Meloni ha reso pubblica sabato scorso, a poche ore dalla missione a Londra, non è stata l’unica. Negli ultimi giorni, i due hanno avuto modo di confrontarsi di nuovo. Almeno una volta. Segno che la presidente del Consiglio non ha voglia di abbandonare l’ambizione dichiarata ormai diverse settimane fa: costruire un ponte tra l’Europa e gli Stati Uniti.
A dire il vero, finora questa strategia è sostanzialmente fallita: il tycoon continua a non riconoscere Bruxelles come un partner centrale per risolvere la crisi. E tratta pubblicamente solo con due big che siedono nel Consiglio di sicurezza dell’Onu: Emmanuel Macron e Keir Starmer. Ma la premier insiste con il presidente Usa.
DONALD TRUMP E GIORGIA MELONI A MAR-A-LAGO
Chiedendo soprattutto due cose: l’ombrello dell’articolo cinque dell’alleanza atlantica per Kiev e gli europei. Secondo: l’eventuale copertura delle Nazioni Unite per una possibile missione internazionale di peace-keeping. A cui l’Italia, ovviamente, prenderebbe parte.
Sono giorni difficili, per Meloni.
L’attivismo di Parigi e Londra la infastidisce, togliendole una centralità che – per paradosso – poteva vantare con il democratico Joe Biden. Ecco perché potersi confrontare spesso con il presidente americano - direttamente e senza la mediazione dei canali diplomatici - è almeno un risultato politico da preservare. Uno dei possibili passi avanti di questo dialogo dovrebbe portare al via libera dell’amministrazione americana alla visita di Meloni a Washington. E adesso – probabilmente anche dopo l’ultimo contatto – i due leader avrebbero chiuso su una data per il viaggio alla Casa Bianca. L’indicazione è questa: bilaterale a fine marzo.
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In realtà Trump, almeno per adesso, non sembra lasciare grandi margini rispetto a questa strada. Meno accidentato sembra invece il percorso per una missione internazionale di pace, sotto le bandiere dell’Onu.
GIORGIA MELONI DONALD TRUMP - IMMAGINE CREATA CON GROK
È il vero obiettivo anglofrancese. Macron e Starmer si muovono in anticipo per rappresentare poi il nucleo centrale di una spedizione che inevitabilmente dovrà essere composta anche da soldati non europei o dei Paesi non allineati. L’Italia, in ogni caso, non si tirerà indietro dalla sfida. In questo senso, a Palazzo Chigi indicano come positive le dichiarazioni di Sergio Mattarella, che ieri ha chiesto di non correre troppo inseguendo un’ipotesi del genere, in assenza di un accordo solido per cessare le ostilità.
VERTICE A PARIGI - GIORGIA MELONI EMMANUEL MACRON
Farsi ponte, dice dunque ancora Meloni. Nonostante le difficoltà di questa fase. Una linea che la premier ha perseguito anche nel summit di Bruxelles, quando ha chiesto di inserire nelle conclusioni un riconoscimento esplicito dell’impegno americano – e di Trump – nel percorso di pace. In sala i big del continente hanno bocciato l’idea. Alla fine, è rimasto solo un generico richiamo allo sforzo di tutti i soggetti interessati. E Meloni si è sfogata con i colleghi: se non vogliamo perdere contatto con l’alleato americano – è stato il suo ragionamento – dobbiamo superare le legittime perplessità personali e lasciare spazio solo alla diplomazia. Non solo Macron, ma anche diversi altri big continentali, hanno accolto questo approccio con il gelo.
INCONTRO A MAR A LAGO TRA DONALD TRUMP E GIORGIA MELONI
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