METTERE LA BREXIT IN MANO AI BAMBINI - THERESA MAY VA A PARIGI E A BERLINO A ELEMOSINARE PIÙ TEMPO PER EVITARE L’USCITA SENZA ACCORDO, ORMAI PREVISTA PER IL 12 APRILE - LA PREMIER BRITANNICA VORREBBE FISSARE LA DEADLINE A GIUGNO MA MACRON SI IMPUNTA: PER L’ENNESIMA CONCESSIONE SERVIRANNO ELEZIONI GENERALI O UN SECONDO REFERENDUM - MA LA MERKEL…
Cristina Marconi per “il Messaggero”
Con i negoziati tra governo e opposizione ancora in corso e senza risultati concreti nella ricerca di un punto di incontro sulla Brexit, la premier britannica Theresa May si prepara ad andare a Berlino e a Parigi per chiedere alle controparti Emmanuel Macron e Angela Merkel una breve proroga dell'articolo 50, in un tentativo di sventare il rischio di un'uscita senza accordo allo scoccare delle 11 della sera di venerdì 12 aprile. Intanto ieri anche la Camera dei Comuni, dopo quella dei Lord, ha approvato la legge che obbliga la premier a chiedere il rinvio e la regina Elisabetta dovrebbe firmarla nelle prossime ore.
L'INSOFFERENZA DELL' ELISEO
In vista del vertice straordinario di domani a Bruxelles in cui i leader dei Ventisette discuteranno il complesso dossier britannico, la May dovrà cercare di convincere Francia e Germania che le trattative con la squadra del laburista Jeremy Corbyn sono un motivo sufficiente per ottenere più tempo, sebbene l' Eliseo abbia fatto trapelare insofferenza per i tentennamenti di Londra e abbia suggerito che ci vogliano ragioni più forti, come ad esempio elezioni generali o un secondo referendum, per andare incontro all' inquilina di Downing Street.
Più morbida la linea della Merkel, che ha a cuore soprattutto il fatto di evitare un' uscita disordinata e senza accordo, che oltre a danneggiare il Regno Unito farebbe del male a tutta l'Unione europea, anche se c'è perplessità nelle cancellerie sul fatto che il 30 giugno, scadenza chiesta dalla May con la promessa di fare il possibile per chiudere l'accordo prima del 22 maggio per evitare le elezioni europee, sia un orizzonte preferibile a una proroga lunga fino alla fine del 2019 o addirittura fino all' aprile del 2020, con tanto di voto per Strasburgo.
L'idea di dover eleggere degli eurodeputati a quasi tre anni dal referendum del 23 giugno del 2016 in cui il 52% dei britannici ha votato per uscire dalla Ue è particolarmente difficile da far accettare al partito conservatore, che ha giurato guerra alla May qualora dovesse succedere, ma il tempo stringe e il governo ha dovuto comunque avviare «i necessari passi legali per poter tenere un voto europeo» il 23 maggio.
POCHI PASSI AVANTI
jeremy corbyn alla camera dei comuni
La May ieri ha parlato per telefono anche con Jean-Claude Juncker, presidente della Commissione, con Donald Tusk, presidente del Consiglio Ue, e con i premier di Olanda e Malta. Intanto Downing Street ha fatto sapere che oggi continueranno i negoziati con il Labour, anche se Corbyn ha spento molti degli entusiasmi sullo stato delle trattative, sottolineando che «gli scambi con il governo sono stati seri, ma il nostro governo ombra ha espresso la sua frustrazione per il fatto che la premier non si sia ancora mossa rispetto alle sue linee rosse in modo da permetterci di raggiungere un compromesso».
Per il leader dell'opposizione «le questioni chiave» sono «un' unione doganale con la Ue, l'allineamento con il mercato interno e una piena armonizzazione dinamica dei diritti dei lavoratori, delle tutele ambientali e degli standard per i consumatori». Il vice della May, David Lidington, in una lettera alla delegazione dell' opposizione ha parlato di un' apertura sul voto di conferma, sull' unione doganale e sui diritti dei lavoratori. Pur dicendosi disponibile all' ipotesi dell' unione doganale, da Dublino dov' era in visita, il negoziatore capo della Ue Michel Barnier ha detto di aspettarsi che la clausola di salvaguardia sull' Irlanda del Nord venga applicata comunque in caso di no deal per evitare che tra Irlanda e Ulster ci sia un confine fisico.